L'imbarco 1941

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Partii da casa il 15 giungo (1941) , dopo aver consumato una licenza di 15 giorni avuta dalla scuola Cannonieri, per raggiungere la mia destinazione a Taranto, dove mi imbarcai sulla torpediniera Altair. Sin dai primi giorni mi feci conoscere come un buon cannoniere, e il libretto dove erano registrati i tiri fatti alle scuole, davano una sicura testimonianza delle mie capacità sulle armi di bordo, fui così assegnato ad una batteria di poppa, da 100/47 in qualità di puntatore di brandeggio. Nei primi giorni di navigazione, soffrii molto il rullio che il mare imprimeva alla nave, mi abituai in poco tempo, potendo mangiare tranquillamente, senza il timore di doverlo rigettare in pasto ai pesci. Partimmo durante la notte da Taranto, e mentre attraversavamo il canale, pensavo se saremmo ritornati da questo viaggio, il comandante cardinale aveva una corporatura alta e robusta, il volto abbronzato dal sole faceva spiccare due baffetti neri, sembrava un vero lupo di mare, aveva un carattere buono e riservava a tutti noi un atteggiamento paterno, in poco tempo acquisimmo fiducia sul suo comando, e ognuno di noi eseguiva i propri compiti alla perfezione. Dai più anziani sentii vociferare che l'Altair, era sotto l'influenza di una buona stella che la proteggeva, in quanto ad ogni convoglio che avevano scortato, erano arrivati a destinazione senza subire attacchi, noi partivamo dalla base di Taranto per scortare i convogli fino a Patrasso, una città della Grecia. Ogni volta che rientravamo di giorno, il comandante ci lasciava liberi di uscire, così insieme al mio collega puntatore anche lui, e altri due cannonieri, andavamo in giro per locali, dopo poco c'era già qualche cittadino che vedendoci passare dal ponte girevole, ci salutava calorosamente, e una volta ambientati in città, cercavamo i locali più popolati dalle ragazze. Qualche volta rientravamo un po' brilli cercando di soffocare più risate possibili, senza farci mai accorgere dall'ufficiale d'ispezione. Sottocoperta nel locale che serviva anche da dormitorio, erano già fissate delle brande dai colleghi che vi erano stati prima, non potevamo arrivare allo stipetto per cambiarci, in quanto si erano bloccati, quindi dormivamo già vestiti, mentre in quelli dove si conservava la cena per gli assenti, c'era ormai un invasione di scarafaggi, così ad ogni colpo allo sportello c'era un "fuggi fuggi " generale, ma per fame e per forza di abitudine mangiavamo spesso cibo in scatola, saltavamo ridendo sulle brande dei nostri colleghi mentre dormivano, per farci spazio o darci il cambio,  non erano abbastanza per tutti, e per non finire a dormire sugli stipetti, anche se prima o poi toccava a tutti. Una sera a Patrasso, dopo una lunga navigazione, sentimmo il bisogno di andare a bere un buon bicchiere, quando io e i miei tre compagni scendemmo a terra, ci consigliarono di andare in un locale gestito da un italiano, il Tabare, in quanto era molto popolato soprattutto dalle ragazze, anche minorenni che potevamo avere con pochi soldi. Lo trovammo poco dopo, quando entrammo il mio sguardo si posò su quattro Tedeschi, che tra un bicchiere e l'altro cantavano inni di guerra, suggerii ai miei amici di farci amicizia, così dopo esserci reciprocamente salutati, ci sedemmo al loro tavolo ordinando da bere. Il vino scivolava nelle viscere leggero e frizzante, mentre il corpo acquisiva energia e calore, divertendoci fino a tardi, però dopo diversi bicchieri fece sentire il suo effetto, lentamente la testa iniziava a girare e ci sentivamo soggetti ad una leggera debolezza, che man mano assorbiva le nostre forze, fino a privarcene completamente, così, uno dopo l'altro trascurando il bicchiere quasi vuoto, fummo colti da un forte sonno e ci addormentammo come dei ghiri. Quando mi svegliai era passata la mezzanotte, mentre mi guardavo intorno l'aria fredda della notte, mi fece passare la sbornia, i miei compagni erano adagiati sulla panchina accanto alla mia, ci assestammo la divisa e per miracolo, potemmo raggiungere il dormitorio senza prendere una solenne punizione, sempre trovando difficile cambiarci, ci sistemammo vestiti sugli stipetti, usavo il mio cappotto arrotolato come cuscino, spesso la notte sognavo il letto che avevo lasciato a casa. A bordo non sapevamo mai la destinazione della missione, almeno non prima di partire dalla nostra base a Taranto, se volevamo saperlo prima bastava finire nei "casini" allora si che si sapeva tutto. Dopo quattro mesi di quella vitaccia tra il mangiare, dormire male e passare la navigazione vicino al cannone, con il mare sempre agitato ero sempre completamente bagnato, e senza poter fumare, per oscuramento e continui allarmi, il 10 Ottobre partimmo per soccorso ad un bastimento, che colpito aveva lanciato il SOS. Imbarcammo viveri e munizioni, all'uscita del canale all'altezza del comando in capo, il comandante diede l'attenti e fummo salutati, dalla gente che come sempre ci salutava dalle ringhiere del porto. Una volta usciti dal porto, ognuno di noi raggiungeva il proprio posto di combattimento, per fortuna quel giorno il mare era calmo e verso l'alba raggiungemmo il piroscafo. Ci avvicinammo per dare soccorso con tutte le armi cariche, in caso di possibili attacchi aerei o sottomarini. Il piroscafo era già curvo da un lato, imbarcammo l'equipaggio per un po' gli girammo attorno, poi lo vedemmo affondare lentamente, quando lo vedemmo scomparire dai fumaioli uscì una grossa fumata, come se ci stesse dando il suo ultimo saluto. Continuammo la navigazione fino a Patrasso, solo un aereo passò ad un elevata altezza senza attaccarci, dopo quattro giorni che eravamo fermi al porto, ci arrivò l'ordine di raggiungere il porto di Pireo. Durante la navigazione il comandante ci intimò di tenere pronte le armi, in quanto dovevamo attraversare una zona controllata dal nemico, chiamata " IL CIMITERO DELLE NAVI ",  perché era stata teatro di numerosi scontri dove gli inglesi, subirono gravi perdite di uomini e navi. Sotto la costa dove il fondale era più basso, si vedevano spuntare a fior d'acqua gli alberi di alcune navi, ne avevo già sentito parlare da un marinaio imbarcato su una silurante, diceva che i cadaveri trasportati dalle onde arrivavano gonfi e bruciati, di " tutte le razze" mi diceva, ricordai le sue parole quando dovetti assistere a questa spiacevole realtà. Attraversammo il canale di Gorinto, e il mattino del 19 Ottobre attraccammo alla banchina di Pireo, al fianco di altre unità destinate in quella zona della Grecia, salutammo dei vecchi amici di corso che ci informarono subito dei locali dove c'erano bellissime ragazze.

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