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La stanza per Henry era pronta. Regina si era assicurata che non mancasse nulla. Non scendeva al villaggio da anni, ma aveva passato gli ultimi due giorni passeggiando per quelle stradine, mano nella mano con Emma, per comprare tutto ciò che sarebbe servito ad Henry.

Certamente le critiche e le occhiatacce non erano mancate, ma ogni volta Emma era stata in grado di rassicurare Regina: la sua redenzione si stava realmente realizzando.

Quella mattina Emma era andata a caccia insieme al padre e alla madre e Regina aveva raccolto quell'occasione per riposarsi un po'. Non avrebbe mai immaginato che la gravidanza fosse così estenuante.

Si accarezzò la pancia e immaginò il suo Henry. Lo amava già prima di incontrarlo. Lo amava nell’idea stessa dell’amore di cui era l’archetipo e la sostanza, l’ideale a cui la realtà prova ad avvicinarsi e si tende all’infinito, senza raggiungerlo mai. Lo amava già da allora, fin da quando aveva iniziato a dare un senso all’amore e con quel senso aveva fatto mille volte a pugni, finché non fu l’amore stesso a dare un senso a lei.  Lo amava, anche se tutto quello che sapeva della parola amore non si restringeva per entrare in una sola persona. Amava Henry, per questo aveva rischiato senza nemmeno rendersi conto di quanto grande fosse la posta in gioco, ma la paura non era contemplata. Lo amavo, per questo immaginava le sue braccia, il suo sguardo, e soprattutto il suo odore. Lo aspettava anche quando lui non era in lei, ma non lo sapeva ancora di poter amare così forte. Lo amava da così tanto che in fondo i giorni e le ore erano nulla in confronto. Però, a essere sincera lo amava da tanto che era stufa di aspettare. Voleva le sue braccia, le sue guancia, voleva tutto di lui e lo voleva adesso o tra qualche ora al massimo, doveva sbrigarsi. Lo stava aspettando da quasi nove mesi e si sentiva una balena.

La pace di Regina fu interrotta da Emma che entrò tempestivamente nella stanza. Il vero problema della sovrana è che non riusciva a ricordarsi di come si sentiva senza di lei. Continuava a provarci, ma si ricordava solo di Emma e delle belle sensazioni che le faceva provare:

"Principessa, un po' di delicatezza, insomma."

"Eddai Regina, devo farti vedere una cosa, ti prego alzati da lì e vieni con me."

"Non puoi avere idea di come sia faticoso scendere e salire le scale con una pancia così grande."

Emma sbuffò e una ciocca di capelli biondi le si scostò da dinanzi agli occhi. Regina trovò quella scena così tenera;le scappò un sorriso. Emma ovviamente interpretò quella smorfia della regina a suo vantaggio:

"Voglio te e il tuo respiro che mi sfiora la pelle, voglio addormentarmi tra le tue braccia e voglio sentirmi fare le carezze quando faccio finta di dormire. Voglio sentire il sapore dei tuoi baci, quelli che fan venire la voglia di far l'amore, ma continuerò a volerli solo se verrai con me."

Fu un Odissea la discesa dalle scale. Regina era costretta a fermarsi ogni volta dopo dieci gradini, ma Emma non si arrendeva.

Finalmente arrivarono nei giardini e Emma sorrise alla vista del viso sorpreso di Regina quando un piccolo cagnolino marrone le corse incontro facendole le feste.

"L'ho trovata nel bosco, non avrei dovuto portarla a corte, lo so, ma ho cercato la mamma e non ce n'era traccia. Ti prego possiamo tenerla con noi?"

Regina sorrise ad Emma e poi con grande fatica provò ad accovacciarsi per carezzare la piccola creatura che le stava leccando le caviglie gonfie.

Ovviamente i tentativi furono vani, quindi la bionda si chinò per prendere in braccio l' esserino e lo mise tra le braccia di Regina.

"È davvero tenera, ma mi sarei aspettata queste suppliche da qualcun altro."

Breath my soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora