1° Voce Fuori Campo

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Salve ragazze, in questa storia ho deciso di fare da voce narrante, per raccontare in sincronia gli stati d'animo dei diversi personaggi presenti, i quali sono ispirati ai concorrenti della precedente edizione di Amici. Spero vi piaccia anche questa storia. È un po' diversa dalle altre, non la farò diventare pensate con la 'condizione' di Carmen, ma infondo dai, l'amore è amore.

Nero, vedeva tutto nero. La sua vita non aveva colore, era la solita maledetta routine, non riusciva a fare granché quando viveva a casa dei genitori, grazie al cielo si rese conto con l'aiuto della sua migliore amica che la sua vita non poteva svolgersi in una campana di vetro costruita intorno, doveva vivere e fare esperienza come tutti i ragazzi della sua età. Doveva essere indipendente e non stare a piangersi addosso, non aspettare il pranzo cucinato e imboccato, i vestiti lavati e piegati nell'armadio. Era adulta, toccava a lei e anche se avrebbe avuto più difficoltà degli altri, c'è l'avrebbe fatta. Anche se era cieca, Carmen doveva provare ad avere una vita normale.

"Emma! Nicole! La colazione è pronta!" urlò Carmen dalla cucina, aveva messo a tavola biscotti, marmellata e latte, ormai sapeva i posti precisi dove erano poggiate le varie cose, e si era abituata a usare il senso del tatto per capire cosa aveva fra le mani, "ragazze ho un sonno assurdo" Emma entrò nella stanza stiracchiandosi, Nicole invece era già vestita e pronta ad uscire "ragazze io scappo che ho un appuntamento importante, ci vediamo dopo!" schioccò un bacio veloce a Carmen e uscì di corsa dalla casa.

"Ma dove va sempre di corsa?" domandò Emma alla bionda davanti a se "a lavoro, cosa che dovresti fare anche tu" la sgridò Carmen che non potè vedere la linguaccia affettuosa che le fece l'amica "guarda che lo so che mi fai le facce!" strinse le braccia al petto la biondina "ma...ci vedi?" chiese quasi stupita Emma da come la ragazza sapesse a memoria i suoi giochi "ti ricordo che ti conosco a memoria da quando eravamo piccole e ci vedevo ancora" aggiunse poi una bella smorfia anche lei, e con il suo fidato bastone si diresse verso il bagno.

Carmen non usciva quasi mai da casa, aveva lasciato casa dei genitori per andare a vivere nell'immenso appartenuto della sua migliore amica Nicole, che per quel periodo ospitava Emma, una vecchia compagna di classe che ora faceva la modella. Era stato un trauma per la mamma di Carmen lasciar andare via la figlia da poco invalida, ma la ragazza aveva vissuto quasi 2 anni sotto stretta sorveglianza della madre che la faceva stare sdraiata a casa, era ora di reagire, fu scossa da Nicole e tirata fuori dal baratro.

Nicole le era stata vicina da sempre e sperava in piccoli miglioramenti dell'amica, si erano conosciute all'asilo ed erano inseparabili. Nicole era un'assistente sociale, si era laureata da poco e già lavorava. Carmen aveva lasciato la scuola da diversi anni e aveva iniziato da qualche mese a studiare in casa per prendere il diploma abbandonato per strada.

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"Salve buongiorno sono l'assistente sociale" Nicole diede la mano a quella strana coppia che la fissava terrorizzata "e tu devi essere Lauren, vero?" chiese poi alla ragazza mora alla sinistra della sua mamma adottiva, Lauren però non rispose, rimase immobile a guardare Nicole come se tutto il mondo intorno fosse estraneo a lei "signorina Nicole, io e mio marito siamo qui perché purtroppo non riusciamo a prenderci cura di Lauren" la donna parlò con una freddezza disarmante "emh signori Valsecchi io capisco che sia difficile prendersi cura di un'adolescente ma la ragazza è venuta via con voi meno di un mese fa, voi capir-" "no! Noi non capiamo, l'abbiamo presa in affidamento come prova, bene questa prova è andata male!" urlò la donna interrompendo Nicole che guardava la ragazzina al fianco di quei due individui che evidentemente l'avevano scambiata per un pacco e non per un essere umano da accudire e proteggere. Si prendessero un peluche!

" Bene, signori Valsecchi, dovrete firmare dei documenti per annullare la richiesta di affid-" "signorina forse non ha capito" sta volta intervenne il marito "noi vogliamo un altro bambino, non lei" a quelle parole rimase sbigottita, cioè quale essere umano tratterebbe così una ragazzina di 17 anni? Parlare così con lei presente, a Lauren le si umidirono gli occhi, aveva le braccia conserte, scosse la testa e si alzò, prendendo il piccolo borsone sotto ai suoi piedi "Lauren aspetta fuori io, io ti raggiungo subito" disse Nicole mostrandole un piccolo sorriso ma Lauren uscì dalla porta senza neanche mostrare un'espressione umana.

Nicole stava leggendo il dossier che riguardava la corvina seduta fuori, era stata affidata a 3 famiglie, era una ragazza chiusa e con tanta rabbia repressa, i 'genitori' acquisiti la 'rimandavano' indietro perché non sapevano gestirla, sarebbe dovuta rimanere in istituto ora, nessuno avrebbe facilmente fatto richiesta per una ragazza così grande ormai, a breve avrebbe compiuti 18 anni e chissà dove sarebbe finita.

"Lauren ciao, allora vieni ti mostro camera tua" disse la ragazza dagli occhi celesti, Lauren la fissò per qualche istante e si alzò mettendo in spalla la sacca "hai poca roba vedo" "si, nessuno mi ha mai comprato vestiti, di solito mi prendevano in casa mostrandomi ai loro amici e parenti, come una sorta di trofeo, ma subito dopo aver provato a parlare con me diventano freddi e non mi hanno mai portata a fare compere" lo disse quasi come se fosse una cosa di routine, forse gli assistenti sociali dovevano stare più attenti a selezionare le coppie. Nessuno si era mai preoccupato di dare una possibilità a questa ragazza così spaesata.

"Eccoci, purtroppo non è il massimo ma è pur sempre un tetto sulla testa" "grazie mille, ora vorrei restare sola" si distese sul letto sospirando forte "oh tra poco dovrebbe esserci il pranzo" cercò di invogliarla Nicole "non ho fame grazie, credo dormirò" e chiuse gli occhi. A Nicole le si strinse il cuore, sapeva che Lauren non avrebbe avuto possibilità di adozione e che sarebbe rimasta sola, si sentiva così in colpa per quei casi che erano destinati a non avere un lieto fine. Chiuse la porta e si appoggiò ad essa, sospirò rumorosamente e una lacrima le rigò la guancia. Non era da molto che faceva questo lavoro, ma già aveva visto troppe ingiustizie.

Gli occhi della pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora