REGOLA N° 1

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 “Come diceva Zarathustra: nella vita, che tu cammini e ti muovi, o siedi e aspetti, prima o poi uno stronzo lo incontri.” 

 

Non vi credo se mi dite che nessuna non vi ha mai detto che le piacciono i "cattivi ragazzi",quelli da una botta e via e con un alone di ragazze ai loro piedi, anzi secondo me piacciono anche alla maggior parte di voi. E quante volte avete sentito ragazze dire di essere incartate con un classico stronzo?

Una, per esempio, sono io.

Mi chiamo Millicent, ma preferisco essere chiamata Miles,nonostante sia un nome da maschio. Vivo a Sydney da quando sono nata, ovvero diciassette anni, e frequento il Norwest Christian College, nonostante io di cristiano non abbia proprio nulla, anzi i miei amici mi chiamano l’anticristo e poi, di solito, vicino aggiungono qualche sostantivo, per esempio, l’anticristo della cucina.

Sono la tipica ragazza non troppo goffa, ma neanche troppo sexy,mi definisco nella media, con i capelli castani che sfociano sotto le spalle, sfumando nel biondo, e gli occhi azzurri, con le leggere lentiggini che mi decorano, solo d’estate, le gote, mai sprovviste del blush roseo, come le labbra gonfie e carnose mai nude del loro amatissimo rossetto che decido a giornate, a seconda di come mi sveglio.

Io mi credo nella media, ma non lo sono, almeno questo mi dicono.

Mi dicono che i miei occhi hanno qualcosa di speciale, come le mie guancie piene e sempre incise dai sorrisi che gli amici mi donano, poi il mio modo di vestire e di rivolgermi agli altri in mille modi diversi ma sempre con spontaneità e leggerezza, mi rende davvero un tipo a parte, ma non me ne rendo conto, perché io, come tutti, mi vedo una ragazza normale, con niente di più e niente di me.

Una ragazza gentile.

Ma,in realtà, non lo sono, ed ogni giorno me ne convinco sempre di più.

Sono  lì, seduta sul quel bancone da lavoro mentre guardo la mia migliore amica, Phoebe, destreggiarsi tra i pulsanti della yogurteria e pasticceria dove lavoriamo da non troppo tempo, giusto per permetterci le Vans da noi sempre venerate, anche se “lavoriamo” è dire davvero troppo.

Non è mai davvero frequentato quel posto, giusto da tre, massimo quattro, gruppi di ragazzini in cerca del loro gelato prematuro rispetto all’estate, per questo ci perdiamo nei meandri della nostra amicizia e delle porcherie che Phoebe consuma con il suo fidanzato e si ostina a raccontarmi.

Io sono gentile, ma fino a un certo punto: non sono vergine, anche se lo desidererei tanto: il mio fiore, come lo chiamo, mi era stato portato via tempo prima, circa a quattordici anni, quando ancora la mia amica per la pelle era ignorante da quel punto di vista, mentre ora ne sa una più del diavolo.

Non amo parlare di quel ragazzo che prima m’ha derubata del mio cuore e poi me l’ha stracciato davanti le mie iridi chiare.

Il solito stronzo, per chiarire.

A dire il vero, anche pronunciare il suo nome mi fa venire i brividi e il ribrezzo.

“Quindi, ti stavo dicendo,- Phoebe riprende a parlare dopo aver ripreso fiato- l’altra sera sono andata da Josh e..”

“Fammi indovinare, stavolta l’avete fatto sulla lavatrice!” ridacchio  mentre dondolo le gambe avanti e dietro, sbattendo il tallone contro lo sportello del bancone e incurvando la schiena per non far cadere quel mio telefono, ridotto più a un prototipo in programmazione che ad uno a tutti gli effetti, visto il modo in cui si era ritrovato nudo, senza neanche la copertina per la batteria.

10 Regole per sopravvivere ad uno Stronzo. || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora