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La vita di ognuno di noi è costruita sulla base di brevi momenti, scanditi da decisioni improbabili.

Io non credo di essere vecchio, ma posso dire di essermi trovato a prendere molte di queste decisioni che, alcune volte, più che improbabili, si sono dimostrate improponibili. Come quella volta in cui decisi di mettere nella mia valigia un sacchetto di gesso senza confezione – temevo potesse occupare troppo spazio – e venni fermato dalla sorveglianza dell'aeroporto, perché credevano si trattasse di droga. Sul serio, non portate polveri in valigia se dovete prendere l'aereo; un dito nel retto non fa piacere a tutti, soprattutto se appartiene a un'infermiera ottantenne e con le mani gonfie.

Adesso vi starete chiedendo perché mai avrei dovuto portare un sacchetto di gesso in valigia e io vi risponderò onestamente: non lo so.

Era un periodo in cui mi dilettavo nei lavori di casa, il famigerato fai da te, una cosa che mi aveva affascinato, nonostante io non riesca a distinguere una lavatrice da un forno a microonde. Quindi, col senno di poi, non so come mi sia saltato in mente di provarci. In quel momento non me ne rendevo conto e pensavo che quello che non funzionava – e che io finivo di rompere – non funzionasse perché era già rotto. Un ragionamento semplice, da persona stupida quale ero.

Penso che se potessi tornare indietro e incontrare il me stesso di quel periodo, mi prenderei a schiaffi e mi direi di smetterla di fare stronzate, di non prendere quell'aereo e di non tentare di corrompere una delle guardie che mi avevano fermato. Almeno non offrendole il mio numero di telefono.

Ma voi questo non potete ancora saperlo e forse è il caso di fare davvero un paso indietro.

Io sono un sarto.

Sì, faccio vestiti.

No, non faccio la moda. Creo quello che la gente mi chiede.

Vi faccio qualche esempio pratico: una vecchia mi chiede un gonnellone del 1889? Io le faccio il gonnellone come quelli che si portavano nel 1889; un uomo d'affari mi chiede un abito classico per un evento aziendale? Io gli faccio l'abito classico; una spogliarellista mi chiede qualcosa di facile da aprire, ma impermeabile alla bava degli spettatori? Faccio anche quello.

Nella mia carriera, cominciata quando ancora avevo quindici anni, ho ricevuto le commissioni più disparate, che andavano dal rappezzare mutande al creare abiti sfarzosi. E posso dire di essere fottutamente bravo!

Ma torniamo a noi. Era lunedì, il mio giorno libero, ovvero quello in cui lasciavo la mia segretaria a prendere gli appuntamenti settimanali e mi godevo del sacrosanto riposo. Avevo indossato una tuta sacrificabile e avevo cominciato a scorticare una delle pareti della cucina – che non equivale esattamente a riposare –, quando il telefono prese a squillare. Andai a rispondere e dall'altro capo sentii la mia segretaria che mi chiedeva se volessi accettare una commissione da parte di un tizio irlandese che offriva viaggio, vitto e alloggio per tutto il tempo di permanenza, durante il quale avrei dovuto lavorare in una sartoria privata. Non credetti subito a quello che mi stava dicendo e le chiesi di passarmi il contatto, per verificare che non fosse un fake e che non avesse l'aria di uno squilibrato che fa a pezzi le persone e se le cucina sulla griglia. Impiegai solo cinque minuti a capire di chi si trattasse e non mi parve sospetto.

Richiamai la mia segretaria e le dissi di accettare la commissione.

Quella fu la scelta più sconsiderata di tutta la mia vita.

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