Parte 1 Un omega al college

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Cristian accarezzò con il dito la carta sulle sue ginocchia. Sfumò l'ombra della figura che aveva appena disegnato, tracciando con l'indice il contorno della coscia piegata. Davanti a lui, sul campetto del campus, i ragazzi che stava usando come modelli correvano incuranti della sua presenza. Cristian era alla partita per esercitarsi a rappresentare i corpi in movimento, non perché i calciatori erano incredibilmente sexy,  o così si diceva. Osservò ancora l'immagine sulla carta, immaginò per un attimo di sentire le gambe muscolose di uno di loro contro il suo corpo. Sentì il sangue affluire sulle gote e si diede dello stupido.

«Hai caldo?», la voce di Marc, seduto accanto a lui, lo riscosse.

Cristian sollevò la testa di scatto, abbandonando la sua fantasia. «No, perché?»

Il vento soffiava fresco, portando con sé l'umidità di un temporale che era già passato, spazzando via le nuvole bianche e lasciando sprazzi di azzurro sempre più ampi nel cielo. Non era un marzo freddo, ma neanche caldo abbastanza da arrossire a quel modo o bere precipitosamente dalla bottiglia d'acqua, marchiata dalle iniziali del King's college, come Cristian stava facendo. Cristian si sentì un idiota, ma lo sguardo di Marc riusciva spesso a metterlo in soggezione, come se chiedesse cose che non aveva il diritto di domandare.

Marc gettò lo sguardo al foglio di carta su cui erano impresse le immagini dei calciatori. «Ti piace il calcio e chi lo pratica?», domandò a brucia pelo.

Cristian deglutì, sentendo ancora la gola secca. «Sono qui per sostenere Arturo. Come te, no?»

Marc strinse gli occhi. «Certo». Poi spostò la mano sulla sua coscia, come se fosse normale che Cristian dovesse accettarlo.

Marc e Arturo erano suoi amici, anche se Cristian li aveva conosciuti in modo diverso. Arturo l'aveva conosciuto al college, quando due anni prima era stata assegnata loro la stessa stanza al dormitorio nel campus della facoltà umanistica. Arturo veniva dalla Spagna e frequentava il corso di Lingua e letteratura inglese, che si poteva permettere grazie a una borsa di studio. Cristian lo aveva notato tra gli studenti in fila alla segreteria, avevano cominciato a parlare e la simpatia era scoccata prima ancora di scoprire che sarebbero finiti in stanza insieme. Marc, invece, era un anno più grande e Cristian lo aveva conosciuto a casa di sua madre, durante una delle cene che lei amava organizzare da quando si era risposata e si era trasferita con lui a Londra dalla Spagna. Forse era stata la comune origine spagnola a unirlo ad Arturo e a Marc. Marc per frequentare la facoltà di economia non aveva avuto bisogno di nessuna borsa di studio. Il reddito di suo padre, esperto di finanza, bastava ampiamente a pagargli la retta.

Il fischio dell'arbitro segnò la fine del primo tempo. Arturo arrivò sotto gli spalti e rivolse un sorriso a entrambi. Cristian lo ricambiò, spostando gentilmente la mano di Marc che era ancora sulla sua gamba. Si era accorto che Marc tentava di corteggiarlo, ma c'era qualcosa nel suo odore di alfa che non lo convinceva. Non ebbe il coraggio di ricordargli che erano solo amici, per l'ennesima volta. Cristian era un omega inesperto, e sua madre più di una vota gli aveva detto di non essere brusco con Marc, perché un giorno si sarebbe potuto accorgere che era l'alfa che cercava, ma il rapporto con un alfa ferito nell'orgoglio era spesso irrecuperabile. Cristian non credeva che dovesse essere così. Cos'era l'orgoglio davanti alla possibilità di vivere il proprio amore?

Ripose la bottiglietta d'acqua nel suo zaino, e controllò che le pillole che bloccavano il calore fossero al loro posto. Ne avrebbe preso una dose all'ora di pranzo, come faceva di solito.

«Cri!», Arturo lo chiamò. «Allora, scendi in campo a sgranchirti le gambe anche tu?» Il suo amico se ne stava in piedi sotto gli spalti, i capelli castani e cortissimi schiariti dal sole di metà mattina, la maglietta bagnata di sudore aderente al suo petto. Cristian si morse le labbra. Non era attratto da Arturo, ma oggettivamente non poteva negare che fosse attraente. Arturo era uno dei pochi che sapeva dei suoi gusti, che Cristian per il momento tentava di nascondere. Non gli piaceva l'idea che gli altri sapessero, che gli alfa più potenti, di cui lui qualche volta sentiva l'odore, potessero guardarlo come una preda, cercarlo o corteggiarlo. Non era sicuro di potersi fidare di loro e, soprattutto, sperava di avere una storia che non si basasse solo sull'attrazione fisica.

«Proverò un'altra volta», rispose, con un po' di amarezza nella voce.

Si sentì addosso lo sguardo di disapprovazione di Marc. «Il calcio non fa per te», Marc disse infatti.

Cristian ripose anche la matita e il blocco da disegno nello zaino. «Me l'hai già detto».

«Lo dico solo per il tuo bene. Sei bravo a disegnare, hai molti agganci grazie al tuo patrigno, non sei fatto per correre dietro a un pallone».

L'arbitro fischiò l'inizio del secondo tempo. Cristian vide Arturo correre via, e si alzò anche lui.

«Vai già via?», domandò Marc e non riuscì a nascondere una punta di delusione nella sua voce.

«Vado a mangiare qualcosa in mensa, poi ho una lezione di disegno».

«Ci vediamo quando finisci?», Marc si alzò, passandosi una mano tra i capelli scuri e lunghi. Anche Marc non era male, fisicamente parlando.

«Dopo la lezione vado da mia madre, mi aspetta».

«Mangiamo qualcosa insieme, allora, a pensarci mi è venuta fame».

Cristian non ci credette affatto, ma mangiare in compagnia non gli dispiaceva. Cercò Arturo sul campo per rivolgergli un cenno di saluto, ma quello era troppo impegnato a correre dietro il pallone. Cristian gli rivolse un ultimo sguardo, immaginandosi per un momento come sarebbe stato essere al suo posto, poi seguì Marc alla mensa.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora