«E così sei un appassionato di Jimi Hendrix?» Helen sorrise in direzione dell'uomo che non la smetteva di compiere gesti nervosi; erano ripetitivi e anche a guardarli ci si stancava.
«Si può dire sia il primo negro a non starmi sulle palle.» Harry prese un sorso del suo frappè, vi rigirò la cannuccia all'interno per riportare in superficie il cioccolato che tendeva a raggrupparsi sul fondo.
La ragazza lo guardò torva, aprì la bocca per ribattere a quella affermazione che le sembrò assurda, senza senso.
Dimostrazione che avesse davvero il carattere di un angelo; non era più una leggenda improvvisata dell'assassino.
«Cos'hai contro i neri?» Domandò con un fil di voce, sporgendosi appena oltre il tavolo per intrecciarvi le braccia sopra. Harry alzò di scatto lo sguardo su di lei, la guardò come se avesse appena visto un fantasma puntare su una scommessa, invece di svolgere la sua funzione da normale spettro.
Una sciocchezza.
«La tua città è fuori dal mondo, non è vero?» Batté ripetutamente i polpastrelli delle dita sulla sua coscia destra con fare annoiato, pensava che quella ragazza avesse qualcosa di strano oltre al fascino incredibile che sfoggiava.
Era poco informata sulla politica attuale, sembrava non conoscere, o per lo meno non approvare, la divisione sociale tra bianchi e neri.
Una donna d'altro tempo, ecco come appariva.
«Scusa?» Helen non capì, non comprese la piccola presa in giro di Harry che si divertiva tanto a farla sembrare stupida come un mulo. Se solo egli avesse saputo in cos'era immischiata.
Un casino assai più grande dell'essere un assassino.
«Cos'è, a casa tua un negro usa lo stesso bagno dei bianchi?» Stuzzicò facendo apparire sul viso un ghigno molto più ampio di quelli che era solito mostrare in giro.
«Si chiamano 'uomini di colore'. Smettila di usare quella parola.» Abbassò lo sguardo sui suoi polsi adornati da braccialetti in perle, era piuttosto offesa dal comportamento assunto da Harry.
Fin dall'incontro in sartoria le era sembrato strano, per non dire pazzo. Chi mai avrebbe voluto mantenere la stessa espressione per più di un paio d'ore?
Continuava ad avere il medesimo sorrisetto di scherno, ogni tanto alternato ad un'espressione corrucciata, ma il suo viso oscillava sempre tra un ghigno e delle sopracciglia aggrottate.
Un uomo amante della monotonia.
«Certamente, mi dispiace.» Si alzò lentamente dalla sedia, lasciò una banconota da cinque sotto il contenitore di tovaglioli e attese in piedi che la sua compagna seguisse i suoi movimenti.
«Andiamo via di già?» Sussultò non appena Harry le afferrò il braccio per aiutarla ad alzarsi, un gesto che le fece capire quanta fretta avesse nel fare qualche commissione a lei ancora sconosciuta.
«Sì, ho bisogno di piazzare un paio di scommesse alla birreria qui vicino.» Si avviò verso l'uscita salutando Jessie, la proprietaria, con un occhiolino e un bacio immaginario.
Uscirono dal locale esponendosi all'aria gelida che negli ultimi minuti aveva preso ad abbassarsi di qualche grado.
Il clima era rigido, fin troppo. Harry non sopportava la sensazione di essere costantemente avvolto dal gelo e si poteva dire che colmasse l'assenza di calore con l'adrenalina procurata da qualche uccisione.
Un classico della sua logica.
«E il giro in città?» Helen tentò di restare al suo passo, aveva delle gambe troppo lunghe e ciò gli permetteva di avere del vantaggio durante le camminate, lasciandola indietro con la lentezza a frenarla dal restargli accanto.
Nonostante avesse usato un tono leggermente ferito, Harry la guardò brevemente prima di risponderle seccato.
«Magari domani.» Notò l'espressione confusa che Helen rimpiazzò con un broncio, costringendolo a formulare una seconda parte della frase che avrebbe fatto scomparire quel sorriso al contrario dalla sua faccia. "Ti concedo di venire con me a scommettere." Sospirò.
«Grandioso.» Ruotò gli occhi al cielo riprendendo a seguire le orme che l'uomo lasciava sulla fanghiglia sparsa ovunque per il marciapiede.
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«Carl, fammi piazzare una scommessa.» Appoggiò entrambi i gomiti al bancone in marmo dal colore scuro, afferrando prontamente la birra che gli fu fatta scivolare sulla superficie liscia.
«Offre la casa. Piuttosto, dimmi una cosa.» Il calvo prese tra le mani un bicchiere di vetro iniziando a lucidarlo con un panno che teneva nell'altra, incuriosendo Harry che nel frattempo bevve un sorso del liquido che gli procurava un familiare bruciore alla gola.
«Spara.»
«Sei davvero così manesco da portare la tua donna in un luogo come questo?» Gli occhi di Carl puntati sull'esile figura di Helen, coperta in buona parte da quella dell'uomo che si voltò a guardarla per un paio di istanti.
«Non le metterebbero le mani addosso comunque.» Finì tutto d'un sorso la bevanda che fino a poco prima riempiva il bicchiere per più della metà.
«Ne sei davvero così sicuro?» Ridacchiò Carl.
«Amico, sono Harry Styles.» Sentenziò lasciandolo senza parole a quell'affermazione che lo spiazzò completamente, ma d'altronde, con una persona come l'insaziabile omicida scommettitore, ci si ritrovava spesso senza un argomento pronto da esporre.
Helen represse un piccolo sorriso, lo stesso che tentava di nascondere ogni volta, quello che Harry non riusciva mai a vedere, il medesimo che, seppur nessuno ne fosse a conoscenza, continuava a tenere segreto, proprio come il vero motivo della sua presenza in quella pericolosa città.
Niente andava dato per scontato, niente risultava essere facile, esattamente come il carattere stravagante ed intrigato dell'assassino più famoso al mondo.
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Hooded | h.s.
FanficLa parola "assassino", è stata vittima di molti abusi linguistici. Il suo vero significato è stato celato sotto i sedimenti di menzogne e maschere, in quanto originariamente stava ad indicare coloro che sono ai margini della società. Ma in fondo, p...