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Erano le 5:17 del 25 gennaio 1845 quando, nel tetro castello della regina cattiva, nella Foresta Incantata accadde qualcosa di veramente magico.

Nel castello, Regina e Emma dormivano abbracciate, quando la mora si svegliò di scatto in preda al dolore.

"Emma, Emma svegliati, il bambino sta arrivando."

La bionda aveva sempre fatto grande fatica a svegliarsi, ma quella volta fu diverso. Con gli occhi impastati di sonno fece un balzo giù dal letto, avvicinandosi alla compagna.

"Cosa posso fare?"

"Vai a chiamare Dotto, Emma, questo dolore è insopportabile."

Ne seguì un urlo sordo che spezzo definitivamente il silenzio di quella notte. La principessa non se lo fece ripetere due volte e con una rotazione del braccio andò al castello alle miniere, per chiamare il nano.

Lasciò Regina in preda al dolore, le acqua si rupperò e il letto fu bagnato dal liquido amniotico della placenta di Henry.

Stava arrivando e non c'era più tempo. Pochi istanti dopo arrivò Emma insieme al nano, che tutto eccitato iniziò a dare a Regina istruzioni su come posizionarsi.

Aveva solo ventotto anni, quindi non erano mai state tante le occasioni che l' avevano fatta sentire grande.

Si ricordava che la prima volta in cui capí che non si rimane bambini per sempre fu quando ebbe la sua prima mestruazione, e cominciò ad usare gli assorbenti che, insomma, sono oggetti da adulti. Si ricordò perfettamente che la prima sera di ciclo, in preda al dolore, non le piacque essere grande, quel mal di pancia non l'aveva mai provato, era strano; era strano come la sensazione che portava dentro, era cambiato qualcosa non solo a livello fisico, ma anche psicologico. Stava crescendo e, nonostante fosse contenta di aver sviluppato dato che la sua amica Lilith lo avevano già fatto, non era in pace con se stessa, non si sentiva padrona del suo tempo.

Dalla prima mestruazione poi ce ne fu un'altra di occasione che le fece pensare: ma non sono più la piccoletta di casa? Questa occasione si presentò circa l'anno prima quando stava con Regina, e perse la verginità. Non le era  mai piaciuto dire bugie a sua madre ma quella sinceramente dovette tenerla per se; era abbastanza grande per scegliere da sola. Aveva finito quell'esperienza in camera felice, ma dentro di se si diceva che no, non ero abbastanza grande! Doveva essere sposata! Si, era intelligente, poteva farescelte da sola, viaggi da sola, ma lei non era grande, che significa essere grandi? 

In occasione, quando perse la verginità lo capì e fu importante perchè capì veramente quanto lei fosse solo di se stessa, e solo lei poteva sapere quale fosse il meglio per se, e quando lo capì ebbe la pelle d'oca perchè sapeva che era diventata un po' più grande.

Dopo l'occasione di aver imparato ad andare a cavallo, non le era più capitato di sentirsi grande, fino a quando quella mattina scoprì la verità; quella mattina, capì tra un libro ed un altro che Regina era incinta.

Lacrime, gioia, felicità per lei che l'aveva presa così bene e per lei stessa che le è rimasto accanto, ma poi cosa c'era di meglio della realizzazione? Regina stava per avere un figlio, un bellissimo maschietto da quello che Dotto le aveva detto mesi prima, e basta, lo doveva ammettere, ormai stava nel mondo dei grandi. Stava per diventare mamma.

Intanto la  cosa che veramente preoccupava Regina in quella infinita moltitudine di tristi domande che una persona farebbe meglio a sviare con sorbetti e sole, era che in quel momento in lei c'era una specie di grande dolore, con tante sfaccettature come nell'occhio di una mosca e doveva partorire questa gioia per tornare a sentirsi leggera.

Regina sapeva esattamente cosa significava essere madre. Essere madri vuol dire conoscere la pesantezza del corpo, del portare un peso dentro, di essere gravi, gravide, cioè pesanti e felici di esserlo, obbedendo alla legge di gravità che governa l'universo, tendendo sublimemente verso il basso e conoscendo la felicità, nota anche ai poeti, di cosa che è felice e cade, ed è felice perché cade.

Quella notte era colma di urla di dolore di Regina. Emma la stringeva da dietro e le accarezzava la fronte sudata:

"Andrà bene, andrà tutto bene, tra un po' avremo il nostro bambino."

Regina continuava ad urlare come una disperata, sentiva come se il suo corpo stesse bruciando in ogni suo angolo.

"Un' ultima spinta, Maestà, e sarà fuori. Forza."

Regina con grandissima fatica strinse le mani di Emma e spinse urlando. Un secondo dopo tutto quel dolore era diminuito e il bambino scivolò fuori come un pesciolino dal buio. Era nato.

"Eccolo qui Maestà."

Dotto porse il bambino piangente alla madre. Era sulla pancia della sua mamma e già si stava calmando. Non piangeva più, gorgogliava. Regina era come stupita e  con una mano lo toccò. Anche lui sembrò che stesse allargando le braccia, la voleva tutta questa mamma. Poi girò anche la testa piano piano e aprì gli occhi e si guardarono. Emma lo avrebbe giurato: si guardarono. Amore, amore,amore, amore, amore, amore.

Un secondo dopo la sovrana girò lo sguardo per incontrare gli occhi verdi della bionda e si sorrisero.

"Ecco nostro figlio."

Porse con fatica il bambino ad Emma che quasi ebbe paura di stringerlo troppo e fargli male.

"Non preoccuparti, non ti mangia."

Emma scoppiò a ridere, non aveva idea di come dopo tale dolore Regina riuscisse ancora a star sveglia e a scherzare:

"Ho solo paura di fargli male."

"Non lo farai non preoccuparti."

Emma allora guardò quel bellissimo bambino e sorride compiaciuta. Suo figlio. Non assomigliava molto a Regina, ma aveva i suoi occhi scuri.

Non conosceva suo nonno, era morto prima della sua nascita, ma l'aveva visto in qualche ritratto e poteva affermare che quel bambino gli somigliava. Regina sembrò capire al volo i pensieri di Emma:

"Ho sperato ardentemente fosse la mia fotocopia per non essere costretta a ricordare chi fosse suo padre, ma va bene così, è bellissimo lo stesso."

Un secondo dopo aveva nuovamente tra le  braccia il suo piccolo Henry: la sua più immensa gioia.

"Papà, questo è mio figlio, Henry. Si chiama come te perché era l'unico nome che questo bambino fosse degno di portare. Mi dispiace averti fatto del male, spero tu possa vivere in lui."

Regina disse queste parole tutto d'un fiato e calde lacrime salate le scesero sulle guance, incontrollate. Emma colse il momento per baciarla e poi baciare il loro bambino sulla fronte.

"Andrà tutto bene finché saremo insieme. Non ha più importanza il passato."

Breath my soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora