9. Not much.

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Due giorni prima dell'ultima data in Italia

La scuola era diventata un putiferio, nel vero senso della parola. Mi era sempre piaciuto andarci, se avevo qualche problema a casa, con la scuola riuscivo a non pensarci, mi distraevo dai problemi. Ma nell'ultimo periodo, ovunque andassi, in quei dannati corridoi c'erano le ragazze che parlavano di quanto fossero belli e bravi Luke e i ragazzi. Nel giro di poco erano diventati quasi più famosi dei Beatles in quella scuola. She Look So Perfect era sulla bocca di tutti ed io mi sentivo costantemente osservata; sapevano tutti di quanto Luke ed io fossimo attaccati, qualche volta era capitato che delle ragazze mi fermavano per chiedermi di lui e gli altri, se gli avessi sentiti e cose varie. Una gelosia partiva dalla bocca dello stomaco e inebriava ogni mia singola cellula quando sentivo qualcuna parlare del mio Luke.

Ma apparte tutto ciò, ero al settimo cielo, finalmente Luke sarebbe tornato a casa. Sarebbe tornato da me. Non riuscivo ancora a crederci, mi sembrava un sogno che diventava realtà. Avrei rivisto il suo viso e avrei potuto stringerlo forte a me. Eppure, c'era una cosa a rendermi ancora triste, perché io ci tenevo ad andare con Liz in Italia. Mio padre era sempre rimasto nella sua posizione, non si era smosso di un millimetro, nemmeno quando gli avevo detto che stavo male lontana da Luke. Sapevo che non avrebbe cambiato idea un giorno prima del concerto, era praticamente impossibile sperare.

Scesi le scale appena sentii mia madre urlare che la cena era pronta. Entrai in cucina con il muso lungo e mio padre mi guardò con aria di rimprovero mista al dispiacere. Dopo tutto ero pur sempre sua figlia e a nessun genitore farebbe piacere vedere il proprio figlio stare male.

«Ronnie?» domandai a mia madre appena si sedette a tavola.

«Tua sorella torna più tardi, è rimasta a cena da Agatha.» Mi sorrise ed io annuii.

«Quando dovrebbe partire Liz?» domandò mio padre ed io alzai subito gli occhi dal piatto.

«Domani pomeriggio.» Replicò prontamente mia madre prima di portarsi la forchetta alle labbra.

La carne che avevo nel piatto aveva un'aria invitante ed ero quasi certa di star morendo di fame fino a qualche minuto prima, ma il mio stomaco si era magicamente chiuso.

«Mah...» fece una smorfia mio padre. «Come si fa a stare su un aereo per ventiquattro ore?» domandò più a sé stesso che a noi.

«Be', James, gli aerei sono i mezzi più sicuri del mondo. In più sono comodi, ti danno del cibo, da bere, cuscini e coperte...» gesticolò mia madre.

«Lo so, Alana. Ma chi si farebbe un viaggio di ventiquattro ore su quei cosi? Io perdo la pazienza se le ore sono solamente due, figuriamoci starci per un giorno intero!»

Mia madre lo guardò stupita, sbattendo più volte le palpebre. Io, dal mio canto, non dissi niente.

«Chi farebbe un viaggio del genere? Per esempio una madre che non vede suo figlio da parecchi mesi.» Ribattè con un pizzico di acidità.

«Alana-»

«James, lo avresti fatto anche tu se Ronnie o Kim fossero dall'altra parte dell'equatore pur di vederle.» Lo interruppe indicandomi.

Mia madre si stava davvero alterando, non capivo se fosse per Liz o per il fatto che mio padre molte volte sapeva essere davvero ottuso.

Lui sospirò, prima di versarsi un po' di vino rosso nel calice in vetro. Bevve un lungo sorso e deglutì rumorosamente, ero quasi infastidita da lui.

«Va bene, non che a noi interessi qualcosa di questi viaggi così lunghi in aereo.» Gesticolò con la mano. «Non mangi, Kimberly?» mi chiese.

Lo guardai per qualche istante mentre lui aspettava una risposta da parte mia.

«Non ho fame.» Replicai abbassando lo sguardo e lui sbuffò.

«Ti stai comportando come una bambina, Kimberly. Non mangi, non mi parli più come prima... tutto questo perché non ti ho dato il permesso per andare in Italia?» mi domandò rimanendo con le labbra socchiuse.

Certo papà, solo per questo.

Avrei voluto dirgli sarcasticamente. Lui non capiva quanto fosse cambiata la mia vita da quando Luke se ne era andato. Non avevo amici al di fuori di lui, non mi era mai interessato relazionarmi con altre persone. In più, le ragazze sono delle stronze, invidiose e false. Se un vestito non mi stava bene, Luke mi diceva che sembravo un involtino primavera senza problema.

«Non sto facendo nulla, papà. Non vedi? Sono sempre io.» Ribattei sarcastica, tanto non mi capiva e mi ero stufata di vedere le sue smorfie ogni volta che non mi andava di fare qualcosa. «Vado in camera mia.» Annunciai ad entrambi prima di aggiustare la sedia.

Mi ero fatta la doccia ed ero già sdraiata sul mio letto aspettando che Luke rispondesse al messaggio che gli avevo mandato poco prima, quando sentii i miei genitori discutere al piano inferiore. Non era la prima volta che discutevano, anche se capitava molto raramente. Sbuffai e pregai mentalmente che finissero di bisticciare il prima possibile, ma appena sentii il mio nome uscire dalla bocca di mio padre mi fiondai alla porta della mia stanza e la aprii poco, giusto per sentire meglio cosa si stavano dicendo.

«...James, come fai a non vedere che nostra figlia sta male da quando Luke se ne è andato? Sono sempre stati insieme fin da piccoli! Nonostante tutto è sempre andata a scuola, i suoi voti sono buoni, ma è molto triste. Preferisco che perda qualche giorno di scuola piuttosto che vederla in quello stato.»

Immaginai il viso di mia madre con la sua solita espressione da "non si discute" e sorrisi lievemente.

«Alana...»

«No, James. Non ti ho mai detto niente perchè pensavo che avresti cambiato idea vedendo nostra figlia in quello stato. Ma vuoi sapere una cosa? Se domani non la farai andare con Liz in Italia ce la porterò io stessa. Ricordati che sono sempre sua madre e il potere decisionale spetta ad entrambi.»

Wow.

Mia madre era davvero una donna con le palle. Mi avrebbe portata davvero in Italia? Sentivo già l'eccitazione salire dai piedi fino alla testa, le mie guance formicolavano.

Ma poi mi resi conto di starmi solamente illudendo: io in Italia non ci sarei mai andata. Era impossibile.

Non avevo un biglietto, non avevo prenotato una stanza d'hotel, non sapevo nemmeno dove diavolo fosse il mio passaporto!

Decisi di buttarmi nuovamente sul letto e di non pensarci o ci sarei rimasta male. Invidiavo davvero tanto Liz in quel momento.

Luke aveva risposto al mio messaggio e sorrisi sbloccando il telefono per leggere che cosa mi aveva scritto.

La porta della mia stanza si aprì e mia madre entrò cauta, mi guardò attentamente, sicuramente sapeva che avevo sentito la loro piccola discussione sul fattore Italia. Sospirai e avevo intenzione di dirle che apprezzavo ciò che aveva fatto per me, almeno lei si era resa conto di come stessero realmente le cose.

«Non guardarmi così, papà ormai lo conosciamo. Quando si mette in testa qualcosa-»

«Prepara la tua valigia, Kim. Domani andai in Italia insieme a Liz.» Mi annunciò facendomi l'occhiolino.

Youngblood | Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora