Parte 10 Un'illusione?

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«Questa non è male», Cristian disse, tirando fuori una felpa dal fondo dell'armadio. Finalmente l'aveva trovata, era una delle felpe con il marchio del college ed era sicuro che il suo colore, il rosso, sarebbe stato benissimo a Samir.

L'altro lo guardò, con ancora addosso l'asciugamano. Si erano rintanati nella stanza del dormitorio per tutto il weekend. Cristian aveva dovuto promettere ad Arturo una miriade di favori per farlo stare alla larga, anche se era sicuro che Arturo fosse già impegnato con Maha e si fosse solo approfittato della situazione per avere il maggior numero di appunti possibile sulle lezioni che non riusciva a seguire.

Samir gli prese la felpa dalle mani. Corrugò la fronte. Una felpa con il marchio del college non l'avrebbe mai potuta indossare, perché lui all'università non ci avrebbe mai messo piede. «Dovresti metterla tu», Samir disse.

Cristian ammiccò. «Ha il mio profumo».

Gli bastò quel sorriso e il modo in cui aveva pronunciato quella frase a fargli cambiare idea. Nelle ultime due ore il loro legame si era rafforzato più di quanto Samir avrebbe mai potuto immaginare. Aveva sempre pensato che le storie sugli alfa e gli omega destinati a stare insieme fossero leggende, messe in giro per vendere film e libri romantici, forse era stata la storia tra i suoi genitori a renderlo tanto cinico. Ma con Cristian le sue certezze cominciavano a vacillare. Lo attirò a sé e lo baciò teneramente sulle labbra.

L'idillio venne interrotto dagli squilli insistenti del telefono di Cristian. Lo aveva acceso da poco e già vibrava sulla scrivania come se fosse nel bel mezzo di un terremoto.

Cristian piegò le labbra in un broncio. «È mia madre, vorrà sapere dove sono finito». Prese il telefono, mentre Samir ne approfittò per vestirsi e indossare la felpa, il telefono a pensarci bene era stato provvidenziale: probabilmente se non avesse suonato, non si sarebbero mai rivestiti e avrebbero fatto l'amore, di nuovo.

«Scusa, mamma, lo so di essere sparito, ma Arturo... no, non posso raccontarti al telefono quello che è successo, adesso siamo al college, non preoccuparti, sì sì, mi faccio vivo io», Cristian disse.

Samir lo vide arrossire. Non era abituato a mentire, e adesso lo faceva per colpa sua. Era decisamente una pessima influenza. Sentì le braccia di Cristian cingerlo da dietro, mentre lui ancora si osservava stupito allo specchio. Per un momento immaginò che tutte le mattine fossero così, immaginò di aver conosciuto Cristian in una delle aule del college, perché erano colleghi. Oppure si immaginò di averlo conosciuto il primo anno quando avevano scoperto di condividere la stessa stanza. In quell'universo parallelo Samir aveva un padre che gli pagava la retta universitaria, una madre che si occupava di lui, una casa dove tornare e non un buco dalla cui finestra vedeva i cani urinare e dove suo padre lo picchiava, se aveva la luna storta.

«Andiamo?», Cristian lo riscosse.

Lui annuì. Si diressero verso la caffetteria per una veloce colazione, poi Cristian sarebbe andato a lezione e lui avrebbe aspettato che il suo collega smontasse per attaccare il turno.

«Cosa prendi la mattina?», Cristian gli domandò, con l'eccitazione di chi voleva conoscere quante più cose possibili sulla persona che amava.

«Caffè amaro, e una brioche». Samir allungò una mano verso di lui, quando era diventato tanto sdolcinato? L'ultimo ragazzo che aveva avuto era stato un alfa come lui e le cose erano finite male: suo padre lo aveva beccato a rubare nel suo ufficio e lo aveva allontanato. Samir si era reso conto solo in quel momento di essere stato usato e da allora si era detto che non si sarebbe più innamorato, che non ne valeva la pena. Se una persona del suo ambiente lo aveva trattato male, che avrebbero fatto gli altri? Sentì d'improvviso Cristian irrigidirsi. Voltò la testa per capire cosa stesse accadendo.

Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora