11. EPILOGO
“There’s a devil waiting outside your door
He’s weak with evil and broken by the world
He’s shouting your name and asking for more
There’s a devil waiting outside your door.”
(Loverman, Nick Cave)Sei mesi dopo.
Tommy si aggirava nel salotto di casa Hamilton curiosando tra le foto mentre fumava. Aveva passato la notte a casa di Amabel, era arrivato circa verso mezzanotte e si era premurato di assicurarsi che nessuno lo avesse visto. Una delle foto ritraeva Amabel prima di partire per la Francia, aveva i capelli lunghi e quella sua solita aria da bambina.
“Non ti impicciare.” Biascicò lei sbadigliando. Tra una chiacchiera e un’altra erano finiti a dormire sul divano senza spostarsi in camera da letto.
“Com’eri carina da piccola.” Disse Tommy indicando una sua foto con i codini e un vestito pomposo. Amabel rise, poi strabuzzò gli occhi quando si accorse che erano le sette del mattino.
“Da quanto sei sveglio? Hai bisogno di riposare, Thomas. E devi diminuire le sigarette, i tuoi polmoni stanotte si lamentavano.”
Tommy alzò gli occhi al cielo, odiava quando faceva la dottoressa. Si frequentavano da sei mesi di nascosto, tra sguardi fugaci e sorrisi complici, tra baci rubati e nottate di passione. Stavano bene, avevano trovato il loro equilibrio e non si facevano alcuna pressione a vicenda. Tommy, per la prima volta dalla guerra, si sentiva libero con lei. Amabel era l’unica persona con cui si mostrava vulnerabile quando aveva gli incubi e voleva essere consolato, e lei era sempre pronta a cullarlo per ore pur di calmarlo. Ed era l’unica con cui si mostrava affettuoso, con cui lasciava trasparire il Thomas di una volta, quello dolce e allegro.
“I miei polmoni stanno bene, dottoressa.” Disse dandole un bacio a stampo. Amabel gli tirò uno schiaffo giocoso sul petto nudo ridacchiando. La tiepida luce mattutina delineava perfettamente i muscoli tonici del suo corpo rendendolo simile ad una statua dalle perfette proporzioni.
“Stanno bene? Respiri male, hai l’affanno, e l’alcol non fa altro che peggiorare le cose.”
Tommy, annoiato da quella conversazione sul suo stato di salute, fece spallucce.
“Non ti libererai di me facilmente, Bel.”
“Come hai scoperto il mio piano malvagio? Sono scioccata!” disse lei fingendosi sorpresa. Tommy cercò di attirarla tra le proprie braccia ma Amabel scappò in cucina con la sua risata cristallina che risuonava in tutta la casa.
“Non funziona questo gioco, tesoro. Io ti troverò sempre.” gridò Tommy andando in cucina.
“Puoi provarci!” replicò lei correndo di sopra. Tommy, però, riuscì ad afferrarla prima che raggiungesse le scale e la sollevò per riportarla sul divano. Amabel rise ancora di più quando Tommy iniziò a farle il solletico sulla pancia, e lui rideva di rimando.
“Presa.” Mormorò lui, poi la baciò. Amabel gli avvolse le gambe intorno ai fianchi per avvicinare i loro corpi. Tommy le baciava il collo mentre con le mani le accarezzava le cosce sotto la camicia da notte. E loro erano proprio così, erano risate, baci, carezze, speranze e ricordi. Amabel si preoccupò quando vide Tommy aggrottare le sopracciglia.
“Thomas?”
“Le tue mutandine sono sporche di sangue.”
Amabel di colpo avvampò nell’imbarazzo più totale. Si era dimenticata dell’appuntamento mensile che caratterizza la vita di ogni donna. Tommy, invece, strava trattenendo una risata.
“Scusami.” Borbottò lei fiondandosi su per le scale in direzione della sua stanza.
Una decina di minuti dopo Amabel tornò in salotto e trovò Tommy a sorseggiare una tazza di the placidamente stravaccato sul divano, con addosso ancora solo i boxer. La ragazza si sedette sul divano di fronte a lui guardandosi intorno con le guance in fiamme. Un istante dopo sospirò.
“Mi dispiace per l’incidente di prima. Che dici, mi sono resa abbastanza ridicola per i prossimi dieci anni?!”
Tommy scoppiò a ridere rovesciandosi sulle gambe alcune gocce di the mentre posava la tazzina sul tavolino di cristallo. L’espressione di Amabel era esilarante.
“Vieni qui.” le disse picchiettandosi la coscia destra. Amabel si sedette con i capelli che le coprivano il volto. Sussultò quando Tommy le baciò dolcemente il collo mentre la stringeva a sé.
“Come ti senti?”
Amabel trovava insolita quella tenerezza, in netto contrasto con i suoi soliti modi di fare bruschi. Eppure a lei riservava una delicatezza incredibile che la faceva sentire importante.
“Sto bene. E tu? Voglio dire, non deve essere stato piacevole.”
“Bel, sei un medico e sai meglio di me che certe cose sono normali.”
“Lo so, ma è stato imbarazzante lo stesso. Ci stavamo baciando e stavi per spogliarmi … e poi … è successo … e io non mi ricordavo che fosse oggi.”
Tommy le diede un bacio a stampo sulle labbra contratte in una smorfia dispiaciuta. Era talmente pura in quel momento che il suo cuore quasi smise di battere.
“Non importa che non lo ricordavi e nemmeno cosa stavamo facendo. Se stiamo insieme, di sicuro capiterà altre volte. Ti ricordo che ho una sorella e, sebbene cercasse di nascondersi, era palese quando si trovava in quel periodo del mese.”
Amabel si sentiva una ragazzina alle prime armi, e sbuffò. Le mestruazioni erano normali, ma essere beccata impreparata da Tommy le metteva una certa agitazione. Però lui la stava stupendo con quella disinvoltura.
“Va bene.” disse Amabel accoccolandosi sul suo petto. Tommy le lasciò un bacio sulla fronte abbracciandola più stretta. Era meravigliato da se stesso per tutte quelle attenzioni che le dedicava. Amabel si rannicchiò contro di lui lasciandosi coccolare, e Tommy non si oppose affatto.
“Questo fine settimana ci possiamo vedere?”
“Temo di no. Nel pomeriggio arriverà il mio amico Oliver da Boston e domattina arriveranno Bertha e le ragazze. Saranno tutti qui per l’inaugurazione.”
Quel sabato, infatti, la clinica Hamilton sarebbe stata inaugurata. Gli Shelby avevano comprato un vecchio edificio in centro, lo avevano ristrutturato, e in pochi mesi era stato preparato tutto. Alcuni medici avevano addirittura già fatto richiesta di assunzione, in fondo la famiglia Hamilton era rinomata in tutta l’Inghilterra e oltre. Amabel aveva trascorso quasi tutti i giorni con Ada in cerca di sponsor, ricchi finanziatori, e bambini bisognosi di aiuto. Aveva anche aperto un’ala per i soldati di guerra a nome di Aaron Jones e Freddie Thorne, mentre l’ala chirurgica era stata dedicata ad Oswald Hamilton.
“Devo preoccuparmi di questo Oliver?” chiese Tommy pizzicandole il ginocchio. Amabel scosse la testa ridendo.
“Ehm, no, direi proprio di no.”
Tommy lesse nei suoi occhi un certo divertimento che gli fece arricciare il naso.
“Cos’è che non mi dici? Lo sai che non mi piace chi mi tiene le cose nascoste.”
Amabel sospirò quando la mano di Tommy si spostò dalla pancia verso il basso ventre, era pericolosamente vicino all’orlo dell’intimo. La sta piacevolmente torturando.
“Non posso dirtelo.” Disse Amabel con una serietà che lo fece preoccupare.
“Ci sei andata a letto?”
“Thomas!”
“E allora puoi dirmelo. Non ti fidi di me?”
Amabel lo vide irrigidire la mascella, tipico indizio che si stava innervosendo, e gli baciò il tatuaggio sul petto.
“Mi fido di te, perciò te lo dirò. Però devi promettermi che non ne farai parola con nessuno.”
“Te lo prometto. Allora?”
“A Oliver piacciono gli uomini.”
Tommy sgranò gli occhi, non si aspettava un segreto di tale portata. L’omosessualità in molti paesi, come l’URSS, era considerato un reato e in generale era considerata una sorta di malattia.
“Capisco. E come mai tu conosci questo tizio?”
“Dopo che la mia unità è tornata in Inghilterra, prima ancora di far ritorno a Birmingham, a Londra siamo stati assistiti da medici e psicologi per riadattarci dopo la guerra. Oliver era stato assegnato a me e, giorno dopo giorno, è nata la nostra amicizia. Lui sa di te, è stata la prima cosa che gli ho raccontato.” Disse Amabel con un sorriso malinconico. Tommy poggiò la fronte nell’incavo del suo collo e con la punta del naso le accarezzò la pelle.
“Il tuo Thomas.”
“Il mio Thomas.”
La ragazza annuì passandogli le dita tra i capelli e le spalle di Tommy crollarono a quella sensazione di pace che gli dava quel tocco. Lui sollevò la testa per guardarla sorridere.
“Mi piace come suona detto da te. Mi piace essere tuo.”
Amabel gli accarezzò gli zigomi lentamente, avvertendo sotto i polpastrelli la barba che stava per ricrescere e la cicatrice, mentre Tommy non stacca gli occhi da lei. Per un momento tornarono gli Amabel e i Thomas di sette anni fa, giovani, spensierati, pieni di sogni. Era incredibile che si fossero ritrovati, sembrava quasi che l’universo, nonostante mille giri, li avesse voluti insieme a tutti i costi.
“Allora vedi di smettere di bere e fumare in modo da restare mio ancora per molto!”
Tommy sbuffò per quell’ennesimo ammonimento facendo ghignare Amabel.
“Sta zitta e baciami, Bel.”
L’attimo dopo si stavano baciando appassionatamente. Amabel si sistemò a cavalcioni mentre Tommy le arpionava i fianchi per tenerla stretta. Bastava un semplice bacio per infiammarli. Continuarono a baciarsi con maggiore trasporto fino a quando non uscirono di casa separandosi per non destare sospetti.
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Red right hand || Tommy Shelby
FanfictionErnest Hemingway ha scritto che «il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti spezzati. Ma quelli che non spezza li uccide.» Thomas Shelby era uno degli spezzati, ma non uno di quelli forti. La guerra aveva dilaniato la sua anima, l...