"A che pensi adesso Tyler?" aveva richiesto Josh, abbracciandolo dopo l'orgasmo appena avuto. Gli carezzò le guance arrossate, facendolo scendere dal pianoforte senza mai lasciarlo.
"Voglio andare a Mosca. E anche in Francia e in America." rispose il pianista, baciandolo a fior di labbra. "Voglio andare ovunque, con te."
"Ti porterò ovunque." gli sorrise il soldato, staccandosi da lui per cercare i propri abiti, lanciati chissà dove nella foga del momento vissuto poco prima.
Si rivestirono in silenzio, senza mai staccarsi gli occhi di dosso, senza smettere di sorridersi l'un l'altro, senza smettere di appartenersi anche a distanza.
Non appena il soldato infilò l'ultimo bottone nell'ultima asola della camicia, si avvicinò nuovamente a Tyler, prendendogli la mano e stringendola con forza e delicatezza allo stesso tempo, giocherellando quelle dita di cui il ricordo sul suo corpo era ancora freschissimo.
"Vai a fare la valigia, io vado a salutare Anastasija. Non posso fuggire senza salutarla." gli disse, baciandogli una tempia. Tyler gli sistemò il colletto della camicia annuendo a quelle parole. Josh e Anya avevano sempre avuto un ottimo rapporto ed era normale che il riccio avesse il desiderio di dirle addio, prima della loro fuga d'amore. Tremò a quel pensiero perché aveva tantissima paura. Ma finché era con Josh, tutto sarebbe andato bene.
"Dille da parte mia che è stata l'alunna più cocciuta che io abbia mai avuto."
Sospirò, ripensando a tutte le lezioni passate con la granduchessa, a tutti i suoi bronci e ai suoi dispetti e poi sorrise, aggiungendo "E che le voglio bene.".
Josh lo baciò, mordendogli piano le labbra e chiedendo per l'ennesima volta l'accesso alla sua bocca, che però gli fu negato. "Vai a salutarla." gli ordinò, spingendolo lontano, per poi riavvicinarlo a sé, tirando quella camicia logora di ricordi. "Però prima promettimi che tornerai presto da me."
Una frase sincera che suonava di più come una preghiera, proveniente dal cuore di Tyler senza fermate o ritardi, una richiesta che arrivò ad Josh come la più bella promessa da dover mantenere.
Il soldato gli baciò la fronte, poi le palpebre e il naso, poi le labbra e il mento.
"Ti amo." rispose, promettendo non solo di tornare presto, ma di restargli accanto per sempre, a proteggerlo, come i migliori dei soldati dell'esercito dell'amore.
Si staccarono controvoglia, salutandosi un'ultima volta con uno scontro lieve di labbra per poi separare le loro strade, una verso una valigia da preparare, una verso la piccola Anastasija.
26 Ottobre 1917, San Pietroburgo. Ore 00:30.Camminando tra i lunghi corridoi del Palazzo che sembravano labirinti, Josh notò che era successo qualcosa. Di solito a quell'ora della notte c'erano solo poche persone in giro, solo qualche cameriere e qualche guardia di turno. Quella notte invece c'era un via vai di servi e soldati, chi correva, chi portava tra le mani una quantità enorme di vestiti. Senza pensarci più di tanto, il soldato corse verso la camera delle piccole granduchesse, sperando che Anastasija fosse ancora sveglia.
Ma la verità era che in quella stanza, tutta la famiglia Romanov, meno lo zar, era riunita in un religioso silenzio che spaventò Josh. Nell'enorme stanza affollata dalla famiglia imperiale e da qualche guardia, c'era così tanta tensione che il soldato non poté fare a meno di sentirsi male.
La prima persona che notò fu la zarina, affacciata alla finestra della camera con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, in un'espressione di stupore che mai prima d'allora aveva solcato il suo volto. Josh chiuse gli occhi, forse era solo un incubo quel volto di dolore della zarina. Ma poi guardò in faccia i suoi figli e non poté fare a meno di pensare a Tyler che aveva lasciato solo.
Anastasija corse ad abbracciarlo, bagnandogli la camicia di lacrime.
"Oh Josh, sei tu." aveva detto la piccola Marija, con il suo abitino bianco tutto stropicciato dalle sue mani che per l'ansia non riuscivano a stare ferme.
Josh bbracciò forte la piccola granduchessa, chiedendole cosa fosse successo. Fu Ol'ga a rispondere, tenendo sulle ginocchia il piccolo Aleksej che poche volte il soldato aveva visto fuori dalla sua personale stanza, di solito sempre chiusa.
"Hanno preso San Pietroburgo." aveva risposto la più grande, dai capelli lunghissimi color nero corvino, attorcigliati in una grande treccia.
Josh non comprese subito quelle semplici parole. Continuando ad accarezzare la schiena di Anastasija che piangeva a dirotto senza accennare a smettere, si chiese se Tyler avesse fatto la valigia, se Tyler avesse già saputo dell'orrenda notizia, se Tyler stesse bene.
Tyler, Tyler, Tyler solo lui nei suoi pensieri.
Avrebbe voluto piangere però. Non solo perché doveva dire addio a quella ragazza che aveva tra le braccia, ma anche perché con la presa di San Pietroburgo, la fuga d'amore con Tyler si sarebbe complicata drasticamente.
Non era più sicuro di niente, non era più sicuro di farcela. Sapeva solo che avrebbe preso la mano del suo ragazzo e l'avrebbe trascinato fuori da quella città, dal dolore, dalla guerra. Avrebbero attraversato strade con in nemici armati, con i feriti urlanti, con le vittime di quel massacro che avrebbe segnato per sempre la storia della Russia.
Rabbrividì a quel pensiero, ma Josh non poteva permettersi di perdere la lucidità in quel momento. Tenendola stretta, portò la piccola Anya in un angolo della stanza, asciugandole le lacrime e cercando di non farla piangere più.
"Tyler dice che ti vuole bene sai?" le disse, sforzandosi di sorridere anche se non era proprio il momento. "Ti saluta tanto." aggiunse, cercando di farla distrarre dai pensieri sulla guerra. Anastasija si asciugò gli occhi col dorso della mano, tirando su con il naso. "Ma io l'ho sempre trattato male." confessò, sorpresa da quella dichiarazione.
Josh le lasciò un bacio in fronte, abbracciandola di nuovo. "Non gli importa, ti vuole bene lo stesso."
E Anastasija pianse più forte pentendosi di ogni momento di gelosia provato, di ogni istante in cui aveva cercato di separare quei due che sembravano nati per stare insieme. Pianse perché la fine era vicina, lo sentiva nelle ossa e nelle membra, pianse perché lei non aveva mai avuto occasione di innamorarsi.
Pianse perché si era pentita non aver mai abbracciato Tyler. Pianse perché avrebbe dovuto difenderli e evitare il licenziamento del pianista. Pianse perché semplicemente avrebbe dovuto lasciarli andare via dal palazzo mesi e mesi prima, quando ancora San Pietroburgo non conosceva il sangue che colava dagli angoli dei marciapiedi.
"Prendiamo il passaggio segreto e fuggiamo da San Pietroburgo." aveva detto Aleksandra, interrompendo i pensieri di chiunque in quella stanza.
Con un'estrema eleganza, si allontanò dalla finestra e con passi leggiadri e delicati, aprì una porticina accanto all'armadio. Josh era sempre stato a conoscenza di quel passaggio che portava fuori città, un'uscita di emergenza dal Palazzo.
Aleksandra prese in braccio il figlio più piccolo, e avvolse entrambi nel suo scialle bianchissimo come la neve. Col braccio libero e con al collo le mani del piccolo Aleksej, tolse la corona di diademi simbolo di tutta la sua potenza, poggiandola sul comò.
"Sono arrivati." aveva detto in fine, facendo segno alle figlie più grandi di entrare nel passaggio.
Subito dopo, si sentì una fortissima esplosione, che fece tremare i vetri della finestra e i letti a baldacchino. I rossi erano arrivati ed avevano tutte le intenzioni di conquistare anche il Palazzo d'Inverno, l'ultimo simbolo del potere dello zar, che ormai stava svanendo nell'aria come il fumo di quella bomba lanciata sul cancello del Palazzo, disintegrandolo e dando libero accesso al Palazzo.
Nessuno ebbe il tempo di pensare, le guardie spinsero verso il tunnel tutti i membri della famiglia Romanov.
Josh però rimase immobile, paralizzato dalla paura. Non riusciva nemmeno a respirare, gli girava la testa, non riusciva a collegare tutto ciò che era successo in quei pochi istanti. Anastasija lo spinse via in un gesto di lucidità spontanea.
"Va da Tyler!" gli urlò, prima di baciargli una guancia e entrare nel passaggio segreto, che venne chiuso un istante dopo dalla granduchessa stessa.
Quella fu l'ultima volta che Josh vide Anastasija, e quando esattamente tre secondi dopo capì che doveva correre da Tyler, la ringraziò con tutto il cuore per avergli permesso di salvare l'amore della sua vita.
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sinfobie | joshler
Teen Fiction"Vedi Haz, questa storia parte da molto lontano. Però devi sapere una cosa. La melodia che hai sentito non è stata scritta a caso, né per scopi economici. Tyler scrisse quello spartito per una e una sola persona a questo mondo: il suo amato Josh." s...