Capitolo 9.

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Mary

Mi svegliai in un letto non mio, troppo grande per me.

"Mmmm.." I pensieri della notte appena passata mi piombarono addosso come macigni. "Oh cazzo..." Sussurai. Mi alzai di scatto. "Merda merda merda!" Inciampai prima nei miei vestiti o poi nelle mie scarpe. Corsi immediatamente in bagno. Mi guardai allo specchio. "Oh wow, buon giorno raggio di sole!" Mi scherní da sola. Feci una doccia veloce e fredda mentre i ricordi della notte trascorsa mi tornavano alla mente. Trovai un asciugamano e me l'avvolsi intorno al corpo sperando di non incrociare Simone mentre cercavo i miei vestiti, che dovevano essere da qualche parte in quella casa enorme.  Entrai in una stanza e trovai la mia valigia vuota."Ma dove cazzo sono i miei vestiti?" Tuonai imbufalita. "Sono nell'armadio." Mi rispose Simone. Mi voltai di scatto.

Era appoggiato allo stipite della camera con una tazza di caffè in mano. Indossava solo un paio di pantaloni di una tuta. Deglutí rumorosamente guardando il suo petto ricoperto da una leggera peluria. "G..gr..grazie!" Dissi tenendomi ancora piú stretto l'asciugamano. La sua risata mi arrivò subito alle orecchie. Trovai dei vestiti e lo guardai storto. "Vuoi che mi giri? " "Sí!" Lui rise ancora, dandomi le spalle. "Non mi ero accorto che fossi cosí vergognosa." Dovetti resistere all'impulso di lanciargli qualcosa addosso. "È rimasto un po' di caffè per me? " gli chiesi guardando la sua schiena perfetta. Cazzo, avevo fatto sesso con lui. Che cosa mi era passato in testa? "Posso girarmi oppure devo rimanere cosí per sempre? " Domandò lui ignorando la mia dose giornaliera di caffeina. "No. Dimmi dov'è il caffè, poi ti puoi girare." Non feci in tempo a dire queste parole che lui si voltò e con un balzo mi abbracciò forte. "Ti stavo aspettando per colazione. La tua tazza di caffè è in cucina." Assaporai il suo odore inalandolo completamente. "Mmmm... caffè.. cucina.." Ripeteí a mo' di pappagallo. Ma dov'era la sua tazza se le sue mani erano entrambe sulla mia schiena? Girai la faccia e la trovai sul comò vicino alla porta. Dio, quest'uomo è peggio di un ghepardo. Ma come diavolo fa? "Vieni piccola, andiamo a prenderti il caffè." Mi lasciai condurre da lui in cucina. Nell'isola, che era al centro della stanza, c'era una tazza fumante di caffè. "Oh dio, caffè." Sí, quando c'era di mezzo quel liquido scuro ero peggio di uno zombie. Oppure era Simone a farmi quell'effetto? Non ci stetti a pensare molto. Mi scese lungo la gola caldo e mi infuse un senso di benessere. "Qualcosa da mangiare?" Chiesi con un po' di paura per la risposta. Dio, se non c'era niente? Non riuscivo a sopravvivere solo con il caffè.

"Certo! Per chi mi hai preso? C'è una favolosa torta di mele proprio dietro di te." Con il boccone pieno chiesi: " Hai faffa tu? Buona."

"Ho capito solo l'ultima parte piccola." Deglutí velocemente. "Ho chiesto se l'hai fatta tu."  "No, io e i dolci non andiamo d'accordo. Però so cucinare degli ottimi primi." Lo guardai con un mezzo sorriso sulle labbra. Si avvicinò a me, io continuai a bere sorsi di caffè e a mangiare la torta. La sua bocca si appoggiò sul mio collo. Sussultai leggermente. "Cosa vuoi fare oggi piccola? Tu non vai all'universitá, io non vado a lavoro." Le sue mani si posarono alla base della nuca e incominciarono a massaggiarmi delicatamente. Mugugnai versi di piacere. "In teoria oggi devo prendere un treno per far visita ai miei genitori." "In pratica ti ci accompagno io." "Cosa? No! Non penso proprio. Oh no, caro mio! Questo no! " "Invece sí! Ti ci accompagno io, punto e basta!" Mi alzai velocemente in piedi, sbattendo la tazza sull'isola. "Senti, entrare nelle mie mutande non ti da nessun diritto di comandarmi! Io vado da sola in treno. Tu puoi andartene pure a fare in culo!" Detto questo andai nella stanza dove c'erano i miei vestiti. Trovai il mio telefono, presi la borsa e ci ficcai dentro il portafoglio e pochi vestiti. "Ciao ma'! Sí sí, sto per prendere il treno. Sí, ti chiamo come sto per arrivare." "Almeno ti posso accompagnare alla stazione?" Chiese Simone con un sguardo da cucciolo bastonato. "Va bene." Accosentí staccando la conversazione con mia madre prima di sentire la sua lista di domande. Il tragitto in macchina era silenzioso, carico di tensione. Parcheggiò la macchina. Feci il biglietto e controllai l'orario. Mancavano ancora venti minuti. "Forse è meglio che vada al binario. Cosí prendo posto." Gli dissi. "Certo piccola." "Va bene. Ci sentiamo presto." Gli diedi un cauto bacio sulla guancia. "Ci sentiremo molto presto tesoro." Rispose lui. Non appena trovai un posto libero, tirai fuori cuffie e ipod. -Eye of the tiger- esplose nel mio cranio con la sua carica rock. Scorsi nella mia borsa un libro che non avevo mai visto. Una copia del LO HOBBIT. "Oh mio dio! Non è possibile." Incominciai subito a leggerlo. Era uno dei miei libri preferiti. Come faceva a saperlo Simone? Il mio telefono vibrò nella tasca dei pantaloni. Era un messaggio di Simone. Quando c'eravamo scambiati i numeri di telefono?
Spero che la sorpresa ti sia piaciuta, da come hai esclamato credo proprio di sí. Il tuo vicino di sedile ti sta fissando un po' troppo. Rimasi scioccata. Non riuscivo piú a muovermi. C'era per caso una telecamera nascosta nel libro? Un altro messaggio: Guarda alla tua sinistra. Non osai farlo. Chiusi gli occhi cercando di trovare la calma. Tutto questo era un incubo. Io stavo ancora nel letto.
Piccola guardami ti prego. Volsi il mio sguardo verso di lui. Mi sorrise. Avrei tanto voluto cambiare vagone del treno.

Ero incazzata nera. Decisi di ignorare le vibrazioni continue del telefono. Misi il libro dentro la borsa e sparai al massimo la musica dell'ipod.

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