Cap.1

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Cammino nella strada sterrata che porta al cancello immersa nei miei pensieri, mio padre mi ha detto di rimanere a casa ma non ne avevo voglia, d'altronde sono sua figlia, la figlia del diavolo, dovrebbe essere felice se trasgredisco le regole no?! E invece mi sa proprio di no, gli piace chi trasgredisce le regole ma non le sue..
Alzo la testa per vedere il solito cielo grigio, lo so che non è il vero cielo, ma anche questo ha la sua bellezza. Sento un rumore alle mie spalle, mi giro di scatto, in sto posto devo stare sempre attenta tra demoni, diavoli e anime non so chi sia peggio. Non vedendo nessuno mi rigiro e mi ritrovo una chimera davanti.
-"Enrico non è divertente"- gli dico oltrepassandolo, lui torna alla sua forma "umana" e mi raggiunge.
-"volevo solo spaventarti un po"- mi dice come scusa. Enrico è uno dei pochi amici che ho qui all'inferno, anche lui, come la maggior parte, mi ha visto nascere.
-"Allora dove vai così di corsa?"- mi chiede cercando di mettersi davanti per fermarmi.
-"vado al mondo di sopra, mi sono stufata di quest'aria di zolfo"- gli dico spingendolo di lato.
-"sai che tuo padre ti ha severamente vietato di andarci?"-
-"sì lo so, ma io non sono un demone leccaculo come te"- gli faccio un sorriso a trentadue denti e, con passo più deciso, continuo a camminare.
-"Hey, aspettami"- dice raggiungendomi -"io non sono un leccaculo, infatti te lo dimostrerò venendo con te"-.
-"Ok, ma non fare casini"- dico guardandolo.
-"tranquilla, non accadrà"-.
Detto questo prendiamo una delle tre vie che portano da Caronte, ultimamente l'inferno si è modernizzato e abbiamo aggiunto un ponte per non far scomodare demoni, diavoli e qualsiasi creatura in visita, mentre il traghetto è riservato alle anime.
Attraversiamo il ponte e ci troviamo davanti al cane a tre teste, gli passo davanti e lui mi scodinzola rimanendo col muso per terra, mentre quando passa Enrico gli ringhia guardandolo storto.
-"stupido cane"- borbotta Enrico.
Finalmente arriviamo al cancello, prendo un bel respiro e tiro fuori la collana che ho appesa al collo, chiudo gli occhi e dico il mio nome e cognome poi mi taglio sul dito con il ciondolo e faccio cadere una goccia di sangue sul cancello. Quest'ultimo con un tonfo secco si apre.
Mi giro verso Enrico: -"forza, andiamo"-
Lui senza esitare mi segue, passando con me attraverso il cancello.

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