13. GEMELLO NERO COME COINQUILINO

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GEMELLO NERO COME COINQUILINO

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GEMELLO NERO COME COINQUILINO








«Mamma, ho detto che parto e non intendo cambiare idea.» le urlai contro mentre chiudevo la valigia che usai anche quando ero partito dall'Australia. La odiavo, ma solo con quella potevo portarmi dietro tutto ciò che mi sarebbe servito una volta in America.

Caitlin faceva avanti e indietro dalla mia camera al corridoio, nervosa e arrabbiata a causa mia. Io glielo avevo detto, ma era colpa sua se aveva preso il tutto come se fosse uno scherzo. «Samuel Sampson, come credi di andare in America senza soldi?»

Roteai gli occhi, consapevole di averglielo già spiegato. Probabilmente in quella tarda mattina era ancora in fase di rielaborazione della serata trascorsa in compagnia. «Te l'ho già detto, ho lavorato quest'anno, e per tua informazione ho lavorato anche gli anni precedenti e mi sono fatto da solo un conto corrente, quindi so gestire il tutto. E se poi trovo un lavoretto anche in America tanto meglio.»

«E l'università chi te la pagherà? E il dormitorio? Sappi che io non ci metterò nemmeno un dollaro australiano.»

Sospirai. Le minacce che pronunciava con una nota di superiorità mi scivolavano di dosso, galleggiavano sull'acqua come olio. «Ti ho già detto anche questo. In caso di necessità ci saranno gli zii ad aiutarmi. Ma guarda un po', sono tutti più simpatici di te, mamma. Wow, non credevo che ci volesse così poco.» celiai.

La decisione di andarmene l'avevo presa da tempo, proprio da quando mamma aveva iniziato ad essere così. Quando c'era papà lei era felice e non era scontrosa. Mi portava sempre all'osservatorio, mi comprava il gelato e le raccontavo tutta la mia giornata passata con Xavier e Scarlett. Era la mia confidente dopo il mio migliore amico, andavamo molto d'accordo ed era sempre gentile e sorridente. Dopo il divorzio però era mutata gradualmente, rendendola la donna che ora era dietro di me mentre finivo gli ultimi preparativi: menefreghista e fredda. Non avrei mai potuto dire che sarebbe diventata così e non immaginavo che un divorzio creasse così tanti problemi. Sicuramente, se mai in un futuro anteriore capiterà di avere una mia famiglia, impedirò ai miei figli di passare dei momenti del genere. Trasferirsi e viaggiare era bello, ma in questa maniera ti faceva soltanto odiare la tua vita. Trascinavi, in una rete per giochi da spiaggia, cocci che si limavano e uscivano dai fori, stabilizzandosi sul cammino appena percorso. Passato del tempo, ti senti come se una parte di te non ci fosse più, come se l'avessi perduta.

Lei sbuffò come avrebbe fatto un toro, il che mi fece ridacchiare. Le mancava proprio un piercing al naso. «E chi ti accompagnerebbe? Sentiamo.» aggiunse ulteriormente con le braccia conserte, sembrando costantemente alla ricerca della sua ragione, cosa che non avrebbe trovato.

Mi portai lo zaino in spalla e trascinai la valigia fin davanti a lei. «Zio Gianni. Infatti mi aspetta giù di sotto.»

Un clacson si udì dalla finestra e alzai le sopracciglia come a confermare il fatto.

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