La voce dei twenty one pilots risuonava nell'abitacolo della macchina di Federico e riempiva il silenzio che si era creato da quando avevano lasciato il parco per dirigersi a casa di Benjamin. Non era un silenzio imbarazzante o fastidioso, era quel genere di silenzio ricco di riflessioni in cui ognuno lascia all'altro il tempo per pensare e riorganizzare le idee. E in quel momento entrambi ne avevano bisogno, sapevano che il pomeriggio appena trascorso aveva un significato importante.
Benjamin si era sentito nudo davanti agli occhi di Federico, gli aveva mostrato tutta la sua vulnerabilità condividendo una parte della sua vita di cui nessuno era a conoscenza. Non era pentito, anzi si sentiva quasi rinato e non credeva che sarebbe stato possibile.
Per mesi aveva pensato che tenersi tutto dentro fosse la scelta giusta, era abituato in quel modo. Lui non parlava molto, preferiva ascoltare soprattutto perché spesso si sentiva un peso quando si sfogava con qualcuno ma con Federico non era successo, dopo un primo momento di indecisione era riuscito ad aprirsi e concedersi il coraggio di mostrare le proprie fragilità. Benjamin si sentiva fragile tra le braccia muscolose e tatuate di Federico ma non se ne vergognava, non più. Aveva deciso di usare le sue debolezze come un punto di forza e un trampolino di lancio per riprendere in mano la propria vita.
Federico, con le mani sul volante e gli occhi attenti rivolti verso la strada, rifletteva sulle sue sensazioni lasciandosi cullare dalla musica. Quando accostò la macchina sotto casa del moro si accertò che l'altro non avesse cambiato idea.
«Ben, sei sicuro di...»
«Si, sono sicuro Federico», lo interruppe prima che potesse continuare. Apprezzava che il biondo si preoccupasse ma dopo quel pomeriggio non aveva dubbi, voleva Federico nella sua vita. Sapeva che sarebbe stato difficile tornare a fidarsi di qualcuno ed era spaventato, non era certo di riuscire a lasciar sfumare le proprie insicurezze ma voleva provare a mettersi in gioco e voleva farlo per Federico. «Voglio stare un po' con te», precisò e sul volto del biondo comparve uno dei sorrisi più belli che Benjamin gli avesse mai visto.
«Scusa, la casa è un po' disordinata», disse il moro mentre la chiave girava nella toppa. «Disordinata come la mia vita», aggiunse entrando.
Il calore li avvolse e Federico si guardò intorno mentre Benjamin chiudeva la porta alle loro spalle. La scrivania era colma di libri, appunti e vari articoli di cancelleria, una tazza vuota era accanto al laptop e i cuscini bianchi e blu erano sparsi alla rinfusa sul divano.
«Se questo lo chiami disordine è perché non hai mai visto la camera del mio coinquilino», scherzò. «È davvero una bella casa», commentò. «Non ti senti solo in un appartamento così grande?», chiese.
«Si, molto», disse salendo le scale seguito da Federico. «Volevo un monolocale ma non ne ho trovato uno che fosse disponibile da subito quindi ho contattato il proprietario di questa casa ed è stato gentilissimo. All'inizio non sapevo quanto sarei rimasto e lui mi ha detto che avrei potuto decidere con calma», spiegò mostrando al biondo le altre stanze.
«E adesso hai deciso quanto tempo vuoi restare?», chiese cercando di non lasciar trasparire la sua preoccupazione. Non avevano ancora affrontato l'argomento e Federico temeva che Benjamin potesse partire per un nuovo viaggio, in quel caso per lui sarebbe stato un duro colpo. Non voleva perderlo.
«No, in realtà no», disse e notò la strana espressione del biondo, infatti si spiegò meglio. «Sono arrivato qui con l'idea di rimanere qualche giorno e poi ripartire per spostarmi in un'altra città ma appena sono atterrato e mi sono guardato intorno ho provato una piacevole sensazione di calma e tranquillità. Oslo mi fa sentire a casa e non avverto il bisogno di cambiare città, voglio restare qui», disse e notò Federico rilassarsi. «Per il momento non ti libererai di me», aggiunse scompigliando il suo ciuffo biondo.
Federico sorrise a quel contatto e dopo le parole del moro si sentì sollevato, conosceva Benjamin da poco ma la sua presenza era già diventata essenziale.
«Ti va di mangiare qualcosa?», chiese Benjamin.
«Sei bravo a cucinare?», si accertò prima di rispondere. L'altro si finse offeso e mise il broncio.
«Non ho mai avvelenato nessuno», rispose ridacchiando. «E di certo non voglio avvelenare te», disse dolcemente. «Altrimenti chi mi scarrozza da una parte all'altra della città?», aggiunse e rise osservando il volto incredulo del biondo.
«Sei incredibile», commentò pizzicandogli un fianco prima di lasciarsi contagiare dalla risata dell'altro. «Bibi, è bello vederti ridere», disse poco dopo, sfiorandogli una guancia con il dorso della mano.
Benjamin arrossì e rimase in silenzio. Avrebbe voluto dirgli che era merito suo se negli ultimi tempi era tornato a sorridere e a lasciarsi coinvolgere in una risata ma non lo fece, sentiva di essersi sbilanciato troppo con le parole e con i gesti.
I due tornarono in cucina e Federico si sedette sull'isola al centro della stanza mentre Benjamin armeggiava ai fornelli, tirando fuori pentole e ingredienti di vario genere. Si muoveva da una parte all'altra della cucina, concentrato come se fosse uno chef stellato.
«Cosa prepari di buono?», chiese curioso cercando di sbirciare sul tagliere in legno.
«Pollo al curry», rispose senza voltarsi. «Ti piace?», aggiunse continuando a tagliuzzare la carne.
«Si, molto», replicò e i suoi occhi indugiarono un po' troppo sul fondoschiena di Benjamin, perfettamente fasciato da un paio di skinny neri con gli strappi sulle ginocchia. «Posso fare qualcosa?», chiese raggiungendolo accanto al forno.
«Si grazie, potresti prendere i peperoni e le zucchine nel frigo», rispose. «E se ti va puoi aprire una bottiglia di vino rosso», aggiunse indicando l'apribottiglie nel cassetto aperto. Il biondo aprì la bottiglia e riempì due calici, porgendone uno a Benjamin.
«A cosa brindiamo?», chiese Federico guardandolo dritto negli occhi. Erano tornati a splendere, più belli che mai.
«Ai nuovi inizi», rispose senza esitare, facendo scontrare i loro bicchieri. Si scambiarono un sorriso poi Federico tornò a sedersi sul tavolo e Benjamin riprese a cucinare. Il profumo forte e deciso del curry riempiva la stanza ed entrambi avevano l'acquolina in bocca.
«Assaggia», disse il moro dieci minuti più tardi avvicinando il cucchiaio alle labbra del biondo. «Attento che scotta», aggiunse posizionandosi tra le sue gambe.
«È davvero buonissimo Ben», commentò entusiasta. «E io sto morendo di fame, se mi dici dove tieni le posate apparecchio mentre tu controlli i fornelli», propose e l'altro annuì. Sorrise osservando Federico che si muoveva nella sua cucina, nella sua casa. Gli piaceva averlo intorno e godere della sua compagnia, con lui stava bene. Bene per davvero.
I due mangiarono di gusto, commentando un programma alla TV e scherzando su qualsiasi cosa venisse loro in mente. Federico continuava a complimentarsi con Benjamin per la bontà del piatto e il moro gli aveva promesso di invitarlo a cena più spesso per fargli assaggiare le sue specialità ma soprattutto per passare altro tempo con lui.
«Federico, tu sei mai stato innamorato?», chiese Benjamin all'improvviso. Dopo la cena si erano spostati sul divano, il biondo era comodamente seduto con un cuscino dietro la schiena e lo guardò senza scomporsi.
«Una sola volta», rispose tranquillo. «Siamo stati insieme due anni, quando io vivevo a Roma per l'università. Stavamo bene ma lentamente il nostro rapporto si è sgretolato. Non so spiegarti come sia successo, forse non lo sappiamo neanche noi ma ciò che ci univa sembrava svanire giorno dopo giorno», spiegò. «Ci siamo lasciati qualche mese prima della mia partenza per la Norvegia, lui ora vive in America e ha realizzato il suo sogno. Non c'è rancore tra noi, è stato l'unico ragazzo con cui ho avuto una relazione seria ma non ho mai pensato che fosse l'amore della mia vita», aggiunse sincero. Non c'era traccia di tristezza nelle sue parole, la sua era semplice consapevolezza. Aveva amato quel ragazzo ma sapeva che non era la persona giusta, lo aveva capito e accettato tempo prima.
Benjamin non rispose così Federico accorciò le distanze e gli circondò le spalle con un braccio, facendogli appoggiare la testa sulla propria spalla.
«Scusa per oggi al parco», disse il moro a voce bassa dopo qualche minuto di silenzio.
«Per cosa ti stai scusando Ben? Non hai nulla di cui scusarti», replicò.
L'altro, leggermente a disagio, si morse il labbro e Federico avvertì un'incredibile voglia di fare sue quelle labbra rosee e carnose.
«Doveva essere una giornata rilassante e invece ti ho costretto ad ascoltare la mia storia deprimente», rispose sentendo affiorare i sensi di colpa, uno dopo l'altro. «Ho la sensazione di averti rovinato il pomeriggio», continuò. Voleva aggiungere altro ma Federico glielo impedì perché parlò prima di lui.
«Benjamin non hai rovinato niente, è vero che avevamo altri piani per oggi ma è un bene che tu sia riuscito a lasciarti andare con me», disse sfiorandogli un ginocchio e giocando con lo strappo dei suoi jeans. «Sai qual è la mia sensazione?», chiese e attese un cenno negativo prima di proseguire. Benjamin scosse il capo e lo guardò interrogativo.
«Sento che il pomeriggio di oggi ha segnato un nuovo inizio per il nostro rapporto», disse e sorrise incrociando i suoi occhi. «Non so dove ci porterà tutto questo ma voglio scoprirlo e voglio farlo insieme a te», aggiunse.
Benjamin sentì crollare un altro pezzo del muro che aveva intorno al cuore e un'altra delle sue barriere infrangersi.
«E allora scopriamolo», rispose dopo una manciata di secondi in cui aveva fissato Federico senza parlare.
I due rimasero sul divano l'uno accanto all'altro a guardare un film ma nessuno dei due lo stava seguendo, erano troppo impegnati a parlare e ad approfondire discorsi di ogni tipo, alcuni seri e altri più frivoli ma mai banali. Niente tra loro risultava banale o scontato e quando erano insieme, il tempo sembrava passare più in fretta del solito.
Quando l'orologio al polso di Federico suonò indicando la mezzanotte, il biondo sussultò incredulo.
«Non mi ero accorto che fosse già mezzanotte», commentò. «È meglio che vada», aggiunse alzandosi dal divano seguito dal moro che lo accompagnò alla porta. Entrambi erano fermi sulla soglia senza sapere bene cosa dirsi, tra loro si era creato un leggero imbarazzo e fu Benjamin a spezzarlo.
«Federico», disse e si morse il labbro. «Mi abbracci?», chiese in un sussurro. Federico incurvò le labbra in un sorriso e allargò le braccia.
«Vieni qui nano», rispose dolcemente e lo strinse a sé. Benjamin appoggiò la testa sulla sua spalla e strusciò il naso sul suo collo, respirando il suo profumo. Il biondo rabbrividì a quel contatto così delicato e gli scompigliò i capelli. Federico aveva sempre amato gli abbracci, credeva che in un gesto così semplice potessero nascondersi tante parole non dette e sensazioni forti ma con Benjamin tutto sembrava amplificato, non aveva mai provato niente di simile. Ne era certo, quelle braccia tatuate che lo stringevano come se fosse la cosa più bella del mondo sarebbero diventate il suo posto preferito.

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Your love lights up my life | Fenji
Hayran KurguBenjamin ha perso tutto e si trasferisce in Norvegia per ricominciare. In lui non c'è più traccia di quel ragazzo radioso e felice che sorrideva alla vita, non ha aspettative ma una sola certezza: non vuole più aprire il suo cuore a nessuno. Il des...