Soulmate || Newtmas

Non Ancora

Quando tornai a casa quella sera mi sentii strano.

Avevo finalmente detto a Newt quello che provavo per lui e, a differenza di quello che mi sarei aspettato, lui provava lo stesso per me. In quel momento sperai di essere la ragione della sua felicità perché sapevo che per lui non era facile esserlo con quello che gli stava capitando, anzi, il suo umore peggiorava ogni giorno di più.

Gli avevo promesso che saremo andati insieme a trovare Chuck in ospedale e che non lo avei mai lasciato solo e così fu.

Ogni mercoledì pomeriggio da quel giorno andammo dal piccoletto. La prima volta che lo vidi sentii qualcosa in me rompersi. Era tenuto costantemente in osservazione e spesso dormiva, quindi non ci sentiva perché non ci era concesso svegliarlo. Aveva una decina di tubicini attaccati al corpo e uno strano aggeggio dove si trovavano i polmoni.

Quanto stavamo lì, e lui non ci sentiva, Newt mi parlava di come si sentiva.

"Tutte le mie preoccupazione sono sempre state legate a Chuck."

Ormai quando ne parlava si limitava a fissare il vuoto, non piangeva più.

"Adesso mi dicono che le condizioni di mio padre migliorano, ma non me ne frega un caspio, Thommy. A me importa di lui."

Gli presi una mano per cercare di rassicurarlo.

"Sai qual è il problema?" mi disse.

"Qual è Newt?"

"Che so che non ce la farà. Ne sono sicuro al cento per cento."

"Perché lo dici?"

"Io lo vedo come lo guardano tutti, vedo come guardano me e mia madre ogni volta che entriamo. Sai cosa vedo sui loro volti?"

fece una pausa e mi guardò.

"Compassione, ecco cosa vedo. Vedo la pena. Chuck non ce la farà."

Non provai a contraddirlo per il semplice fatto che probabilmente anche io la pensavo allo stesso modo. Speravo solo che il ragazzino non avesse sentito nulla.

Da quel giorno però, Newt si fece sentire sempre meno. Non mi rispondeva quasi mai ai messaggi, diventò scontroso e iniziò a parlare a stento.

Iniziai a pensare che non sarei mai stato abbastanza per renderlo felice.

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