Capitolo 26.

1.7K 86 5
                                    

Non era proprio sicuro che la sua casa fosse tanto bella quanto le altre, appostate accanto alla sua. Di certo, le travi di legno scuro, posizionate verticalmente, orizzontalmente e obliquamente spiccavano maggiormente, rispetto alle altre. Eppure, quel posto non riusciva a donargli la pace interiore che cercava ormai da ben sei anni. Sebbene la casa fosse posizionata al centro, lontano dalle mura, poteva ancora sentire l'oppressione creatagli dalle stesse; che, nonostante fossero ormai accessibili sia dall'interno verso l'esterno, che viceversa, non tentavano minimamente di mostrare il paesaggio verde e pianeggiante della natura che vi era cresciuta fuori. Per le strade, vi erano giovani e adulti che passeggiavano tranquillamente, creando un'atmosfera di parlantine continue e, a tratti, assordanti.
Attraverso una finestrella perfettamente pulita e aperta, l'aria non aspettò altro che entrare e muovere le tende, arrivando a scompigliare i suoi capelli corvini. Con una mossa veloce, chiuse la finestra, chiedendo scusa all'altra figura nella casa. La calda voce della donna ribatté dolcemente, com'era solita mostrarsi anch'ella, dondolandosi leggermente sulla sedia al tepore estivo, di quella mattina di giugno.
Battendo ritmicamente le unghia sul legno del tavolo, fece scontrare il suo sguardo con quello del corvino, ricevendo in cambio una delle solite occhiatacce. «Non ti senti solo, in questa casa, Levi?» E lo sguardo duro di Levi si tramutò in uno più rilassato, ma pensieroso. «Sto bene così.» disse, decidendo da sé di mettere un punto alla conversazione, prima che essa potesse sfociare in argomenti che all'uomo non andavano giù. La donna si lasciò sfuggire una risatina divertita. «Ah, se potesse vederti tua madre.» Gli occhi, di un verde intenso, le brillarono, esaltati dal solito modo di reagire dell'uomo, appena sua madre veniva nominata. «Non sarebbe contenta della mia situazione sentimentale.» rispose, con una strana auto-ironia, che l'altra avrebbe giurato non appartenere all'uomo. «E dove sarebbe finita quella… com'è che si chiama?» domandò, mentre Levi le porgeva una tazza di tè nero. Ne inspirò l'odore, portandosi la tazza alle labbra dipinte di rosso. Il nanetto si limitò a sospirare, non trovando una giustificazione sensata a quella domanda, prima di poter abbozzare una risposta adeguata.
«Hannah, sai che non voglio parlarne.» «Va bene, va bene. Ma io non avrei mai lasciato che mio figlio vivesse da solo.» ribatté ella, sorseggiando il tè che le bruciò il palato, lasciandole un sapore amaro in bocca, che non tardò a rovinarle la voglia di bere ancora. «Immagino che sia una noia, dopo la fine della battaglia contro quei mostri.» affermò, lasciando l'oggetto, che tratteneva in sé una sostanza crudele, sul piattino adornato da motivi dorati. A Levi risaltarono nella memoria, importanti scene di guerra che, nonostante tutto quello che aveva già visto prima di allora, lo avevano segnato. Soprattutto, il suo pensiero volò a quella donna; quindi tenne lo sguardo basso, cercando di nascondere la sua più sensibile parte, alla corvina davanti a sé. «Effettivamente, sì.» Si alzò, prendendo il piattino e la tazza, per portarli nel vecchio lavandino. Poi, appoggiandosi leggermente sul mobile, si volse verso Hannah, incrociando le braccia. «Tua madre… Per quel poco tempo, in cui l'ho conosciuta, sono sicura che non avrebbe voluto che tu...» cominciò, alzandosi anche lei e portando i suoi occhi oltre la finestra, per fissare i volti della gente, in quel momento, spensierati per la guerra contro i giganti, che aveva portato grandi risultati. Tutti potevano finalmente vivere in pace.
«Dovresti farlo anche tu, che sei ancora in tempo.» disse ancora, continuando quella lunga frase, che cercava di puntare allo stesso argomento, optando per una strada alternativa, meno dolorosa della precedente. «Farti una famiglia, intendo.» concluse, tornando a guardare il corvino, dallo sguardo accigliato e in tutt'altra parte, che in quella stanza. «Non ho nessuno.» E sembrò più convinto del solito.
«Dovresti proprio uscire a farti una passeggiata. Vedrai che il sole ti farà bene.» concluse, salutando calorosamente l'uomo, che si convinse di farlo, nonostante avere una parte di vita sociale, in quel momento, gli facesse venire la nausea.

"I Love Her" | levihanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora