11/12/18
Ciò che fa buio dentro di noi può lasciarsi dietro delle stelle
Victor Hugo
Jeno versa il composto fatto con gli ingredienti, all'interno della tortiera, per poi metterlo nel forno. E' probabilmente la milionesima volta che prova a fare la crostata alla frutta, ma i problemi fondamentali sono due: o la frolla non è cotta o la crema pasticcera è uno schifo. Imposta il timer sui trenta minuti, per poi sedersi stanco su una sedia lì vicino. Non gli piace fare le torte, anzi è una vera e propria frana. Afferra un libro, posto sul tavolo non sa nemmeno lui che libro sia "Te stesso al cento per cento.". Uno stupido libro motivazionale di un ennesimo moralista: Wayner Dyer. Aveva scritto questa trilogia di libri, nella quale insegnava come essere una persona senza zone erronee e una persona senza limiti. Jeno pensava fossero solo belle parole. C'erano pure delle falle in questi libri, partendo proprio dal principio, Jeno non si spiegava come una persona non potesse avere delle zone erronee. Tutti sbagliavano, non c'era nessuno di così tanto perfetto da poter essere così. Eppure, a Jeno piaceva assai. Il meccanismo complicato e le parole scelte, nessuna a caso. E qui si vede quanto Jeno poteva essere coerente. Si sedette più comodamente sulla sedia scomoda e si mise a leggere quel libro così insensato da essere sensato.
Lo squillo del timer lo risvegliò dai suoi pensieri. Chiuse il libro mettendovi il segnalibro, poi prese un piccolo stuzzicadenti e, aprendo il forno, lo infilò nella pasta frolla. Lo tirò subito fuori, e cercò di capire se la base fosse ancora poco cotta oppure no. Dopo aver constatato per era apposto, prese dei guanti da cucina, e prelevò la torta dal forno, per poi chiuderlo. La appoggiò sul piano cottura e la osservò. Era leggermente bruciacchiata, ma poteva andare. Ora doveva preparare la crema pasticcera, lasciando riposare la torta. "Allora quattro uova, cento grammi di zucchero, trenta grammi di farina, mezzo litro di latte, vaniglia o buccia di limone. Mh ok si può fare, forza Jeno." sussurrò il ragazzo. Aprì il frigo e prese latte e limone. Aprì la dispensa e prese uova, farina e zucchero. Li posizionò davanti a sé sul piano di granito ed iniziò ad unirli. "Jeno io esco, torno stasera per la cena, dillo tu alla mamma quando torna." gli urlò sua sorella. "Oh ciao Jaemin, come mai qui?". Jeno perse un battito. Se Jaemin era lì, quello era un guaio. Era impresentabile, i capelli tutti spettinati, il grembiule rosa con i fiori, la faccia piena di farina. Non poteva presentarsi così a Jaemin, ma purtroppo, Jaemin fece il suo ingresso nella cucina e Jeno andò in completo panico "E-ehi J-Jaemin.". Jaemin gli sorrise dolcemente avvicinandosi e donandogli un caldo abbraccio. "Jeno, sei un po' sporco qui." e gli toccò la punta del naso ridendo leggermente. Jeno abbassò lo sguardo imbarazzato, sfregandosi il naso per cercare di togliere via la farina. "Che fai? Una torta?". Jeno annuì solamente. "E' una crostata di frutta..." sussurrò Jeno. Jaemin fece un sorrisone battendo le mani. "Me la fai assaggiare?". "Quando avrò finito sì, ma non ti posso assicurare sia buona, sono un pessimo cuoco.". Ritornò a mescolare insieme gli ingredienti della crema pasticcera, ignorando Jaemin, che leggermente infastidito da questo si avvicinò e avvolse le sue esili braccia attorno alla vita stabile di Jeno. Quest'utlimo si irrigidì all'istante, iniziando a mescolare in maniera robotica. La mano di Jaemin lentamente scivolò su quella di Jeno, che sentiva chiaramente il cuore esplodere ogni secondo. "Sii più sciolto nei movimenti, devi rilassarti.". Jaemin iniziò a muovere la mano in maniera fluida e circolare, facedo amalgamare bene il composto. "Credo di aver c-capito.". Jeno sentiva che poteva morire da un momento all'altro. Il respiro di Jaemin gli solleticava il collo piacevolmente. "Mh, bravo così, continua, il movimento è quello giusto.". Jeno pensò che fosse tutto così fraintendibile. Sentì le labbra di Jaemin che lentamente si posavano sul suo collo, vicino alle clavicola, facendogli venire i brividi. "J-Jaemin che stai f-facendo?". Jaemin non rispose, per un po' di minuti, continuando a lasciare umidi baci ovunque sul collo di Jeno. "Jeno, credo che la crema sia pronta, lasciala raffreddare ora.". Jeno non riusciva a liberarsi, per via dell'imbarazzo, dalla presa di Jaemin, così si limitò a spostare la crema da un'altra parte, spingendola leggermente e sperando di non farla cadere a terra. "Jaemin potresti spostarti?. Si sentì prendere dalle spalle, e poi la sua schiena non era più a contatto con il petto gracile di Jaemin, ma con il freddo granito del ripiano. Jaemin si avvicinò al viso di Jeno, ricominciando a baciargli il collo, poi la mascella, poi le guance, poi i lati della bocca per sussurrargli poi "Nessuno ti ha mai detto che si bellissimo?". Jeno scosse la testa rosso dalla punta dei capelli alla punta dei piedi "Beh, allora te lo dico io che sei bellissimo.". Sentirono il click della porta d'entrata e poi la voce profonda del padre di Jeno che faceva ingresso in casa. Si staccarono molto velocemente l'uno dall'altro, cercando di assumere delle pose abbastanza normali. "Ciao Jeno, come sta- Oh ciao Jaemin!". Il signor Lee si avvicinò al rosa e gli diede una pacca sulla spalla. "Bene signore, grazie.". Le sopracciglia del padre di Jeno si corrucciarono "Figliolo, ti senti bene? Sei tutto rosso.". Jeno annuì vivacemente "C-c'è molto caldo papà.". Jaemin stava ridendo sotto i baffi guardando Jeno tutto rosso mentre si torturava le labbra che avrebbe tanto voluto baciare.
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ok lo ammetto è corto ed è pure uno schifo, scusatemi davvero
Jaeminismysmile
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❝ pianeti ❞
FanfictionNoi, esseri finiti, personificazioni di uno spirito infinito, siamo nati per avere insieme gioie e dolori; e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza. Ludwing Van Beethoven Sequel di Peter Pan