▷ trentadue

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Una volta a casa, mia madre mi impedì di rinchiudermi in casa, strattonandomi dal cappuccio della felpa di Morgan poi mi fece una ramanzina così lunga e pesante da farla durare quasi due ore. Mi portò via del tempo prezioso che avrei potuto usare per messaggiare con le mie amiche e Morgan.

Ovviamente mi mise in punizione e non potendomi sequestrare il portatile perché lo usavo anche per la scuola, mi obbligò a consegnarle il cellulare. Le consegnai un mio vecchio iPhone che non usavo più e che tenevo sempre a portata di mano in camera mia; tanto non si sarebbe accorta della differenza perché era impedita con la tecnologia.

Non potevo uscire al pomeriggio per un mese, peccato che l'avrei fatto lo stesso perché lei, essendo a lavoro, non avrebbe saputo la mia vera posizione quindi mi sarebbe bastato farmi prestare il cellulare da Jeremy per dirle che ero a casa a studiare quando poi magari ero da Maryse o insieme a Morgan.

Non feci colazione, non volendo subirmi le occhiatacce di mia madre mentre mio fratello, mangiando le sue fette biscottate con la Nutella, continuò a domandarmi cosa fosse successo ieri. Gli risposi che gliene avrei parlato una volta arrivati a scuola. Poi salutai mio padre con un bacio ed infine uscii di casa, sventolando di malavoglia una mano quando mia madre gridò il mio nome.

Quando la porta alle mie spalle fu ufficialmente chiusa, mi lasciai andare in un sospiro di sollievo. Non ne potevo più di sentire lo sguardo di mia madre corrodermi la pelle, talmente era intenso.

Già con mia madre non ero in buoni rapporti, ora era persino peggio. Ora sembrava quasi non esistere più quel rapporto, quel legame. La sola idea di stare per troppo tempo nella stanza con lei, mi faceva impazzire. Non sarei mai riuscita a sopportare il suo sguardo deluso e fastidiosamente severo per un lasso di tempo più lungo di due, massimo tre minuti.

Sapevo di aver sbagliato, ma continuando a trattarmi come una deficiente senza un minimo di intelletto non me la faceva voler più bene, semmai la stavo detestando sempre di più.

Mi strinsi nel mio cappotto e la stoffa grigia della felpa di Morgan aderì alla mia pelle come una carezza e subito sul mio viso nacque un piccolo sorriso mentre il suo profumo impregnato in essa si insinuò nelle mie narici, facendomi desiderare di essere con lui in quel preciso istante.

Jeremy uscì di casa pochi attimi dopo e senza rivolgermi la parola, dato che stava messaggiando con qualcuno, entrò nella sua macchina, la mise in moto e partì, sgommando sulla pavimentazione del nostro vialetto.

Quel ragazzo ― parlavo di Morgan, ovviamente ― sembrò avermi letto nel pensiero poiché pochi attimi dopo lo vidi parcheggiare davanti al vialetto di casa e sventolare una mano nella mia direzione.

Era davvero venuto a prendermi per andare a scuola? Dio, la scuola! Avrebbero sparlato di noi nei corridoi dell'istituto? Per favore, no! Non avevo voglia di essere sulla bocca di tutti. Odiavo tutte quelle insensate attenzioni.

Smisi di pensare al dopo e incominciai a correre verso la sua automobile con un enorme sorriso sulle labbra. Era riuscito a riportarmi il buonumore in una giornata iniziata col piede sbagliato e con un demone-mamma pronto ad accoltellarmi alle spalle pur di farmi stare male.

Vidi Morgan sporgersi verso il sedile del passeggero e pochi secondi dopo la portiera si aprì, «Sali, piccola Mavs.»

«Che ci fai qui dopo tutto il casino successo ieri?», gli domandai, salendo in auto poi buttai lo zaino sui sedili posteriori ed infine cercai di allacciare le cinture di sicurezza, in attesa di una sua risposta.

Ero felice del fatto che fosse venuto a prendermi. Significava che aveva pensato a me, che forse ero stata il suo primo pensiero quella mattina. Sorrisi involontariamente, percependo il sangue affluire copioso alle mie guance.

Falling for a ChallangeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora