Si avvicinava l'estate che avrebbe preceduto il suo ultimo anno di liceo.
Louis al college non ci sarebbe andato. Non era uno studente brillante, e non gli importava. Non era come tutti gli altri, non sentiva quella frenesia di lasciare Jacksonville compiuti i diciotto ed inseguire mirabolanti avventure. Louis viveva nelle vite di eroi ed eroine nati dalla penna di qualcun altro. Era semplicemente troppo pigro per crearsi le proprie. Louis viveva mille vite, ed era felice. O serenamente rassegnato. Non faceva molta differenza.
Quell'estate, suonata l'ultima campanella, Louis l'avrebbe trascorsa come quella precedente. La mattina alla tavola calda ed il pomeriggio giù al fiume, alle pendici della collina, la schiena poggiata ad un salice ed un libro aperto fra le gambe. Aveva iniziato anche a portare con sé una penna per appuntarsi sulle mani o sulle braccia le parole che più gli piacevano. Louis era strambo. Lo sapeva.
Ma l'estate non era ancora arrivata e maggio sembrava non finire mai. Le giornate erano calde ma non abbastanza, lunghe ma non abbastanza, gli esami di fine trimestre una spada di Damocle sulla sua testa.Louis aspettava lo scuola bus poco lontano da casa, gli occhi appiccicaticci di sonno ed il retrogusto amaro del caffè che indugiava sulla lingua.
Quando salì a bordo ed incrociò lo sguardo di Mary Beth, qualcuno gli fece un mezzo sgambetto e per poco non ruzzolò nello stretto corridoio dell'autobus. Si resse ad un sedile, soffiandosi via la frangetta cascatagli sugli occhi. Non ascoltò le risatine che lo circondarono, né si prese la briga di individuare il colpevole. Non gli importava.
Si sedette accanto alla ragazza che gli riservava il posto da un paio d'anni a quella parte e sospirò.
"Non farci caso," gli disse, e Louis alzò le spalle. Non ci faceva mai caso.
L'autobus era appena ripartito quando uno, due, tre furgoncini sfilarono loro accanto lungo la strada principale. Si levò un coro di voci fra gli studenti, tutti gli sguardi rivolti alle loro spalle.
"Hai visto?" Chiese Mary Beth, i suoi occhi scuri diretti alle colline.
"Lou?"
Louis aveva già un libro aperto fra le mani, e i suoi, di occhi, guardavano in basso, scorrendo fra le parole. Solo il gomito puntuto della ragazza dritto nel costato lo costrinse ad alzare la testa.
"Hai visto?" Domandò ancora.
"Cosa?" Chiese, un'espressione annoiata sul viso.
"Quei furgoni," rispose Mary Beth esasperata. "Credi che si stia trasferendo qualcuno nella casa maledetta?"
Louis inarcò le labbra ed aggrottò le sopracciglia. Maledetta. Prese la penna dalla tasca e si appuntò la parola sul palmo della mano sinistra.
"Può darsi," disse finalmente, scrollando ancora le spalle, "è più di un anno che ci stanno lavorando".
"Chi?"
"Boh, delle persone. Stavano sistemando la casa."
Mary Beth sembrava tanto sorpresa quanto poco convinta.
"E tu come fai a saperlo?"
Louis fece spallucce di nuovo.
"Lo so e basta."
Con un sospiro Mary Beth si riaccomodò sullo schienale, scuotendo il capo. Louis riprese a leggere, non prima di lanciare un ultimo sguardo alla propria mano.
Maledetta."C'è il ballo di fine anno questo venerdì," aveva detto Mary Beth durante l'ora di pranzo, mentre Louis copiava i compiti di matematica che aveva dimenticato ancora una volta.
"Mmmh," aveva risposto il ragazzo, scribacchiando veloce. L'aveva sentita sospirare, ma non aveva alzato gli occhi dal foglio.
"Louis," sembrava ammonirlo con quella voce spazientita. Quando aveva finalmente incontrato il suo sguardo, Mary Beth non sembrava irritata, ma piena di speranze. Louis non le aveva mai soddisfatte. Si chiedeva spesso perché lei continuasse ad illudersi.
"Ci andiamo?"
"Dove?"
"Al ballo!"
"Ah."
Louis aveva mordicchiato il tappo della penna, prendendosi ancora qualche secondo. Poi aveva scrollato le spalle.
"Lo sai che non ci verrò," le aveva detto alla fine. E si era aspettato che lei lo lasciasse solo a quel tavolo in cortile, e invece no. Era rimasta seduta lì, gli occhi scuri bassi e forse un po' umidi.Adesso Louis ci pensava, sulla riva del fiume e l'ombra della collina alle spalle. Non è che Mary Beth non gli piacesse. Era carina. E profumava di vaniglia. Aveva i capelli morbidi. E profumavano anche quelli. Lo sapeva perché glieli aveva toccati, quando l'aveva baciata un anno prima. Era il compleanno di Stan e avevano organizzato quello stupido gioco. I sette minuti in paradiso erano stati cinque di mezze occhiate, dita che si arricciavano attorno ai capelli e sguardi bassi. Poi Louis si era stufato, voleva solo bersi un'altra birra ed uscire da quel ripostiglio. Magari andare a casa e finire il libro che doveva riportare in biblioteca.
Così l'aveva baciata. E gli era anche piaciuto. Mary Beth aveva le labbra morbide, e sapevano di frutta. Louis aveva sentito uno sfarfallio alla bocca dello stomaco quando aveva sentito la lingua di lei sulla propria, e aveva deciso che sì, gli piaceva baciare Mary Beth. Poi però i minuti erano scaduti, e non gli venne più in mente che avrebbe potuto continuare a baciarla. Era trascorso un anno intero, e mente lei sognava, lui continuava a deluderla. Non lo faceva con meschinità, era fatto così e basta. E poi se l'avesse baciata ancora lei gli avrebbe chiesto di uscire insieme, e tenersi per mano, e andare di qua, e andare di là...Louis non aveva mica tutto quel tempo. Stan e Lucas gli avevano detto che era pazzo, che la ragazza per qualche strana ragione moriva per lui e doveva approfittarne e bla bla bla. Troppe parole che Louis aveva smesso di ascoltare.
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Down by the River
FanfictionGeorgia, 1981. La placida cittadina di Jacksonville viene scombussolata dall'arrivo di un misterioso sconosciuto. Tutti mormorano, tutti insinuano. Non Louis. A Louis non importa un bel niente. È l'inizio dell'estate, e Louis vuole solo trascorrere...