Scambiamoci nelle stranezze.

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Descrizione: Svegliarsi senza capire niente, senza ricordi, per poi scoprire qualcosa, che ti è successo un mutamento e non sai cosa, fare, sei nel panico ma non riesci a concretizzare come muoverti... Per fortuna, non sei l'unico ad aver subito tale avvenimento; adesso bisogna soltanto uscirne.



Socchiuse gli occhi, sbadigliando, lasciando e sentendo delle ciocche ricadergli sul volto, a coprirgli gli occhi e a solleticargli in naso mentre si strinse maggiormente nelle spalle, sbuffando e sfregando le narici dolcemente, come un coniglietto prima che schiudesse gli occhi, portandosi maggiormente le coperte alle spalle: stranamente si sentiva infreddolito... Non ne capiva il motivo dato il mera mera che aveva mangiato e che lo riscaldava da sé, ma sospirò, decidendo di alzarsi, anche perché la fame chiamava, compreso il suo stomaco che riecheggiò deciso. Sorrise, sfregandosi la chioma e lasciando penzolare e dondolare i piedi sopra il pavimento in legno, ancora a occhi semichiusi e sbadigliando prima di mettersi in piedi e sgranare gli occhi, raggelando e affrettandosi poi a saltare sopra un tappetto, con una smorfia mentre guardò malamente le mattonelle, accigliandosi prima che il cervello, iniziando a svegliarsi, non gli lanciasse un allarme perplesso.

-Perché mattonelle? Non mi ero addormentato nella mia cabina?- mormorò, sapendo che, su un legno di legno come lo era quello della Moby Dick, il freddo non sarebbe stato così eccessivo come su quello delle piastrelle, prima di sbuffare, non capendo perché il suo frutto stesse agendo così a rilento, quasi inesistente mentre si diresse, mugugnando ancora e ignorando la strana camicia enorme e più grande di lui, in cui sprofondava; verso il bagno, aprendo la porta e sospettando di essersi solo addormentato in una consueta e comoda taverna, una di quelle dall'odore di vecchio e di legno per gli anni che conteneva e le persone che erano passate al suo interno senza sosta; pirati e non: magari dopo aver attraccato era sceso con i suoi compagni e aveva bevuto più di un goccio: il che avrebbe spiegato anche perché non ricordasse nulla... Ma! ...Era una casa...?

-Cosa sta succedendo adesso?- si lagnò, stringendo i lembi inferiori di quella camicia dopo aver oltrepassato la soglia aperta, sentendosi senza nemmeno i pantaloni e con il freddo a penetrare dentro le sue gambe, lisce e sinuose. Portando poi il volto indietro analizzò la stanza, che era come una comune camera da letto, quest'ultimo matrimoniale stranamente e su cui aveva dormito, disfatto ma ben composto e dalle coperte e lenzuoli colorati e; dall'aspetto generale erano nuovi e puliti. -Ma dove sono?- si preoccupò, e d'istinto portò una mano a stringere il tessuto, ma all'altezza del petto nel sentirsi accaldare nel pensare a Marco, che magari lui sapesse qualcosa, che avesse potuto dargli qualche risposta e che magari lo aiutasse a capire cosa fosse successo; sempre meglio lui che pensare agli altri: almeno Marco aveva un potere così possente da fargli sentire il battito accelerare ogni volta che lo aveva davanti, o anche solo dentro la mente come in quel momento; e poi riusciva a farlo stare sereno e tranquillo in ogni situazione. Peccato non conoscesse la sua posizione... Cos'era?, arrossì, tentennando e sentendo qualcosa, di troppo, soffice e ben pronunciato, che di certo non era il suo solito sodo pettorale mentre lasciò passare l'altra mano sul suo fianco, timoroso e incuriosito al tempo stesso, agitandosi nel sentirlo così sottile mentre boccheggiò, con gli occhi verso il basso, a scrutare il pavimento e le piccole dita, più di quanto ricordasse, dei suoi piedi, ma con il volto che non aveva il coraggio di guardare, di abbassarsi per capire meglio le sue paure, di cui non voleva nessuna certezza. Ma forse si stava sbagliando... Eppure sentiva la fronte sudare, il freddo possedere la sua spina dorsale per il gelo da mozzargli il fiato, più sentiva quella consistenza morbida nella sua mano e più affondava le dita su di essa, lentamente, come fosse un cuscino.

-No, impossibile...- strizzò un occhio, non avendo il coraggio, ma puntò l'altro comunque al suo petto, chinando il mento maggiormente di quanto non fosse e sentendosi perdere intanto che le ginocchia scomparvero e lo costrinsero a scivolare e crollare a terra, con un tonfo che si espanse nel silenzio e nella lunghezza di quel corridoio; a cosce unire mentre i piedi nudi restarono paralleli tra loro, dietro di lui. Con un timore maggiore, portò la mano sopra al colletto della camicia, lasciando così la presa da quella strana consistenza che non gli apparteneva, e sentendosi sempre più rosso in volto, e con un vulcano dentro pronto ad eruttare per il battito enorme che stava producendo il suo cuore, feroce nella paura e nella consapevolezza di ciò che stava assimilando mentre tirò verso l'esterno l'indumento, sporgendolo in fuori e scrutando, con un rossore sempre più vivo nel capire che, oltre che fosse senza nulla addosso oltre a quella camicia, che iniziò a concepire come fosse fin troppo familiare, oltre che blu come la portava di solito una certa persona, prima nominata; ogni pensiero era meglio della visuale che gli si prospettava davanti, anche perché fin troppo femminile, perché lui... Era una femmina!

All very hot. - One-shotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora