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Anastasija Nikolaevna Romanova era sempre stata una ragazzina molto gelosa. Non possedeva chissà quali gioielli perché era ancora piccola e portarli le procurava disturbo e neanche alcun tipo di giocattolo estremamente particolare.
Lei era gelosa delle persone.
Era gelosa ad esempio del suo fratellino Aleksej, perché tutti al Palazzo volevano prendersi cura di lui. Questo le dava un fastidio enorme poiché voleva lei l'esclusiva nel dare affetto al suo unico fratello, malato per giunta.
Era gelosa poi anche di suo padre, talmente gelosa che quando qualcuno di importante si presentava al palazzo, lei faceva di tutto per stringere a sé il padre e marcare il territorio.
Così, quando sua sorella Marija dal nulla se ne spuntò con un semplice "Ieri notte Josh e Tyler parlavano davanti la nostra stanza." e un sorriso sulle labbra, Anastasija Nikolaevna Romanova capì che non sarebbe mai guarita dalla gelosia.
Josh era la sua guardia personale e più passavano i giorni e le settimane e più si affezionava a lui. Aleksej era il suo unico fratello, ma da quando il soldato era arrivato alla corte imperiale, aveva visto in lui un fratello maggiore mancato. Aveva Tat'jana e Ol'ga certamente, ma loro erano troppo impegnate a fare le donne mature di famiglia per dedicare del tempo alla piccola Anya.
Con Josh invece era diverso perché era in qualche modo costretto a passare un tempo infinito con lei. Parlavano di tutto quando erano insieme, da ciò che amavano fare a quello che pensavano della servitù del Palazzo, dalla cameriera troppo pettegola al cocchiere scorbutico.
In realtà qualcosa tra Tyler e Josh l'aveva già notata. Aveva potuto notare gli sguardi che si lanciavano non appena le lezioni finivano e il pianista usciva dalla porta, sorridendo al soldato che aspettava fuori. Aveva notato come gli occhi di Josh si illuminavano quando per sbaglio la piccola Anya nominava quel nome francese che, detto dal soldato stesso, aveva poesia dentro sé.
Non poteva tollerare che qualcun altro gli portasse via la sua guardia, il suo nuovo amico, il suo quasi fratello. L'odio per Tyler aumentò quindi in maniera spropositata, nonostante ne provasse già abbastanza per quei maledetti occhi marroni. Il solo pensiero che Josh era caduto per quegli occhi, la faceva impazzire.
Decise quindi di fare qualcosa.


5 Gennaio 1917, San Pietroburgo.

Vedi Harry, se c'era qualcosa che importava ai russi più della guerra, erano certamente le tradizioni. Potevano portare loro via qualsiasi cosa, la bella casa, i vestiti, tutto. Ma non gli usi e la cultura.
Per questo nel Gennaio del 1917, nonostante il popolo iniziasse ad agitarsi e a fermentare, il Natale venne festeggiato lo stesso.
Il Palazzo d'Inverno in particolare era diventato qualcosa di meraviglioso. La piccola Anastasija era così fiera di come la servitù aveva addobbato tutte le stanze. Oro, rosso e verde erano i colori principali che dominavano: vi erano festoni appesi ai muri e intorno ai quadri, ghirlande attaccate alla porte e fiocchi e fiocchetti disposti praticamente ovunque.
Ma la cosa che sorprendeva chiunque, anche chi viveva lì da diversi anni, era sempre e comunque l'albero nella sala da ballo. Era altissimo, enorme, quasi spaventoso. La sua maestosità era il simbolo della potenza dello zar di tutte le Russie che, ahimè, da lì a poche settimane, si sarebbe spenta per sempre.
Anastasija il 5 Gennaio, ben due giorni prima del Natale, aveva già posizionato i regali per la sua famiglia sotto l'albero, sedendosi là davanti per circa un'ora ad ammirare ogni singola decorazione, che fosse un angioletto dorato o una palla rossa lucida che rifletteva il suo dolce visino.
La piccola Anya aveva sempre amato il Natale e non per il lato materiale della tradizione, ma perché era l'unico momento dell'anno in cui la sua famiglia stava veramente insieme. Era forse l'unico giorno in cui la fredda e distaccata Aleksandra sorrideva sinceramente.
La gioia di Anastasija per quella festa era immensa, tanto che da diversi giorni non si preoccupava più di nulla, né della guerra fuori, né della salute cagionevole del piccolo Alekseij, né di Josh e Tyler. O almeno così pensava fino a quando, proprio il 5 Gennaio, il soldato dagli occhi verdi come l'albero nella sala da ballo non le chiese "Anastasija andiamo fuori a fare un pupazzo di neve? Viene anche Tyler."
Forse per la prima volta in vita sua, la gelosia superò persino la gioia per il Natale imminente.

***

Tyler non amava molto il Natale. Ogni anno era costretto a passarlo fuori, in chissà quale città lontano dalle sua sorelle e da sua madre. Questo lo faceva soffrire molto, sentiva ogni giorno sempre più la mancanza della sua famiglia, ma il lavoro era più importante, o almeno lo diventava se esso serviva mandare avanti baracca e burattini.
In quei giorni freddissimi di fine Dicembre e inizio Gennaio, Tyler camminava come se fosse un fantasma. Non rivolgeva la parola a nessuno, teneva gli occhi bassi per non fare vedere al mondo che in realtà erano tristi. Durante le lezioni, non si disperava neanche più di tanto appresso alla piccola Anya, né mostrava chissà quale eccitazione per una scala ben fatta da parte di Marija. Con Josh poi, non si erano neanche visti più di tanto, solo qualche sguardo fugace e basta.
Quella mattina del 5 Gennaio però ebbe la fortuna di scontrarsi direttamente con lui, a causa dei suoi occhi sempre bassi.
"Scus-" mormorò, prima di alzare la testa e incontrare quegli occhi meravigliosi in cui ormai si stava abituando a perdersi. Un labirinto meraviglioso di dolci ricordi, come le labbra del soldato sulla sua pelle, la bocca sorridente, i ricci al chiaro di luna. "Josh!" esclamò, avvampando come sempre.
"Buongiorno pianista." disse il moro, sorridendogli apertamente e bloccando con la mano il polso dell'altro, così da non farlo andare troppo lontano da lui. "Come stai?"
"B-Bene." rispose fin troppo in fretta Tyler, mentre il lembo di pelle toccato da Josh si scottava come carne al fuoco. Il soldato lo guardò corrucciato, avvicinandosi più del dovuto e appoggiando la sua fronte contro quella del pianista.
"I tuoi occhi dicono tutt'altro." affermò, spostando le sue mani dietro la schiena dell'altro, in un dolce abbraccio che fece tremare Tyler più del solito.
Proprio per questo lo spinse via, con tanta forza quanta era la paura che aveva dentro. "Tu non li conosci i miei occhi." rispose anche, indietreggiando di qualche passo ed evitando lo sguardo del riccio che, deluso dal gesto di allontanamento del ragazzo, aveva perso il suo sorriso.
"Sei tu che non mi permetti di conoscerli."
Tyler non seppe come rispondere dopo quella affermazione. Aveva capito ormai che Josh in qualche modo voleva approfondire quell'amicizia nata dal caso, ma dentro sé era consapevole che se lui non si fosse sbloccato, il riccio presto o tardi avrebbe mollato tutto.
Ed era questo quello che voleva Tyler? Non lo sapeva neanche lui. Si stava affezionando a quel soldato, al suo profumo e al tocco delle labbra sulla pelle, ma aveva così paura di quel rapporto che ogni volta riusciva a rovinare tutto. Aveva paura di ferirlo col suo carattere difficile, con il suo blocco mentale, col suo cuore freddo come un ghiacciaio. E non poteva permettere di fare del male a Josh che era diventato il suo sole, il suo sorriso e il calore che provava all'incirca dove si trova il petto.
"Stavo andando da Anya a chiederle se volesse uscire fuori a giocare con la neve. Ti va di venire?" Il soldato interruppe i pensieri del ragazzo che, sorpreso da quell'invito nonostante la conversazione appena avuta, non poté fare a meno di annuire debolmente, mentre si voltava per andare a prendere il cappotto pesante. "Ti aspetto all'entrata." fu l'ultima cosa che sentì prima di girare l'angolo.

sinfobie | joshlerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora