Capitolo 33. Fine

1.9K 88 53
                                    

Piangeva ormai da ore. Se ne stava lì, davanti a quel letto, con gli occhi pieni di lacrime e il cuore pesante, tremante di tristezza, sul punto di morire. Alcuni passi si avvicinarono a lei, con una giustificata insicurezza, come se avesse paura di rovinare tutto. Non poteva permettersi di perdere l'occasione di legare nuovamente con lei, così com'era una volta, quando tutto era orribilmente perfetto. Soprattutto in quel momento di profonda incertezza riguardo la salute della piccola, non avrebbe potuto permettersi un secondo per pensare: doveva agire e doveva farlo come padre. Un brutto raffreddore, una febbre imminente. Sebbene potesse sembrare una cosa da niente, Hanji era stata piuttosto chiara quando aveva anticipato a Levi delle condizioni pessime della piccola. «Potrebbe morire con un solo raffreddore!» aveva spiegato, fra singhiozzi e la voce rotta dal pianto. Disse a sé stesso che, se fosse morta, anche lui ne avrebbe sofferto. Amava quella piccola creatura e pensò bene di dirlo anche ad Hanji, che era accanto a lei, con le ginocchia doloranti per la posizione che aveva assunto. «Spero che vada tutto per il meglio» si ritrovò ad annuire lentamente, cercando di confortarla con qualsiasi umile parola riuscisse ad usare; continuò: «Io amo la nostra bambina»
E fu così che spezzò le catene che lo allontanavano dalla donna; caddero a terra in un tonfo sordo, percepibile solo alla persona che, più di tutti, sapesse ascoltare attentamente. Non importò più nulla, se non le sue mani intorno al viso rigato dalle intense emozioni. Quanto aveva aspettato per quella felicità? Sentì che avrebbe potuto perdonarlo, riavere una vita insieme a lui. Magari, partendo proprio da zero, punto in cui la bambina sarebbe guarita. Non la stava realmente toccando, questo Hanji lo sapeva. Era comunque lontano, sebbene riuscisse a sentire il suo calore sulla propria pelle. Lo stesso riuscì a farle ricordare quanto avesse urlato di felicità in quella notte, che non avrebbe mai dimenticato. Ogni volta che cercava di dormire, quel bel ricordo se ne stava lì, davanti ai suoi occhi. Ed era così spiacevole il fatto che non potesse riviverlo.
Schiuse le labbra secche e, inumidendole di belle parole, gli rispose con un dolce sorriso, lasciandosi confortare dall’uomo. «È davvero dolce, da parte tua, Levi» mormorò appena, con lo sguardo più sereno, sebbene ancora preoccupato. L'uomo sapeva di aver colpito nel centro. Fece forza su quel pensiero che sembrava renderla tanto gioiosa. «Appena l'ho vista, mi ha ricordato te» La donna prese un profondo respiro; era così dolce. «Ha il tuo carattere, scommetto» Ed Hanji, che teneva la mano sul letto, si vide il dorso coperto, poi le dita del corvino che accarezzavano le sue, creando uno scenario tanto romantico quanto leggero, che pareva essere senza alcun fine. La pelle del pollice, a contatto con le sue dita ossute, creava piccoli fulmini. Era percossa da delle scosse, che mai prima d'ora aveva provato con qualcun altro. In silenzio, si guardarono: gli occhi e la posizione delle sopracciglia rivelarono uno sguardo profondamente desideroso. Si ritrovarono entrambi a esalare un profondo respiro, come se avessero appena smesso di baciarsi tanto profondamente. Le loro dita ancora unite, con la speranza di non doversi mai lasciare. Le incrociarono e ne sciolsero i muscoli, in un ballo intenso e stancante. La mora socchiuse gli occhi, sentendosi terribilmente accaldata. Si avvicinò, in un scatto che pareva a rallentatore. La testa poggiata sulla spalla di Levi, riuscì a farla sentire al sicuro. Allora, si ritrovò nuovamente a sperare che quel momento di passione non finisse mai più. Eppure, nonostante si fossero separati per sempre, lei avrebbe comunque ricordato di quel senso di equilibrio sul vuoto, col fiato sospeso di chi non vorrebbe cadere, ma che l’ha già fatto: era ricaduta in quel turbine di sensazioni, che ora chiamava amore. «Non andare più via» furono queste le sue uniche parole. Non pretendeva che egli restasse al suo fianco (avevano preso due strade completamente diverse); nonostante ciò, il suo desiderio fu piuttosto drastico: urlava un “torna da me”. E Levi, che non aspettava altro se non un accesso al paradiso, annuì leggermente, facendosi riscaldare quella mano gelida, che nascondeva un cuore caldo e colmo degli stessi sentimenti. Erano difficili da scovare, ma erano lì. Più pesanti e angosciosi, paurosi di doversi nascondere nuovamente. «Non sono mai andato via» sussurrò appena, ed era vero. Non l'aveva mai lasciata, mai. Soprattutto, durante la notte. Non facevano altro che pensarsi, implorando di ritrovarsi le proprie mani addosso, in un'infinita notte, com'era stato in passato. Era duro da ammettere, ma le lacrime avevano senso di cadere, in particolar modo, sulle guance della donna. Erano più rosse del normale; si sentiva fragile, come una foglia in autunno, ma felice come un fiore appena sbocciato, in primavera, dove tutto aveva l'opportunità di rinascere. La strinse forte a sé, inspirando quell’odore aspro di profumo ai frutti di bosco. Ne aveva messo così tanto, che nella sua testa, si mise a rimproverarla, ma non avrebbe detto lo stesso fuori, dove sperava di bagnarsi del suo odore e tenerlo stretto a sé durante la notte, nascondendo la testa nella propria maglia.
Erano di nuovo uniti, con la voglia persistente di tenersi ancora stretti: l'uno nelle braccia dell'altra.
E la bambina riposava felice, dopo la visita del dottore. Sapeva che, nel mondo terreno, le cose si erano aggiustate. Andava tutto per il meglio e l'aveva percepito. Con un sospiro, aprì lentamente gli occhi. Poteva vedere, davanti a sé, come un quadro ad immortalare una tensione romantica fra i due. Capì in fretta di quel sesto senso: aveva ragione. Suo padre era lì, dopo anni in cui sperava di vederlo, ed era più bello di come lo immaginava. Anche se le rughe sul volto, parlavano solo di un uomo scorbutico, lei riusciva a vedere un'anima dolce e solare, dentro di lui. Si fece notare soltanto quando girò il viso dall'altro lato, mettendosi comoda, per riposare e rimettersi in forze. La felicità aveva appena bussato alle loro porte.


*********


Stava riempiendo la vasca, in una qualunque giornata primaverile. I raggi del sole entrarono caldi nella stanza. Sentì la porta sbattere, poi una fragorosa risata. Sul volto della donna, si mostrò un ampio sorriso, capendo immediatamente chi fosse entrato in casa. Continuò a riempire la vasca, finché, dietro di lei, non percepì quei soliti pesanti passi. Non si girò nemmeno, che fu lui a toccarla. «Hanji, sono venuto a prendere la bambina» mormorò, poggiando la mano sulla sua spalla, mentre l'altra si alzava, tenendo con sé una spugna bagnata, gocciolante sul pavimento stranamente pulito.
«Certo, era ora che la portassi in giro! Ti aspettava» disse scherzosamente, guardandolo in volto. Lui sembrava così sereno e rilassato, rispetto al passato. Si chiese se non fosse proprio grazie a lei e la bambina.
Levi sostò alla porta, sul punto di andarsene. «Ci vediamo stasera». Si fermò, aspettando una risposta, che fosse quello che sperava di più.
Lei annuì e sorrise ancora, cercando di ripetere con lo stesso tono di voce rassicurante.

«Ci vediamo stasera».

spazio finale yas

Ebbene, siamo giunti al finale. Come andiamo? Lacrime? Quello che speravo. Volevo fare un finale triste e colmo di rancore. Ringraziate una donna sola, se non è successo ciò.

E devo ringraziarla anch'io.
-_Hanji_Zoe_-
Per te, ho cominciato a scrivere questa storia.
Per te, la concludo nel modo più dolce possibile, com'è lo stesso il modo in cui tu mi hai aiutato.
Poiché queste parole vengono dal mio cuore, spero possano essere comprese da chiunque.
Grazie mille a tutti.

Alla prossima storia (forse).

-IAmLeviAckerman33
(M)

"I Love Her" | levihanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora