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Yoongi se n'era andato a Seoul per seguire il proprio sogno e Jungkook, in un certo senso, avvertiva la sua mancanza.
Qualche volta gli capitava di camminare davanti a quello che una volta era stato il suo negozio di tatuaggi che ora era vuoto e spento, con un grande cartello con scritto "VENDESI" e un moto di nostalgia s'impossessava di lui, insieme alla rabbia nei confronti di Jimin, che, a giudicare da quello che gli aveva detto Yoongi, aveva parlato con il fratello, magari supplicandolo di dirgli che era pentito di quello che aveva fatto, nella speranza che avrebbe ascoltato Yoongi, di cui si fidava.

Jungkook sapeva che probabilmente quella situazione imbarazzante che si era creata nella stanza di Yoongi aveva fatto ingelosire Jimin, ma non pareva ancora sufficiente per il moro, aveva bisogno di altro tempo per pensare di perdonarlo, anche se in quel momento era così confuso che non era in grado di ragionare correttamente.

Era riuscito a superare tre settimane senza Jimin, tre settimane senza la paura costante di venire tradito con la gemella, tre settimane serene. Forse era Jimin la tempesta che tormentava il suo mare calmo: doveva liberarsi di lui.

L'unica occasione in cui era costretto ad interagire con il maggiore erano gli allenamenti di basket, dove Jimin cercava di rivolgergli senza risultato la parola, mentre lui si isolava completamente dal castano, ignorandolo.

A volte, quando era steso sul letto nelle sue lunghe sessioni di contemplazioni del soffitto, capitava che si perdesse a ricordare i momenti passati con Jimin, ma ogni volta che accadeva sentiva la malinconia pervaderlo e si imponeva di gettare quei ricordi del dimenticatoio.
Jungkook era arrivato alla conclusione che meno tempo avrebbe passato con Jimin e meno gli avrebbero fatto male i ricordi, così decise che sarebbe stato meglio lasciare la squadra di basket per allontanarsi da quel ragazzo che aveva reso la sua vita un vero e proprio dedalo.

Un sabato pomeriggio, dopo gli allenamenti, Jungkook aspettò che tutti i suoi compagni se ne fossero andati per poter raggiungere il coach che stava compilando la sua immancabile tabella per tener conto degli esercizi che aveva fatto svolgere in vista della prossima partita di campionato.

Il moro si morse il labbro inferiore, sistemandosi il borsone sulle spalle e prendendo un bel respiro mentre, a grandi falcate, raggiungeva l'allenatore.

Jungkook aveva iniziato a giocare a basket come scherzo, mandato dalla sorella per cercare di farlo diventare amico di Jimin e avere più possibilità con lui.
Yuri era riuscita nel suo intento, ma le cose erano sfuggite di mano e, senza ombra di dubbio, se Jungkook non avesse iniziato a giocare a basket, molti dei suoi problemi non sarebbero nemmeno sorti.

L'allenatore era uno dei professori di educazione fisica del liceo, un uomo sulla quarantina, con capelli corvini e un amore smisurato per le tute e i cappellini che, a lungo andare, lo avrebbero fatto diventare pelato.
Non appena l'uomo alzò lo sguardo dalle scartoffie che stava compilando, incontrò quello titubante di Jungkook, intuendo immediatamente che qualcosa non andava.
Gli sorrise comunque, dandogli una pacca sulla spalla.

« Ciao Jungkook, cosa ci fai qui? Qualcosa non va? » Il ragazzo annuì, sospirando subito dopo.
« Voglio lasciare la squadra. »

Il coach lo guardò con le labbra schiuse, non aspettandosi un'affermazione del genere e fatta con così tanta sicurezza.
Il cuore di Jungkook martellava nel suo petto, i battiti si propagavano fino ai timpani, facendo giungere ovattata la voce dell'uomo.

« Jungkook, ne sei sicuro? Stai andando così bene, sei un giocatore importante per la squadra. Se c'è qualcosa che non va con i compagni ti basta dirlo e lo risolveremo. »

Il moro scosse la testa, accennando un sorriso che vacillò non appena prese di nuovo la parola.
« Mollo per... problemi personali che mi impediscono di venire agli allenamenti e alle partite. »

LOVE MATCH - JIKOOK ✓✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora