5. When you let go.

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Passato

Mia madre era uscita da poco per il turno di lavoro in ospedale ed io ero davvero annoiata. Probabilmente avrei passato in questo modo il resto del mio tempo senza Luke. L'indomani sarebbe partito e non volevo nemmeno pensarci, era così surreale per me. Forse avrei dovuto passare del tempo insieme a lui oggi, ma stavo davvero male. Senza parlare del fatto che ogni secondo che passavo insieme a lui solidificava ciò che provavo e rendeva ancora più difficile il distacco.

Me ne stavo sdraiata sul divano a fare zapping fra i canali, ma non li guardavo veramente. Sbuffai più volte. Non avevo voglia di uscire e nemmeno di schiacciare un pisolino per far passare il tempo. Alla fine mi decisi e trovai un canale in cui parlavano di gamberi. Sì, gamberi.
Non mi interessava nulla di quel programma, ma decisi di guardarlo ugualmente per provare a distrarmi.

Non sapevo se fossero passati solamente cinque minuti o mezz'ora, ma il bussare incessante alla porta di casa mi fece alzare controvoglia dal divano. Mi trascinai con i piedi fino alla porta d'entrata e la aprii trovandomi davanti Luke.

«Cazzo Kim, perché mi stai evitando?» sbottò entrando in casa.

Indossava degli shorts e una canotta nera scollata sul petto e sulle braccia. Ai piedi portava le infradito che avevamo comprato assieme.

«Io?» replicai senza guardarlo, ma sentivo ormai la famigliare sensazione alla bocca dello stomaco.

«Ti conosco da sempre Kim e capisco quando qualcosa non va. Non mentirmi, hai ignorato tutti i miei messaggi e le mie chiamate, cazzo!»

Dio, ma perché non lo capiva?

«Sono stata... impegnata a studiare.» Inventai sul momento.

Luke mi guardò con la solita espressione che usava da quando eravamo bambini, era adorabile. Piegava un po' la testa in avanti e ti guardava negli occhi con le labbra serrate. Faceva sempre così quando non credeva a qualcosa.

«È perché domani parto. Vero?» il suo sguardo si addolcì e prese a torturarsi il piercing al labbro.

Annuii. Non potevo fare altro. Avevo promesso a me stessa che non gli avrei fatto pesare la cosa, ma ora come ora era una cosa praticamente impossibile. Non potevo fingere con lui. Una lacrima disegnò una riga sulla mia guancia mentre guardavo il muro alla mia destra. La pianta che mia madre aveva messo lì era diventata particolarmente interessante.

«Hey, guardami Kim.» Mi scongiurò avvicinandosi pericolosamente. Mise una mano sul mio viso e mi girò verso di lui. I suoi occhi cristallini erano diventati lucidi come i miei. Ci guardammo per qualche istante, i nostri occhi dicevano tutte le cose che non eravamo in grado di dirci a parole. Accarezzò la mia guancia ed io mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere per il suo tocco. Mi sarebbe mancato fottutamente tanto.

«Sto per baciarti Kim.» Mi avvisò e un secondo dopo le sue labbra erano sulle mie. Mordeva e leccava le mie labbra disperatamente, mentre il gusto salato delle nostre lacrime si mischiava al sapore dei nostri baci.

Sapevo bene dove saremmo arrivati. Attraversammo il campo contaminato, su per le scale per poi finire alla base: il mio letto.

Mi tolse il prendisole con un colpo secco ed io rimasi in mutande davanti a lui, sdraiata supina sul letto.

«Sei stupenda, Bambi.» Sussurrò sdraiandosi sopra di me senza maglietta. Mi baciò sulle labbra, sugli occhi, sul naso, per poi scendere sul mio collo. Morse e succhiò un lembo di pelle, ero sicura che mi stesse facendo un succhiotto.

«Questo è per ricordarti che sei mia. Se fosse possibile tornerei quì ogni tre giorni per rifartelo, così mi avresti sempre addosso.» Bisbigliò al mio orecchio prima di ammirare compiaciuto il suo lavoretto.
«No...» sussurrò abbassandosi i boxer, era già duro e lo sentivo contro alle mie mutandine. «Ho appena detto una bugia...» mi sflilò le mutandine. Posizionò la sua erezione fra le mie gambe, non mise nemmeno il preservativo. Con un colpo secco entrò in me. «Se fosse possibile verrei quì ogni giorno, da te.» Gemette iniziando a muoversi dentro di me.

Youngblood | Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora