We Can Work It Out

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  Tony Stark non era quel tipo di persona che tollerava i ritardi, ma decisamente non era uno che arrivava puntuale quando invece avrebbe dovuto

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  Tony Stark non era quel tipo di persona che tollerava i ritardi, ma decisamente non era uno che arrivava puntuale quando invece avrebbe dovuto. Il motivo? Non era chiaro nemmeno a lui, ma era fermamente convinto che, facendosi desiderare, avrebbe ottenuto più consensi di chiunque altro. Per questo suo padre si arrabbiava sempre un casino, quando lo vedeva varcare la soglia della sala riunioni dello S.H.I.E.L.D., a cose ormai fatte. Tony gli rispondeva sempre che tanto, dopotutto, presenziare o meno a quelle pagliacciate, per lui non faceva alcuna differenza. Figurarsi per loro.

  Suo padre, come sempre, gli rispondeva che faceva eccome, la differenza, ma non gli spiegava mai il perché. Non che gli interessasse, comunque.

  Quel giorno faceva un sacco caldo, per essere metà aprile e, tra le altre sventure, era costretto a prendere parte ad uno delle tante, noiose riunioni che vedevano gli Avengers riuniti in una sala a decidere cose per il destino del mondo. Tony non era un vendicatore, ma era comunque un tassello importante della società. Tutto perché era un genio, e non lo si poteva negare di certo. Aveva diciassette anni e già era in grado di costruire e progettare qualsiasi cosa gli Avengers e lo S.H.I.E.L.D. gli chiedessero: armi, tute, armature, dispositivi di qualunque tipo. E gongolava... oh, se gongolava, quando gli facevano tanti di quei complimenti da metterlo quasi ko.

  Salì le scale che lo avrebbero portato alla porta a vetri che ospitava l'ingresso del quartier generale. Aveva fatto un pisolino sull'autobus, perdendo un paio di fermate, per cui il suo era un ritardo osceno, utilizzando una delle espressioni più frequenti di suo padre. Doveva avere un aspetto orribile, ma non gli interessava un granché. Avrebbe dato il suo inutile voto a qualunque cosa esso fosse servito, e poi sarebbe tornato a casa. Tutto lì. Come sempre.

  Si lasciò sfuggire un lungo sbadiglio, scocciato, prima che la porta d'ingresso si spalancasse e un tornado in giacca verde e capelli castani lo travolgesse, letteralmente. Mentre si aggrappava alla maniglia della porta per non cadere, vide schizzare via quella figura che iniziò a scendere i gradini a due a due, per poi sparire dietro al cancello d'entrata, di corsa. Un senso di familiarità lo avvolse, per poi rendersi conto che era davvero troppo in ritardo per soffermarsi su quel dettaglio e, infine, entrò.

  Il grosso atrio, davvero troppo fatiscente per i suoi gusti, era gelido. La temperatura di quel posto era sempre scioccante, a dire il vero. Sia in estate che in inverno. Non si sarebbe mai abituato. Si trascinò svogliatamente fino alla porta della sala riunioni e, prima che potesse aprirla, una mano si posò sulla sua spalla. Rischiò l'infarto al miocardio, per la seconda volta.

  «Come al solito sei in perfetto orario per la chiusura delle riunioni, Tony», lo redarguì una voce familiare, e fu felice che non fosse quella di suo padre.

  Sbuffò. «Ho perso l'autobus.»

  Nick Fury gli sorrise, troppo consapevole. L'uomo sospirò e si portò le mani dietro la schiena. «Esattamente come la scorsa settimana. Tuo padre è furibondo, sai? Ha provato a telefonarti non so quante volte. Hai un autista personale, perché non sei venuto con lui?»

You Say Goodbye, I Say Hello [ Young!Starker - Tony/Peter -WINNER WATTYS 2020 ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora