9. Addiction

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Si portò le mani fra i capelli umidi, facendole scivolare lungo il viso, sul collo mentre ascoltava piano il rumore della pelle graffiata dalle unghie. Tossì piano quando arrivarono a stringere il tessuto della camicia fradicia e lacera, all'altezza dello sterno, dove si estendeva un dolore maledettamente lancinante.

Il viso rivolto al cielo, osservando le costellazioni che illuminavano lui gli occhi dai plumbei colori della tempesta che lo aveva trascinato tremante come una foglia alle antiche rovine che conosceva bene. Decadente putridume che aveva procurato lui abbastanza sofferenza da diventare usuale. Ogni tanto qualche piccolo mattone si staccava e cadeva a terra con un tonfo, da quell'altezza le chiome spente degli alberi sembravano volerlo afferrare dai piedi penzolanti e tirarlo giù... ancora più giù, e soffocarlo tra terra e fango.
Ci si vedeva lui, là sotto, a soffocare per i suoi peccati mentre le radici consumate lo avvinghiavano stritolandogli il petto in una stretta che non lasciava scampo, spaccando lui il costato, per assurdo forse avrebbero potuto rompere anche quella fitta. In quel momento il panorama sembrava riflettere l'intensità vitale che gli scorreva in corpo... metaforicamente parlando, per ovvietà.
Sulla cima di una torre decadente, nera come le fiamme che l'avvolsero decenni prima, si stagliava sotto di essa le rovine dell'antico ducato che portava il suo nome...

L'aria era fredda e non appena le sue labbra bianche si schiusero per lasciare uscire in un soffio parole rivolte, forse, alle anime soffocate dal dolore abitanti quel posto, queste, si tramutarono in gelide nuvole di vapore portate dal vento che toglieva lui il respiro... un'inutile preghiera per espiare i peccati che erano caduti lui sulle spalle.
Ora le mani stringevano la roccia sotto di sé, forte, perché per qualche ragione gli sembrava di star perdendo la cognizione della realtà, oscillando tra ricordi e fantasie... solo incubi venivano partoriti dalla sua mente da lì a qualche tempo, che sembrava distorcersi e perdersi, allungarsi e trafiggerlo.

Un lamento sconsiderato gli varcò le labbra in preda al tremito delle guancie che venivano solcate da pesanti lacrime bollenti, sembravano piegarlo sotto al peso del dolore che faceva fronte al petto. Gli sembrava di essere un eretico impaurito dalla morte trascinato al patibolo, scarno e con la testa già mozzata dal senno. Che cosa doveva fare? Sentiva la paura scendergli giù per la schiena in scariche elettriche.

Se solo avesse potuto... se solo ne avesse avuto la possibilità.
Una vita vissuta per portar a termine un atto vendicativo, portar rancore, non era degna di essere vissuta.
Si strinse a sé, non sentendo però alcun genere di calore.
Fradicio, sul bordo di una torre fatta di fanghiglia mentre il vento soffiava lontano le nubi annunciando l'arrivo dell'alba, studiò con languida lentezza le ultime costellazioni che sparivano sullo schiarire dei caldi raggi.

-Shoto...

Era scoccato sul suo palato, ricordando della morbida pronuncia sulle sue labbra, ricordando di come queste venivano morse per il nervosismo mentre in lui un nodo alla gola lo soffocava.
Il cielo era tornato alle sfumature azzurre mentre il suo corpo, più per abitudine che per interesse, si alzò tornando all'interno della vecchia struttura, graffiando le pareti con le mani, facendo cadere mobili e quadri al suo passaggio.

Probabilmente non lo avrebbe mai perdonato, non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva fatto, per come si era lasciato andare, contro ogni possibilità di tornare indietro, eppure lo sapeva che quella loro vicinanza avrebbe causato lui tutto quello, che la sua sola presenza sarebbe stata per lui una tortura.
Lo amava come solo Dio poteva sapere e non sarebbe riuscito a toglierselo dalla testa, il suo profumo di dosso ed il sapore caldo del suo sangue scorrergli giù per la gola. Lo aveva invitato nella tana del lupo, avendo la sfrontatezza di far germogliare in lui i suoi stessi sentimenti.
Sapeva cosa stava passando, tutto quello che passava nelle sue vene, ora passava anche in quelle del ragazzo, e viceversa.
Doveva lasciarlo in pace, doveva pensare al suo bene, lasciarlo andare? Cosa sarebbe successo se lo avesse tenuto con sé? Cosa sarebbero riusciti a costruire insieme? Lui sarebbe morto e sarebbe stato un altro nome nella lunga lista delle sue vittime.

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