Introduzione

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Sto camminando avanti e indietro in sala d'attesa, i secondi si trasformano in minuti e i minuti in ore. Non so da quanto tempo sto camminando o da quanto tempo sono qui, ma l'unica cosa che so e che sta passando un'eternità.
Finalmente, una dottoressa esce dalla stanza, le vado incontro: -"com'è andata? sta bene mia moglie?"-.
La dottoressa mi poggia una mano sull'avambraccio e mi guarda negli occhi. È inutile che mi dica qualcosa, penso, l'ho già capita guardandola.
-"È morta vero?"- la dottoressa non mi risponde -"la prego me lo dica! È morta?!"- le chiedo cercando di mantenere la calma.
-"Sì, mi dispiace"- a quelle parole il mio cuore va in frantumi, non so perché ma avevo quella piccola luce di speranza, ma è andata persa. Non mi rimane più niente....
La dottoressa mi guarda e aggiunge: -"però in compenso è nata sua figlia"-.
A quelle parole mi si gela il sangue, quella non è mia figlia, quella è un mostro che a ucciso l'unica donna che ho mai amato, non è mia figlia è un orribile mostro, la ucciderò! Sì, la ucciderò e lì sì che mi sentirò felice, solo allora. La dottoressa vedendomi pensieroso mi chiede: -"vuole vederla?"-.
Io le rispondo immediatamente:-"certo!"- prima potrò uccidere quel mostro meglio è.
La dottoressa mi fa strada, mi apre la porta e quando entro la chiude alle mie spalle andandosene.
La stanza è vuota tranne per una culla al centro, dentro c'è un neonato che piange e strilla. Eccolo il mostro che ha ucciso la mia amata, è solo colpa sua, tutta colpa sua.
Mi avvicino alla culla, passo dopo passo la mia sete cresce, ma appena la vedo. Ha gli occhi e il sorriso di sua madre. La prendo con cautela in braccio e piano piano il mio cuore si ricompone, pezzo per pezzo. Lei non è un mostro, è mia figlia, non nè può niente e io la terrò al sicuro.
La sollevo e lei smettendo di piangere mi guardò negli occhi.

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