6. PANE, OLIO E VINO (2/3)

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Ci trovammo in piscina il pomeriggio dopo, come deciso in precedenza, eravamo in silenzio, io per l'imbarazzo, mentre Michele e Ale mostravano un volto nuovo. Non era timidezza la loro, avevano le facce dure come pietre, le labbra serrate e una serietà nei loro sguardi che mi uccideva lentamente.

Ci salutarono velocemente, poi scavalcarono con un salto il recinto in legno e ci invitarono a seguirli con un gesto.

Io e Paolo ci affrettammo, ma erano troppo veloci, parevano parte stessa del bosco.
Li rallentammo più volte, me ne resi conto quando Ale sbuffò al nostro ultimo richiamo per aspettarci.
In realtà parlai solo io, Paolo come suo solito rimaneva passivo.

Finalmente Michele si decise a cambiare espressione, sorrise e con gran gioia ci mostrò la casa abbandonata in mezzo alla selva.

Era messa meglio di quanto potessi immaginare, una casa modesta, piccola ma per quattro ragazzini un castello, ancora con tutte le sue mattonelle. Non aveva la porta, ma non mi interessò, anzi, così mi sentii meno invasiva quando entrai.
Aveva ancora un tavolo nella cucina ormai spoglia, come tutte le altre camere, un bellissimo tavolo in legno liscio.
Chiesi più volte se sapevano a chi appartenesse, ma non si degnarono mai di rispondermi, non gli importavano questo genere di domande.

Me lo spiegarono una volta finito il tour del piano terra e del superiore.
Sette stanze in tutto, compresa cucina, salotto e due bagni – ovviamente inospitali – e crocifissi, Gesù Cristo in croce ovunque, in ogni stanza, nel salone persino due.
Quelli, mi spiegarono, li avevano messi loro. Nel apprendere queste informazioni, Paolo, tornò con il suo solito sguardo inebetito.

"Non pronunciare mai più le domande scomode!"
Disse Ale, con sguardo severo nei miei confronti.
Le domande scomode per loro altro non erano che le convenzionalità, le frasi fatte, il chiedere troppo anche solo pensando di chiedere.

In sintesi non andavano fatte domande, solo azioni, questa era la regola dei Mangiaterra.

Sì, i Mangiaterra, era questo il nome che si erano dati, ovviamente non potei fare alcuna domanda sul perché, il come, cosa e quando. Accettai nel silenzio, un po' come faceva Paolo con tutto.

Per entrare a far parte di questo gruppo bisognava superare una serie di prove.
Iniziammo così, quel pomeriggio stesso, a misurarci contro i compiti che, di lì in poi, Michele e Ale ci avrebbero dato.

La prima analisi era quella basata sull'intelligenza, in cui non potevo certo perdere, in fondo Paolo da quanto capito prendeva lezioni private dai preti. Studiare in 'casa' era svantaggioso, questa era una verità conosciuta.

Michele si sedette sul tavolo della cucina, con le gambe incrociate, fissandoci dritto negli occhi. Ale si sedette nello stesso modo a terra, dietro di noi, che dritti come dei pali restavamo in piedi.
"La madre di qualcuno ha quattro figli" – ci disse facendosi di nuovo serio – "Nord, Sud, Est e ...?"
"Ovest" – risposi euforica, sentendomi vincente anche se solo per la velocità.
Paolo si guardò i piedi, poi alzò la testa e disse pacatamente: "Qualcuno."
In quel momento tutte le mie sicurezze crollarono.

Sentii l'applauso di Ale dietro le mie spalle: "Bravissimo! Hai superato la prima prova!"
Merda – pensai. "Ora di nuovo Sofia" – aggiunse Michele: "Hai una seconda possibilità."
Tutto sommato bastava aspettare, non essere precipitosa e pensarci bene.

Falso, perché Alessandro ci tenne a specificare che per penitenza avevo solamente dieci secondi per rispondere al prossimo quesito.

Michele iniziò a parlare: "Allora, posso domandare?"
Stavo già per rispondere quando notai che mi faceva l'occhiolino, cosa significava?
'7'
Dovevo dire qualcosa, lui non stava più spiaccicando una sola parola. Sentii il conteggio dei secondi, ma non ero stata preparata. Quanti secondi mancavano? Era quella la domanda?

'3'
Poteva domandare? Cosa significava?
'2'

Capii in tempo, ed urlai: "No! Non puoi domandare, questa è la prima ed unica regola dei Mangiaterra."
Di nuovo l'applauso di Ale: "Bravissima! Anche tu hai superato la prima prova!"
Mi parve un disco rotto che ripeteva le stesse frasi.

Michele mi lanciò di nuovo l'occhiolino, mi sembrava un bacio sulla guancia, una carezza fatta di nascosto, solo noi sapevamo questo segreto, così gli risposi strizzando l'occhio destro.

SE CHIUDO GLI OCCHI È TUTTO BUIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora