Guerra senza fine

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2. GUERRA SENZA FINE

“In the bleak midwinter
Frosty wind made moan,
Earth stood hard as iron,
Water like a stone;
Snow had fallen.”
(Christina G. Rossetti, In the Bleak Midwinter)

Tre settimane dopo.
Amabel quella mattina si trascinò in bagno, si dedicò a un bagno caldo, e poi iniziò a spazzolarsi i denti. Era terribilmente stanca. Di mattina lavorava in ospedale e il pomeriggio si dedicava allo studio medico a Small Heath. Il problema non erano i doppi turni, ma erano le continue medicazioni che più volte al giorno doveva offrire ai Peaky Blinders. Era incredibile la quantità di ferite che riuscivano a collezionare gli uomini degli Shelby nel giro di due ore. Thomas Shelby aveva apportato un cambiamento al loro accordo: settimanalmente le consegnava una somma di denaro per comprare il materiale per curare i suoi sottoposti, oltre ai soldi che aveva già accreditato sul conto in banca di Amabel. Nelle tre settimane passate lo aveva incontrato raramente, si erano limitati ad un saluto di cortesia, e ognuno aveva ripreso la propria strada. In un attimo la porta del bagno si spalancò e Evelyn e Diana invasero la stanza.
“Ritira quello che hai detto, brutta strega!” sbraitò Evelyn, in camicia da notte, con i capelli scompigliati. Diana scoppiò a ridere e scosse la testa.
“Non ci penso proprio. Resto della mia posizione.”
“Io ti strozzo!”
Quando Evelyn tentò di afferrare la più piccola, Amabel si mise fra le due con ancora lo spazzolino in bocca.
“Che state facendo?”
“Diana dice che le bomboniere che ho scelto per il mio matrimonio sono orribili!”
“Perché è vero! Guarda, Bel, e dimmi se non è orribile.”
Diana le passò uno strano oggetto pesante e luminoso, e Amabel storse le labbra.
“Esattamente che cos’è?”
“E’ una farfalla di cristallo. E’ fine ed elegante, come dice la madre di Jacob.” Spiegò Evelyn portandosi le mani ai fianchi con fare altezzoso.
“Una farfalla di cristallo? Andiamo, Evelyn, lo sai che costano troppo. Non puoi scegliere qualcos’altro?”
“Io cosa? Scegliere qualcos’altro? Amabel, sei impazzita?!”
Amabel si risciacquò e si pulì la bocca dal dentifricio, quindi ospitò le sorelle nella sua camera.
“No, sto solo riflettendo sui costi. Dobbiamo già comprarti un vestito costoso, dobbiamo pagare i fiori e ora come ora le bomboniere di cristallo non rientrano nel budget. Lo sai che papà ha lasciato una dote a ciascuna di noi e non possiamo sforare.”
“Non farò la parte della miserabile per colpa tua! Cosa penserà di noi la famiglia di Jacob? Penserà che siamo delle poveracce e non vorrà più sposarmi.” Si lamentò Evelyn, i capelli biondi simili a quelli della madre erano lunghi fino alla schiena e le ondeggiavano intorno come un mantello.
“Sii ragionevole, Evelyn. Il matrimonio inizia a costare davvero troppo per le nostre tasche.”
“E’ tutta colpa tua, Amabel! Tutta colpa tua. Non saresti mai dovuta ritornare!” urlò la sorella per poi voltarsi e nascondersi in camera sua. Diana, che era rimasta in silenzio sino ad allora, sospirò gettandosi sul letto.
“Io sono dalla tua parte.”
Amabel fece un mezzo sorriso, almeno non era da sola. Baciò la fronte di Diana e l’abbracciò.
“Grazie. Adesso va a prepararti, ti accompagno a scuola.”

Michael scrisse velocemente un paio di note sul suo taccuino, le rilesse e poi consegnò i fogli a Amabel. Si era recata dagli Shelby per avere una consulenza del contabile circa le spese del matrimonio di Evelyn.
“Allora, qual è la situazione?”
“Questo matrimonio verrà a costare più di quanto costi attualmente la tua casa e lo studio insieme. Dall’abito alle bomboniere, dai fiori al menù, è tutto molto costoso.”
Amabel sospirò e si passò una mano sulla fronte nel totale sconforto.
“Non c’è modo di arginare le spese?”
“Dovreste risparmiare su tutto. Facendo scelte diverse, si abbassano le spese. Questo è l’unico consiglio che posso dare.” Disse Michael, richiudendo il taccuino.
“D’accordo. Beh, ti ringrazio molto. Adesso vado. Buona giornata, Michael.”
“Buona giornata a te.”
Amabel si alzò, gli strinse la mano con un sorriso educato e uscì in strada. Michael per ora era l’unico degli Shelby con cui aveva legato, era un ragazzo cortese con lei e l’aiutava con i conti. Quando imboccò il viale, andò a sbattere contro qualcuno.
“Dottoressa Hamilton.” Pronunciò la profonda voce di Thomas Shelby. Amabel si sistemò il soprabito e alzò lo sguardo su di lui.
“Salve, signor Shelby.”
“Che ci fate qui? Mi auguro che non abbiate nessun problema.”
“Oltre ai vostri uomini che affollano il mio studio tutti i giorni, non ho problemi con voi. Ero qui per discutere di economia con vostro cugino Michael.”
“Avete difficoltà economiche?”
“No.” Ripose secca Amabel, facendo ridacchiare Thomas.
“Suvvia, dottoressa, adesso siamo collaboratori e una chiacchierata non fa male a nessuno.”
Thomas tirò fuori dalla giacca il contenitore delle sigarette, ne accese una e se la portò alle labbra.
“Il matrimonio di mia sorella è molto costoso. Lei pretende il massimo perché sta sposando il fratello del sindaco ma io non ho tutta la disponibilità economica che lei esige. Mi sa che la deluderò.”
Iniziarono a camminare verso lo studio, ubicato in fondo alla strada, mentre il distretto di Small Heath si svegliava.
“Potreste usufruire del denaro che ho depositato sul vostro conto.”
“Non potrei mai, signor Shelby. Vedete, quel denaro è l’unica assicurazione che ho perché non vi prendiate il mio studio medico. Non sarò tanto sciocca da giocarmelo.”
Thomas piegò l’angolo della bocca verso l’alto, in un ghigno divertito dalla sincerità della donna. Quella mattina indossava un capello verde acqua sormontato da una piuma, esuberante come suo solito.
“Voi non vi fidate di me? Mi ritengo offeso.”
“Neanche voi vi fidate di me, il che è plausibile. Non ci conosciamo e non c’è garanzia che non ci tradiremo.”
Thomas si fermò, spense la sigaretta e le si parò davanti.
“Avete intenzione di tradirmi, dottoressa Hamilton?”
Amabel per qualche istante si perse ad ammirare i suoi grandi occhi azzurri, erano belli, ma tanto tormentati.
“E voi volete tradire me, signor Shelby?”
“Voi non lasciate mai agli altri l’ultima parola.” Rise Thomas, colpito dal coraggio con cui quella donna lo affrontava. Amabel fece spallucce.
“Non vedo per quale motivo voi dobbiate avere l’ultima parola. Sarete anche temuto e rispettato dalla vostra gente, Thomas Shelby, ma con me non funziona il vostro carattere intimidatorio. Ho vissuto la guerra e non ho paura di un uomo che teme di essere interdetto da me.”
Thomas aggrottò le sopracciglia mentre rifletteva sulle parole di Amabel.
“Avete vissuto la guerra?”
“Ho lavorato come medico in Francia, in due accampamenti. Era l’inferno.”
Amabel aveva notato che Thomas era passato da un atteggiamento sereno all’essere turbato, i suoi occhi si erano fatti più scuri come se qualcosa di negativo navigasse in essi.
“Già. Devo tornare a lavoro. Vi auguro una buona giornata.” Le disse, e un secondo dopo si stava già allontanando. Amabel sbuffò, non aveva tempo da perdere perché doveva iniziare il turno in ospedale.

Red right hand || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora