1. MI MANCHERÀ TUTTO

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MI MANCHERÀ TUTTO

«Non ce la faccio più, Ethan!» urlò mia madre dalla cucina e, uscendo, salì le scale sbattendo la porta della sua stanza facendomi sussultare.

Era da molto tempo che i miei genitori non riuscivano a convivere insieme e la situazione si riversava su di noi, loro figli.

Fortunatamente, ma solo per lui, Anthony si risparmiava la stragrande maggioranza delle litigate standosene sempre in giro con i suoi amici; ormai ventunenne stava per prendersi un appartamento per sé, stufo di rimanere in casa con i vecchi, come li chiamava lui.

Mia sorella Chelsea, quasi diciottenne, anche lei stava poco in casa, rifugiandosi spesso dalle sue amiche.

Io, invece, ero quello che ne sentiva di tutti i colori.

Quasi sempre, dopo scuola, andavo da Xavier a giocare con la PlayStation oppure facevamo da babysitter a sua sorella Scarlett. Quando poi tornavo a casa verso l'ora di cena, sentivo sempre mamma e papà urlare. Era una situazione insopportabile. Ero solo un quattordicenne e ogni tanto mi ritrovavo i loro problemi di coppia riversati.

Non capivo assolutamente cosa c'entrassi io in quella situazione, dai loro discorsi io ero completamente fuori tema. Per di più non comprendevo il motivo per cui dovessero discutere così tanto.

Avrei tanto voluto avere l'età di mio fratello e fuggire di casa come stava facendo, ma anche avere quattro anni in più non mi sarebbe dispiaciuto affatto.

L'unica mia salvezza era la super accogliente casa dei Willoughby. Loro erano la mia seconda famiglia, e senza di loro non sarei sopravvissuto a tutto quel casino in casa mia, da solo, senza avere né Anthony né Chelsea con me.

Mi faceva male vedere mamma piangere appena papà se ne usciva scazzato dalla porta d'ingresso e non mi piaceva nemmeno osservare mio padre frustrato e stressato ogni giorno a causa delle discussioni con mia madre. Continuavo a chiedermi per cosa si imbestialissero da farmi venire quel forte mal di testa che certe volte credevo che mi avrebbe ucciso, ma quando uscivo fuori casa mi limitavo a sorridere e far finta di essere felice, anche se mi sentivo oppresso dentro.

Però tutto quel casino non mi impediva di amare la mia famiglia. Mamma diceva che era solo un brutto periodo e io volevo crederle, ma qualcosa mi suggeriva che nulla si sarebbe aggiustato.

Cercavo di essere di buon umore quando lei sorrideva dopo aver versato tutte quelle lacrime che bagnavano giornalmente il suo bel viso, ma allo stesso tempo provavo a non darle retta quando riversava la colpa su suo marito. Quelle volte in cui rimaneva a casa si confidava con me dato che ero l'unico presente nella nostra abitazione e disponibile ad ascoltarla.

Negli ultimi mesi mamma sembrava come volermi dalla sua parte parlandomi male di papà, era come se volesse che io scegliessi lei tra i due, era assurdo.

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