1957-1958

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Alle scuole C.E.M.M dopo aver finito il corso, dovendo scegliere una destinazione scelsi Roma, desideroso dopo tanti anni di riavvicinarmi a casa. Con l'aiuto di alcuni marinai caricammo su un vagone del treno tutto il mobilio, e partimmo verso sera con Anna e Celestina arrivando a Roma il mattino dopo. Il vagone si fermò alla stazione di Montemario, nelle vicinanze in via Torrevecchia 23 trovai un'appartamento con riscaldamento, era un po' caro ma con qualche sacrificio riuscimmo ad andare avanti. Uscivo all'una dal mio ufficio avendo tutto il pomeriggio libero. Nel 58 fui mandato in missione a Firenze, insieme ad un altro Sottufficiale e alcuni marinai per la mostra della Marina, portai con me anche Anna e la piccola Celestina. Quando avevo il giorno libero approfittavo per andare a visitare Firenze con la mia famiglia, visitammo anche Viareggio, a missione compiuta ritornammo a casa, contenti del mese trascorso in quella città e soddisfatti delle meraviglie visitate. La vita a Roma era cara e i nostri sacrifici sembravano non bastare, così dopo 3 anni, con Anna decidemmo di tornare a Taranto, e rientrai nelle scuole C.E.M.M. Da Capo di 2° classe fui destinato ai corsi Sottufficiali, in segreteria vi erano quattro tavoli con relative macchine da scrivere, per le pratiche dei vari gruppi di categoria assegnati, io trattavo ancora EL-ETE-EM. Molti di loro li conoscevo, qualcuno aveva trovato alloggio vicino casa, e quando non li vedevo uscire presto la mattina andavo a fargli da sveglia, dopo mi offrivano spesso un passaggio in macchina fino alle scuole, anche se preferivo fare il tragitto a piedi. Dei quattro destinati ero l'unico idoneo al comando di Addestramento delle Compagnie, in più facevo ancora l'alfiere dietro la bandiera, la palazzina era composta da 4 piani, al 1° vi erano gli uffici, al 2° gli Iraniani e al 3° i Libici, in seguito arrivarono alcuni ragazzi dal Bangladesh che mi furono assegnati per tutto il periodo delle scuole. Con il passare Degli anni Celestina cresceva in fretta, diventando una bambina serena e vivace, nel 66 nacque la sua sorellina Francesca, un Angelo dagli occhi del colore del mare e i capelli color oro. Celestina aveva 15 anni quando venni informato da mia moglie di una sua scappatella, quando tornai dalla navigazione le regalammo i nostri risparmi per permetterle un matrimonio decoroso, nel contempo Francesca cresceva educata, le piaceva imitare il mio portamento e fare capricci per i compiti, era una bambina solare e amorevole. Il ruolo di Cannoniere negli anni mi ha fatto perdere del tutto l'udito, così una volta in pensione sono diventato un uomo di poche parole e dal carattere chiuso. Nel 1992 nostra figlia Francesca ha cambiato le nostre vite dando alla luce la mia nipotina Naomi, portando nella nostra casa tranquilla un esserino vivace dai riccioli d'oro e grandi occhi verdi curiosi. Quando nostra figlia doveva fare delle commissioni insieme a suo marito, ci lasciava la piccola, e a noi piaceva portarla a fare delle lunghe passeggiate per le spiagge di Taranto e quando restava a dormire da noi, saltava e giocava sul letto per tutto il tempo e farla dormire risultava un impresa impossibile, Anna le diceva di contare le pecorelle, Naomi si prendeva tutto il letto ed io andavo a dormire sul divano, di tanto in tanto mi alzavo per controllare se stesse dormendo, ritrovando mia moglie addormentata e Naomi seduta sul letto che contava le pecorelle con gli occhioni stanchi, era la nostra principessa. Quando andavamo a casa sua e non la portavo alle giostrine, le raccontavo spesso le mie avventure in marina e le parlavo della guerra, le piaceva ascoltarmi diceva sempre che ero il suo guerriero, e ogni volta che finivo di raccontarle qualcosa mi diceva sempre <<ancora nonno ancora >>, la chiamavo sempre "zazzà". Mentre lei cresceva ci regalava ignara il dono di tornare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, puro e ricco di fantasie facendo tornare anche me e Anna un po' bambini, il nostro rapporto anche se zazzà mi parlava tanto, era fatto più di gesti e di sguardi complici che di parole, avevamo un legame indissolubile.

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