Capitolo 10

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L'interrogatorio del barista Weston Bouchard stava andando avanti da una buona mezz'ora.

Il consulente —Silas Morgen— osservava attentamente la scena e scrutava il ragazzo che aveva davanti: percepiva ogni volta che il suo cuore accelerava o il respiro si spezzava, svelando stupore, paura o menzogne.

Damian era agguerrito, assetato di conoscenza: teneva il sospettato sotto torchio.
-Cristo, Buchard!- esclamò l'agente, battendo con forza il pugno sul bancone del bar, facendo tintinnare i bicchieri e le bottiglie che vi erano sopra.

Il ragazzo sobbalzò.
-Che cosa vuole ancora da me, agente? Le ho detto tutto ciò che sapevo!- tuonò in risposta.

Andrea roteò gli occhi e spense il mozzicone di sigaretta sul portacenere accanto a lui.
-Non dire cazzate, bello. Possiamo sbatterti dentro per un nonnulla data la zona dove lavori, sono stato chiaro? Ora, fai il bravo e non rompere il cazzo. Dicci ciò che sai- ribadì.

-Le ho detto ciò che so: Killian veniva qui, di tanto in tanto, con la sua ragazza Victoria. Eravamo buoni amici, diamine! Non le avrei mai fatto del male- rispose Weston.

Poi sospirò, sfinito, per il lavoro e per la situazione.
-Sentite, Killian mi dava solo un po' d'erba, ok? Non sono un assassino o un pervertito. Mi serve qualcosa per rilassarmi da tutto questo schifo- disse a mo' di spiegazione, indicando con la mano lo spazio dietro di loro: gente ubriaca che giocava; alcuni si spintonavano, altri parlavano e toccavano in modo osceno donne ridotte ancor peggio di loro.

Damian, frustrato, si passò una mano tra i capelli.

Di nuovo, un vicolo cieco.

Finché...

-Scusate se interrompo il vostro interrogatorio, agenti- iniziò Silas, il consulente alle indagini -Ma vorrei porre anch'io un paio di domande- disse con voce decisa, quasi perentorio.

Andrea annuì immediatamente, Damian invece gli scoccò un'occhiata titubante: non si fidava molto di quell'uomo; ogni singola cellula del suo corpo vibrava quando lui proferiva parola e l'agente si domandava ancora come diavolo potesse causargli questo strano effetto.

Era snervante.

Sbuffò e grugnì una risposta d'assenso.
-Va bene, Morgen. Vediamo che sai fare- lo schernì, prendendo poi un sorso dalla sua birra.

Silas li ringraziò con un cenno del capo, come un gesto d'altri tempi: si sbottonò il cappotto, e dopo esserselo sfilato di dosso, lo poggiò sopra uno sgabello accanto al bancone.

Si schiarì la voce e, dopo che i due agenti gli ebbero fatto spazio in modo tale che si potesse trovare di fronte al sospettato, i suoi occhi d'ambra si incatenarono a quelli azzurri del giovane: il ragazzo assunse un'espressione dura, corrugando le sopracciglia e cercando di intimidire l'uomo davanti a sé.

Silas sbuffò inevitabilmente una risata: ridicolo, vuole provare davvero ad intimidirmi? pensò.

-Signor Buchard, come lei sostiene, la notte nella quale la signorina Victoria è stata brutalmente assassinata, lei era qui. Giusto?- domandò.

La sua voce risultò morbida e vellutata alle orecchie del giovane barista.
-S-sì. Esatto- rispose, un po' incerto.
Un lieve sorriso incurvò leggermente le labbra del consulente.

-Bene. Ora mi dica, è possibile trovare i dei testimoni, per questo? Oppure devo indagare per conto mio?- riprese.

Il giovane si passò con fare agitato e nervoso una mano tra i cortissimi capelli biondi.
-No, ma vede, glielo giuro! Io ero qui. E lei, poi! Come si permette di insinuare che io stia mentendo?!- esclamò di colpo, urlando contro il viso di Silas, che però non si scompose affatto.

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