Figli della violenza

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7. FIGLI DELLA VIOLENZA

Razorblades in our peaky hat, everyone is scared of us.
We are the Peaky Blinders,
we are the sons of violence.
We put snow in our nose, drinking blends, and we’re smoking.”
(Peaky Blinders, Foxlane)

Quando si svegliò, Amabel per prima cosa cercò Tommy. Non c’era traccia di lui, i vestiti mancavano, il comodino era aperto (si era portato la pistola), e l’ambiente non odorava di fumo. Doveva essere uscito molto presto. Amabel si fece un bagno caldo per sciogliere i muscoli tesi, indossò un semplice abito blu a maniche corte e si raccolse i capelli con un fermaglio. Due linee scure le contornavano gli occhi ma non aveva voglia di truccarsi, era troppo stanca per pensare al proprio aspetto. Si recò al ristorante per bere una tazza di caffè nella speranza di mantenersi sveglia. Vide Clive leggere il giornale seduto da solo.
“Buongiorno.” Lo salutò prendendo posto. Clive abbozzò un sorriso triste e mise da parte il giornale, quindi mangiò l’ultimo pezzo di torta nel piatto.
“Buongiorno a te, Amabel. Dov’è tuo marito?”
“Credo che Thomas sia andato a chiamare la sua famiglia. Sai, è molto legato ai suoi fratelli. E la tua Grace?”
“Non lo so. E’ uscita all’alba e non è ancora rientrata.”
Amabel deglutì e bevve un sorso di caffè per schiarirsi la voce. Se i suoi calcoli erano giusti, Tommy e Grace erano insieme da qualche parte nel club. Si sentì come se Tommy l’avesse tradita, sebbene non fossero davvero sposati, e odiò quella bizzarra morsa di gelosia.
“Magari è andata a fare una passeggiata. Sono sicura che tornerà presto.”
“Oppure lei e Thomas sono scappati. L’ho capito che sono stati insieme quando lei era Birmingham.” Disse Clive con rabbia. Amabel abbassò gli occhi, aveva mentito a tutti per Tommy, alle sorelle, a Bertha, a Clive, e in cambio aveva avuto solo una scappatella con l’ex.
“Immagino che alcuni amori siano difficili da dimenticare.”
“Però tu hai dimenticato Warren in fretta.” Replicò Clive, gli occhi ridotti a fessure.
“La situazione con Warren era diversa. Thomas è il tipo d’uomo che ti risucchia nella propria vita e poi diventa difficile uscirne.”
Clive si passò le mani tra i capelli, era nervoso e sconsolato com’era giusto che fosse.
“Credo che Grace sia incinta.”
Amabel fece cadere la tazzina sul tavolo e il caffè imbrattò la candida tovaglia.
“Non è possibile, Clive. Tu sei sterile.”
Era stato proprio Warren a diagnosticare la sterilità a Clive subito dopo il matrimonio di Grace, quando Amabel lavorava ancora al suo fianco a New York.
“Infatti non ho detto che il bambino è mio. Penso sia Thomas.”
“Sei forse impazzito?! Come ti viene in mente?” disse lei a voce alta, e alcuni clienti si girarono a guardarla.
“Tre mesi fa Grace è venuta a Londra per incontrare una sua zia, ma ho scoperto che non esiste nessuna sua parente qui. Sono sicuro che abbia visto Thomas e che loro abbiano … beh, hai capito.”
Amabel avvertì un dolore bruciante al petto, come se il cuore potesse liquefarsi. Era delusa, anche se non aveva alcun senso, ed era infuriata con Tommy. In quel momento Tommy e Grace fecero il loro ingresso insieme, entrambi erano molto scossi. Accadde in un attimo che Clive si scagliò contro Tommy con un gancio destro che lo fece ruzzolare a terra.
“Clive!” gridò Grace, poi si chinò su Tommy per aiutarlo.
“Non c’è nulla da guardare, signori. Non preoccupatevi.” Disse Amabel sorridendo in modo da placare la curiosità dei presenti. Clive frattanto si era allontanato, e Amabel avrebbe voluto seguirlo, ma la sua indole di medico la spronava a soccorrere Tommy. L’occhio destro si stava gonfiando ed era arrossato.
“Qual è il parere medico?”
“Andiamo in camera, qui ci sono troppi spettatori. Ci vorrà solo del ghiaccio.”
“Appoggiati a me, Tommy.” Disse Grace, la voce farcita di ansia per l’accaduto. Tommy, orgoglioso com’era, si alzò da solo.
“Va da tuo marito e cerca di risolvere le cose. Forse puoi ancora salvare il tuo matrimonio.” Le consigliò Amabel. Tommy annuì e Grace corse in giardino per raggiungere Clive.
Tommy ricadde pesantemente sulla sedia con l’occhio semichiuso. Si tolse la giacca e il panciotto, dopodiché si libero della cravatta e si sbottonò un poco la camicia.  Sussultò quando Amabel gli premette con irruenza un cubetto di ghiaccio contro l’occhio.
“Ah, cazzo.”
“Te lo meriti. Comunque, sopravviverai. Domattina avrai un brutto occhio nero, nulla che l’oppio non possa guarire.” Disse Amabel. Tommy si scansò per accendersi una sigaretta, e digrignò i denti per il dolore quando la mise in bocca.
“L’oppio? Immagino che tu abbia frugato nella mia stanza la notte dell’esplosione al Garrison.”
“Già. Tu eri incosciente e io mi annoiavo, perciò frugare nei tuoi peccatucci mi sembrava divertente.”
Amabel non sorrideva, era distaccata, e Tommy si allarmò.
“Che succede? Non sei tu oggi.”
“Clive lo sa. – disse puntando gli occhi su di lui – Lo sa che Grace aspetta un figlio da te.”
Un silenzio tetro piombò tra di loro. Si guardavano senza dire nulla, come se le parole fossero in grado di ferirli. Tommy emise un sospirò prima di parlare.
“Me lo ha detto stamattina, ecco perché sono uscito presto. Clive sembra stupido ma, a quanto pare, non lo è.”
“E’ orribile quello che tu e Grace gli avete fatto. Clive è mio amico, lo conos …”
“Ah, ah, Clive è amico del famoso Warren di cui non mi ha detto nulla. Cos’è che nascondi?” domandò Tommy con un sorriso felino sulle labbra. Amabel, sopraffatta dalla rabbia, gli tirò uno schiaffo in pieno volto. Immediatamente si coprì la bocca con le mani in segno di pentimento.
“Diamine! Scusami! Io di solito non faccio queste cose, a parte l’episodio con Dominic. Sono mortificata, Thomas! Mi dispiace!”
Tommy si mise a ridere per la preoccupazione della ragazza che appariva tenera mentre si giustificava. Spense la sigaretta sul comodino, una sua pessima abitudine, e camminò verso di lei. Amabel, spaventata dallo sguardo ora serio di lui, indietreggiò fino alla parete.
“Thomas, scusami. Non sono una pers …”
Le scuse di Amabel furono interrotte dalle labbra di Tommy che si scontravano con le sue. Amabel, dapprima intontita, si abbandonò al bacio senza pensarci troppo. Circondò il collo di Tommy con le braccia mentre lui le stringeva i fianchi in una presa salda. Non era finzione, questa volta si trattava di un bacio vero che entrambi avevano cercato. Tommy sapeva di fumo e di whiskey ma ad Amabel non interessava, anzi lo attirò a sé per perdersi nel suo odore. La tensione che si era creata tra di loro negli ultimi tre mesi si stava riversando in quel bacio. Tommy la spinse contro la parete senza smettere di baciarla, amava la morbidezza delle labbra curate della ragazza.
“Tutto questo è sbagliato, Thomas.” Mormorò Amabel tra un bacio e l’altro, ansimando.
“Proprio per questo è eccitante.”
Amabel si lasciò scappare una risata. Sebbene fosse sbagliato, al tempo stesso non si era mai sentita tanto nel giusto. Sbottò la camicia di Tommy del tutto e gli accarezzò i pettorali per poi scendere verso l’addome. Tommy gemette per l’attenzione con cui Amabel lo toccava, era leggere ma decisa al contempo. Le baciò il collo mentre le sollevava il vestito per toccarle le cosce. Amabel rabbrividì per le sue dita fredde e ruvide, segnate da cicatrici e macchiate di sangue, ma non riusciva a ragionare lucidamente. Tommy stava per sfilarle il vestito quando furono interrotti da bruschi colpi alla porta.
“Fanculo.” Borbottò Tommy abbottonandosi la camicia.
“Tommy, apri. Sono Grace.”
Amabel velocemente si ricompose, anche se il cuore batteva a mille e le labbra erano arrossate dai baci. Si pentì di ciò che aveva fatto. Lei non era così, era di buona famiglia ed era stata cresciuta secondo principi che vietavano certi comportamenti impudichi. Lo sguardo di Grace rimbalzò tra Amabel e Tommy con fare circospetto, era evidente che fosse successo qualcosa.
“Perché sei qui?” chiese Tommy.
“Noah Meyer si è appena registrato alla reception e al suo seguito ha circa una decina di uomini. In quale guaio vi siete cacciati?”
“E’ colpa sua.” Disse Amabel indicando Tommy, che roteò gli occhi.
“Ricordati che noi abbiamo un patto, dottoressa.”
Amabel sbuffò, improvvisamente l’adrenalina di qualche attimo prima aveva lasciato spazio di nuovo alla rabbia. Grace tossì per attirare la loro attenzione.
“Comunque, ho fatto quello che mi hai chiesto. Sono riuscita a prendere i biglietti.”
Amabel rimase stupita, non si aspettava che Clive perdonasse sua moglie tanto facilmente.
“Tu e Clive tornate a Londra?”
“No. – disse Tommy – Tu e Grace prendete il treno per tornare a Birmingham.”
“Scusami?! L’invito dei Meyer è esteso anche a me. Non essere sciocco, Thomas.” Disse amareggiata Amabel.
“Non me ne frega un cazzo di quel fottuto invito, Bel. Tu fai quello che ti dico io.”
Amabel emise una risata nervosa, era più arrabbiata di prima.
“E’ questo il tuo problema. Sei un manipolare schifoso! Usi le persone fino a quando ti fa comodo e poi le getti vie quando non ti servono più!” 
Tommy non si scompose affatto, la sua espressione stoica non fu scalfita dagli insulti.
“Bene. Ora fa le valige e partite il prima possibile.”
“Amabel, per favore.” Sussurrò Grace in una preghiera. Amabel la trucidò con lo sguardo e la fece zittire.
“Io non prendo ordini da nessuno!”
“Sto cercando di proteggervi, cazzo! Voglio vedervi morte come John? No, cazzo! Adesso prepara le tue fottute valige e sparisci dalla mia vista!” gridò Tommy in risposta, furioso come poche volte. Amabel si sentì pungolare nell’orgoglio, detestava essere considerata una donzella in pericolo. Con disappunto lanciò nella valigia i suoi effetti personali senza tener conto del disordine, e in circa dieci minuti fu pronta. Si mise il cappotto, raccattò la borsa e impugnò il cappello. Prima di andare, si voltò verso Tommy con la furia negli occhi.
“Va all’inferno, Thomas Shelby.”

Red right hand || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora