Quando mi ritrovai agganciato alla mia poltroncina, con una ciambella gonfiabile sotto al sedere, compresi quanto quel viaggio fosse partito male. Dite la verità, vi piacerebbe che vi raccontassi dell'infermiera e di come ha usato le sue dita guantate, senza vasellina. Ma a me non va di ricordarlo e in questo caso voi siete delle brutte persone.
Per mia fortuna, la mia segretaria – che non aveva perso l'occasione per ridere dell'accaduto e per dirmi che quella fosse la giusta punizione per l'immensa mole di lavoro che le addossavo in continuazione – aveva consigliato al committente di prenotarmi un posto accanto al finestrino. Poter ammirare il panorama fu forse l'unica gioia di tutto il viaggio di andata. Dico l'unica perché accanto a me era seduto un uomo che sembrava Garibaldi, cinquant'anni dopo la morte, che sonnecchiava beatamente con la bocca aperta e la parte superiore della dentiera staccata. Fu la cosa più disgustosa che avessi mai visto fino a quel momento. E di cose disgustose, in vita mia, ne avevo già viste tante; quando avevo cinque anni, un mio compagnetto dell'asilo era caduto dall'altalena e si era procurato una frattura esposta dell'omero. Una roba raccapricciante, lasciatemelo dire, eppure non mi aveva disturbato; non era successo neppure quando la mia prima fidanzata mi aveva costretto a guardare un episodio di "24 ore in sala parto", senza censure, e poi finii a reggerle la testa sul gabinetto mentre vomitava l'anima. Ma quella dentiera... cazzo, se faceva schifo!
«Come procede il viaggio, signore?» mi chiese una delle hostess.
La riconobbi subito, era quella che mi aveva procurato la ciambella gonfiabile.
«Molto meglio, la ringrazio» mentii e lei, probabilmente, se ne accorse.
«Se posso permettermi di dirlo, la sua è stata veramente un'idea sciocca» ridacchiò, abbassando la voce.
Io sospirai. «Mia madre avrebbe detto la stessa cosa».
«Posso esserle utile? Ha bisogno di altro?»
Feci cenno di no con la testa e lei proseguì lungo il corridoio.
Il volo durò quasi tre ore, poi effettuai uno scalo in un aeroporto tedesco dal nome per me impronunciabile e mi imbarcai sul secondo volo del mio itinerario, sul quale persi completamente la cognizione del tempo, addormentandomi profondamente. Fu una hostess a svegliarmi per avvertirmi dell'atterraggio.
Una volta fuori e dopo aver recuperato il mio bagaglio, mi ritrovai di fronte a una ragazza vestita in modo stravagante, che reggeva un cartello sul quale era scritto il mio nome. In realtà, quella tipa era tutta stravagante, non solo nel vestire: portava un abito con il taglio all'americana, di un rosa shocking che avrebbe potuto indurre un attacco epilettico anche a un cieco, delle scarpette décolleté nere e lucide, con un tacco da cinque centimetri e dei guanti a mezza mano dello stesso colore. I suoi lineamenti erano sottili e la sua carnagione era pallida come se non avesse mai visto il sole, mentre i suoi capelli erano di un nero innaturale, raccolti in una coda di cavallo ondulata. Il tutto era tenuto all'ombra da un cappello nero a tesa larga. Quando mi avvicinai, potei notare che anche i suoi occhi fossero molto scuri. Mi sorrise e mi tese la mano. Io ricambiai il gesto, stringendogliela in segno di saluto.
«Buon giorno, signor Gori. Sono la signorina Lim, la sorella del suo committente. Sono stata io a contattarla» disse in un ottimo italiano.
Ed io, che mi ero aspettato di avere a che fare con un inglese poco inglese, non potei che esserne contento. «Buon giorno, signorina. La mia segretaria non mi aveva detto che lei parlasse la mia lingua. Il suo accento è appena percepibile, complimenti» le dissi, cercando di sembrare cortese.
Lei mi sorrise e sollevò un sopracciglio, notando la ciambella gonfiabile che avevo attaccato al manico della valigia. «Soffre di emorroidi?»
Per un attimo ebbi il desiderio di scomparire. «Ho avuto un piccolo problema al primo imbarco» ammisi, vergognandomi come un ladro.
«Droga, signore?»
«No, gesso ceramico per stampi. Mezzo chilo» risposi.
La signorina Lim mi squadrò dall'alto in basso, poi si strinse nelle spalle. «Avete usanze bizzarre, nel vostro paese» disse, «ma prego, mi segua».
Avrei voluto ribattere e dirle che si stava sbagliando, ma la naturalezza con la quale parlò, mi disarmò completamente.
Raggiungemmo un'auto giallina dai vetri anteriori oscurati e sistemai la valigia nel bagagliaio. Quando presi posto sul sedile posteriore, accanto alla signorina, notai che i sedili di fronte erano nascosti da uno spesso strato di plexiglass nero. La signorina vi bussò sopra con delicatezza e l'auto partì all'istante a una velocità allucinante.
Mi aggrappai al sedile come meglio potei, sentendomi schiacciare contro lo schienale e sballottolare in ogni dove, senza riuscire ad afferrare la cintura di sicurezza.
«Da dove viene di preciso, signore? Mio fratello è stato poco chiaro sulle sue origini» mi chiese con tranquillità. Se ne stava seduta composta, nonostante la guida spericolata dell'autista, e non sembrava affatto preoccupata per quello che stava accadendo.
«Scandi-! Scandicci!» urlai.
«Non credo di aver mai visitato questo luogo» disse, pensandoci.
«Fi-Firenze! È più familiare?»
Avevo il sedere in fiamme, non sentivo più le mani a furia di stringerle sul mio appiglio improvvisato e avevo appena battuto la testa contro il finestrino. Tutto ciò mi fece sentire proprio la persona giusta, nel posto giusto e nel momento giusto.
«Ah! Firenze, certo! Città meravigliosa» commentò lei.
Cercai di sorriderle, ma credo che l'unica cosa che ne uscì fosse un ghigno simile a quando si ha un acuto attacco di rabbia e si sta per schiumare dalla bocca. Pochi secondi dopo, l'autista inchiodò e venni sbalzato contro la divisione in plexiglas, battendovi contro con fronte e naso e ricadendo indietro.
L'ultima cosa che ricordo, di quel momento, è la voce sorpresa dellasignorina Lim, che mi faceva notare che fossimo arrivati e che non fosse ilmomento adatto a riposare.
STAI LEGGENDO
Hellmaker
FantasyAlberto Gori è un sarto, uno dei migliori sulla piazza. Un giorno riceve una grossa commissione da parte di un ricco mercante irlandese; questo gli offre vitto e alloggio e gli chiede di lavorare in una sartoria privata, ma una volta sul luogo, Albe...