13. Amputazione di lingua con tronchesine.

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Capitolo 13. Amputazione di lingua con tronchesine.

**Harry**

Mi ignora completamente, scherza e ride con tutti, ma non con me. Cazzo, quanto è bella sporca di glassa sulla faccia, vorrei potermela fare ora, esattamente ora qui sul tavolino del suo soggiorno. Merda, me l'ha davvero fatto venire duro, mangiando una torta? Ho qualcosa che non va, forse è lei che ha qualcosa che non va. Ma mi piace quel qualcosa.

"B, possiamo parlare?" la interrompevo dal suo ennesimo tentativo di infilare la forchetta da dessert negli occhi del fratello. Ma ha veramente ventidue anni? Si voltò di scatto nella mia direzione per la prima volta dal nostro arrivo a casa sua, e mi penetrò con gli occhi. Sono io a volerti penetrare, bambina.

"Vaffanculo, ok. Ma una cosa veloce, fra venti minuti inizia American Horror Story." Ringhiava alzandosi dal divano e salendo rumorosamente le scale per accedere al piano superiore.

La seguì in silenzio con gli occhi degli altri fissi su di me. Probabilmente temono di non rivedermi mai più, o magari con un arto in meno, speriamo non la mia terza gamba, cazzo. Si bloccò davanti una porta in legno chiusa. Mi squadrò ancora un po' prima di lasciarmi entrare nella sua stanza. Pazzesca. Che camera. Non ho dubbi, è la donna per me. Un grande letto matrimoniale è attaccato al muro e una finestra è posta sopra la testata, un tavolino basso occupa un angolo della ampia stanza, dove fra codici e libri intravedo un posacenere stracolmo. Fuma troppo. La cosa che mi colpisce di più è senza dubbio il muro e soffitto di mattoni, pieno in ogni angolo di copertine di album, vecchie foto di band storiche. Beatles, Kiss, The Door. Una immensa libreria occupa metà stanza assieme a una cabina armadio. Non potei non notare una gigantografia di Travis Barker appiccicata accanto al letto. Sorrisi, pensando alla sua reazione se solo avesse saputo che l'avevo conosciuto e che ci avevo preso insieme una di quelle sbornie da non dimenticare mai.

"Che cazzo hai da ridere ragazzina?" grugnì sdraiata sul letto con una sigaretta stretta fra le labbra carnose.

"Niente. Solo Travis." Confessai indicando la foto formato reale. Storse il naso e buttò fuori il fumo.

"Non osare. Lui è l'uomo della mia vita" sibilò furente.

"No, che hai capito. L'ho conosciuto la scorsa estate, è un pazzo. Lo amo." Ammisi con sincerità, sorridendole.

Come previsto la sua faccia diventa paonazza e la sua bocca di spalanca, quanto vorrei poterla riempire.

"Non prendermi per culo." Disse scuotendo la chioma corvina stretta in una coda. Tirai fuori il mio telefono dalla tasca dei jeans con qualche fatica, selezionai la foto e glielo porsi.

I suoi occhi divennero ancora più grandi se possibile prima di tirarmi al volo l'iphone come fosse un pezzo di carne.

"Il fatto che tu conosca l'uomo della mia vita, la mia unica ossessione, non vuol dire che le cose fra me e te si siano aggiustate, coglione." Precisò sadica.

Non avevo speranze e lo sapevo bene, era una stronza patentata, me l'avrebbe fatta pagare in ogni modo.

"Senti, lo so di piacerti. E fra noi c'è chimica ,cazzo anche un cieco se ne accorgerebbe. Stare con me so che è davvero difficile, ma pensa seriamente, solo per un attimo, vale davvero la pena mettere fine a quegli orgasmi da paura solo perché stampano la mia faccia sulle t-shirt?" le chiesi imbronciato, potevo solo sperare che un extraterrestre venisse qui a Paddigton e la fulminasse con uno dei suoi raggi, facendole il lavaggio del cervello. Mi prese una mano e mi scaraventò sul letto accanto a lei. Quando pensai che mi stesse per spegnere in piena fronte la sigaretta ormai finta, rimasi piacevolmente sorpreso trovandola a cavalcioni su di me.

Diciassette modi per uccidere uno stronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora