Capitolo 7

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Dopo quel loro incontro al bar, sembrava che tutto stesse tornando lentamente alla normalità.

Damian, la mattina seguente, si svegliò e non si era mai sentito più bene come in quel momento: una volta fuori dal letto si stiracchiò per togliersi di dosso il torpore delle lenzuola e si avviò verso il bagno per farsi una doccia e poi prepararsi per andare al lavoro.

La chiacchierata con Andrea aveva avuto i suoi frutti: oltre ad aver chiarito gli screzi che ultimamente c'erano stati tra di loro, avevano stilato un piano d'azione per proseguire al meglio le indagini.

Dato che ora avevano più o meno un'idea del profilo psicologico del killer—seppur non fosse ancora confermata—quella mattina si sarebbero recati dal loro capo, il signor Peterson, per fare rapporto sugli ultimi sviluppi del caso.

Era più una formalità, che altro: il loro obbiettivo era quello di interrogare l'ex ragazzo di Victoria, Killian Gauthier, di cui non aveva solo il nome ma anche l'indirizzo della sua abitazione trovato grazie al sito dell'FBI.

Andrea si era complimentato con lui per il buon lavoro svolto ed entrambi erano entusiasti di riprendere ad investigare insieme.

Tutto stava andando bene e si sentiva davvero carico per affrontare la giornata.

Una volta che si fu vestito uscì di casa e si affrettò a raggiungere la metropolitana, ed una volta dentro al mezzo di trasposto, inviò un messaggio ad Andrea.

-Ehi Andry, sei già arrivato oppure ci vediamo al bar vicino l'ufficio per un caffè?-

La risposta non tardò ad arrivare.
-Ehi Dam! Nah, vediamoci in ufficio, la mia cazzo di lavatrice ha deciso di rompersi sta notte e sto cercando dei vestiti decenti da mettermi! Aspettami direttamente in centrale!-

Un leggero sorriso incurvò le labbra di Damian, che ridacchiò sommessamente alla lettura di quel messaggio.

Povero Andrea, per lui avere a che fare con gli elettrodomestici equivale ad una tortura, rifletté tra sé e sé, pensando a quanto il suo migliore amico detestasse fare le faccende di casa e l'unico motivo per il quale le eseguiva era per non ritrovarsi la casa immersa dai vestiti e piatti sporchi, altrimenti non avrebbe avuto alcun problema a lasciare la casa sempre a soqquadro.

Una volta sceso dalla metro e arrivato in centrale, salutò la segretaria all'entrata e poi si avviò con passo tranquillo verso l'ufficio che condivideva con Andrea: aprì la porta, posò il cappotto sull'appendi abiti, si sedette composto sulla sua poltrona girevole e attese.

Si prese quel lasso di tempo per riflettere sugli avvenimenti degli ultimi quindici giorni, da quando sentiva quegli strani sintomi, il caso e le indagini che sembravano ad un punto morto, quel giorno nel quale aveva aggredito Andrea —il solo pensiero gli provocava una stretta dolorosa al cuore— e anche a ciò che percepiva ora.

Avvertiva dentro di sé una sensazione di tranquillità che non aveva mai provato prima, si sentiva rilassato ma al tempo stesso pieno di energie: questa calma apparente, in realtà, lo inquietava un po' ma decise comunque di godersi questa ritrovata energia così come era arrivata e di non preoccuparsene.

Damian era talmente perso nei suoi pensieri, che non percepì neanche la camminata pesante e frettolosa di Andrea che irrompeva nell'edificio e nel suo ufficio, portandolo a sussultare quando la figura del suo migliore amico si presentò nel suo campo visivo.

-Ehi Andry!- lo salutò con voce tremula, alzandosi dalla poltrona per dargli una pacca sulla spalla.

Andrea corrucciò il viso, poiché non era da Damian ricercare un contatto umano, figuriamoci dare pacche amichevoli sulle spalle.

The Smell Of The ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora