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Jimin avrebbe tanto voluto sbattere la testa contro un muro, talmente forte da dimenticare il proprio nome.
Quella parve una scelta saggia per poter liberare la propria mente dal pensiero di quel ragazzo moro dalla mascella perfetta e con le palette da coniglio.

Ormai Jungkook gli stava letteralmente dando il tormento, il che era tremendamente ironico, considerando il fatto che egli stesso stava facendo la medesima cosa con il minore, ovviamente senza esserne al corrente.

Era ormai passato sì e no un mese dal loro primo incontro e, se per i primi giorni tutto era parso filare liscio, poco dopo Jimin aveva iniziato a non provare più alcun gusto nell'andare alle feste o nello strusciarsi tra i corpi sudati nelle discoteche a caccia di avventure da una notte.
Nulla di tutto ciò gli interessava, perché nella sua testa c'era solamente Jungkook.

Il ragazzo non riusciva capire con precisione se quello fosse solo uno dei suoi soliti capricci dettati dalla smania di possederlo o un vero e proprio colpo di fulmine.
A dire il vero non aveva nemmeno pensato a cosa avrebbe fatto se fosse riuscito a conquistare il moro.

Lo avrebbe usato e poi bidonato? Sarebbe nata una nuova relazione rose e fiori uscita da un romanzo rosa?
Ormai faticava a conoscersi, perché quei pensieri non erano tipici di Park Jimin, il ragazzo affascinante e un po' puttaniere degno di una serie TV cliché firmata Netflix, e voleva liberarsene il più presto possibile.

In quel momento si trovava seduto sul proprio letto, con la schiena poggiata alla testiera in legno e lo sguardo fisso nel nulla cosmico, perso nei suoi monologhi in cui faceva il punto di tutte le tecniche che aveva provato per corteggiare Jungkook e contava sulle dita di una mano le poche che gli restavano, distruggendo sempre più il proprio ego smisurato e tutta la certezza che aveva di far diventare gay colui che era fulcro dei suoi pensieri. Se solo avesse saputo di essere quasi riuscito nel suo intento, sicuramente non si sarebbe trovato alle undici di sabato sera, recluso nella propria stanza e ridotto ad uno stato vegetativo.

Jimin stava diventando per l'appunto un vegetale a causa di Jungkook.
La sua vita carica di avventure e adrenalina era diventata terribilmente monotona, e la voglia di vivere e trovare un po' di sballo parevano essere state risucchiate dal vortice dell'aspirapolvere senza fili con il super-tecnologico motore digitale a potenza ciclonica che la madre teneva esposto, attaccato con cura al muro, mostrandolo alle amiche come un trofeo. Il ragazzo aveva smesso di frequentare i locali, bere con gli amici e partecipare a qualsiasi festa organizzata dall'elite dei ragazzi popolari della scuola.

Improvvisamente, al piano inferiore, sentì un vociare allegro, poi la porta d'ingresso che si chiudeva con un tonfo, altre parole indistinte e dei passi che percorrevano le scale, diretti verso la zona notte della dimora dei Park.
Non appena sentì delle nocche picchiare contro la porta color mogano del suo piccolo rifugio, Jimin chiuse gli occhi e lasciò che un lieve sospiro abbandonasse le sue labbra.
« Avanti », rispose, venendo travolto dalla voce decisamente troppo allegra del migliore amico che per poco gli traforó i timpani.

« Cosa diamine ci fai in tuta? Jimin, quando ti avevo detto di usare maniere più gentili per conquistare Jungkook non ti stavo suggerendo di ammosciarti il pene, è sabato sera! »
Il diretto interessato dovette sforzarsi di celare un piccolo sorriso, generato dall'esclamazione di Hoseok, il quale aveva già spalancato il suo armadio alla ricerca di abiti consoni per la serata.

Jimin grugnì e farfugliò qualche protesta, dicendo di essere troppo stanco per uscire e di non averne la minima voglia.
« Oh Gesù, in questi giorni ti sei trasformato in una suora di clausura. Se con Jungkook non ha funzionato, è lui che si sta perdendo qualcosa, non tu, che hai ai piedi mezza Seoul. Non devi privarti di tutto il divertimento e demolarizzarti se un solo ragazzo non ti vuole, mica ti è morto il gatto. E ricorda che il mare è pieno di pesci! »

Gli angoli delle labbra paffute di Jimin si incurvarono all'insù nel vedere l'amico parlare con quella voce decisamente acuta e gesticolare in modo animato.
« Disse quello che si deprime su Tumblr perché non ha un fidanzato. »
Hoseok sbuffó sonoramente, regalandogli uno sguardo truce. Troncó immediatamente il discorso con un « Tieni, mettiti questi e sii pronto in meno di dieci minuti. »

Il castano si alzò dal comodo giaciglio, sentendo la mancanza del tepore del materasso, e prese gli abiti che l'amico aveva scelto per lui, apprezzando ancora una volta il suo senso della moda che la sorella maggiore gli aveva trasmesso e che, in un certo senso, invidiava.

Nel giro di una ventina di minuti i due amici entrarono nell'auto di Hoseok, o, per essere più corretti, la vettura dei signori Jung che era stata gentilmente prestata al figlio con le dovute raccomandazioni del caso.
Il ragazzo diede una pacca sulla coscia di Jimin, sorridendo soddisfatto.

« Finalmente il mio Jimin è tornato~! »

——

Jungkook entrò nel locale, strabuzzando un paio di volte gli occhi per adattare la vista a tutte quelle luci colorate che illuminavano in particolar modo la pista da ballo.
Inspirò quell'odore familiare di alcolici misto a quello del sudore e alle diverse fragranze che gli adolescenti all'interno del locale si erano versati addosso come acqua santa.
Gli occhi di Namjoon si muovevano famelici, intenti a studiare la folla alla ricerca di qualche ragazza con cui passare la serata, mentre nella testa del minore c'era solo il desiderio impellente di rispondere alla propria domanda, accompagnato allo stesso tempo da una forte stretta al cuore.

Il maggiore si congedò non appena individuata una mora dai capelli lunghi, agghindata con un abito decisamente troppo corto, e sparì tra la folla. Jungkook fece tappa al bancone del locale, appoggiandosi a questo ed ordinando qualunque drink con un contenuto di alcol sufficiente per permettergli di sciogliere i nervi, teso com'era.

Bevve il contenuto del bicchiere portogli dal barista, picchiettando nervosamente un piede a terra, facendosi nervoso alla sola idea di confermare a sé stesso di essere omosessuale, considerando immediatamente l'idea di abbandonare il locale e vivere con il perenne dubbio, poi cestinava l'idea, tornava ad essere nervoso e riprendeva quel circolo vizioso.

Poggiò il bicchiere vuoto sul fretto marmo del bancone e allungò una banconota al barman, diretto verso la pista da ballo, dove i suoi coetanei si muovevano a ritmo di musica, alcuni intenti a godersi la serata e altri occupati a scambiarsi languide effusioni.
Jungkook adocchiò una bella ragazza, le si avvicinò lentamente, osservando i movimenti sensuali dei suoi fianchi e i seni prosperosi che si muovevano ad ogni movimento troppo accentuato.

Il ragazzo continuava a fissarla, cercava una minima reazione da parte del suo corpo, ma solamente elaborare l'idea di prenderla per i fianchi e ballare con lei gli richiedeva un enorme sforzo, facendogli arricciare lievemente il naso e trasformandolo in un legnetto rigido.

Distolse lo sguardo dalla bionda, deciso ad allontanarsi, quando sentì due mani posarsi saldamente sui suoi fianchi sottili.
Il moro spalancò gli occhi nel constatare che quella presa così forte apparteneva ad un uomo, ipotesi largamente sostenuta dal bacino del ragazzo dietro di lui che si poggiava sul suo fondoschiena, facendo chiaramente percepire un rigonfiamento.

Per poco non si sentì mancare quando l'altro proferì parola, solleticandogli il collo con le labbra, il cui contatto gli fece inarcare di poco la schiena.
« Non avrei mai pensato di incontrarti qua. »

«Jimin, toglimi quelle mani di dosso o giuro che questa è la volta buona che ti denuncio per molestie sessuali. »
I suoi fianchi vennero liberati da quelle mani che parevano aver scottato la pelle del minore. Non appena ne ebbe l'occasione, si voltò per puntare gli occhi in quelli del castano, un poco più basso di lui, che lo guardava e sorrideva beffardo.
« O preferisci un po' di botte? »

Jimin alzò le mani in segno di resa, ridacchiando lievemente.
« Va bene, va bene, almeno permettimi di offrirti qualcosa da bere. »
Il minore inarcò le folte sopracciglia, decisamente scettico.
« E come faccio ad essere sicuro che non mi drogherai con qualche pastiglia per stuprarmi nei bagni? »
L'altro ridacchiò con voce gutturale, scuotendo divertito la testa e prendendolo per il polso, diretto al bar del locale.


Questo capitolo non è molto, non sono nemmeno completamente soddisfatta di come l'ho scritto, prendetevela con gli schemi di biologia che ho dovuto fare.
Nel prossimo capitolo ci sarà un po' di movimento, promesso!
Cosa succederà tra i nostri gay non tanto ingenui? Si accettano scommesse.
Spero che la storia stia soddisfando le vostre aspettative.

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