Alone no more - WATTYS WINNER - Omegaverse

Parte 27 A call

Prima di cominciare la lettura del capitolo volevo ringraziarvi del vostro appoggio. Mi raccomando, ditemi se vi sta piacendo... Vi regalerei anche un gelato, ma temo che arriverebbe sciolto con questo caldo 😜

Cristian sentì le braccia di Marc cingerlo da dietro, il suo odore insinuarsi nelle narici.

«Cosa ci trovi di tanto interessante in questo quadro?», Marc gli domandò.

Cristian fissava da un po' un paesaggio di campagna, dipinto en plein air, appeso nel corridoio dell'appartamento di Covent Garden. I colori sabbiosi sfumati all'orizzonte gli davano una sensazione di infinito, e gli sembrava quasi che, se avesse chiuso gli occhi, avrebbe potuto annusare il profumo delle messi mature . Marc non aveva mai capito l'arte. L'ammirava, certo, come si può ammirare qualcosa che tutti riconoscono bello, ma che non scalda il cuore. «Vorrei visitare un paesaggio come quello», Cristian si limitò a dire.

«Che problema c'è? Ti ci porto», Marc rispose solerte, con la solita voglia di assecondare i suoi desideri. Era come se si comportasse da re magnanimo, a cui lui doveva rendere grazie.

Cristian si voltò tra le sue braccia, anche se guardarlo negli occhi lo metteva in difficoltà. Non aveva mai capito se Marc sapesse che qualche notte prima era andato da Samir e che si era fatto scopare da lui mentre il calore invadeva il suo corpo. La cosa peggiore era che non ne era affatto pentito. Aveva fatto di tutto per togliersi di dosso l'odore di Samir, e mentre sfregava la sua pelle sotto la doccia piangeva perché non avrebbe voluto, perché avrebbe, invece, voluto conservare almeno una traccia di lui. Marc gli aveva proposto più volte di abbandonare le pillole, ma Cristian non ne aveva avuto il coraggio. Non riusciva a vedere se stesso vulnerabile tra le sue braccia, completamente alla sua mercé. I normali rapporti erano già abbastanza difficili. Era abbastanza soffocare i gemiti di dolore davanti all'irruenza di Marc e al modo in cui lo faceva sentire: un oggetto di sua proprietà che lui poteva rigirare come voleva. Ma da Samir aveva paura di tornare, paura di soffrire di nuovo.

Costanza si affacciò in corridoio. «Oh, scusate», disse, segretamente felice della svolta amorosa nella vita di suo figlio. La cena l'aveva organizzata anche per festeggiare la nuova coppia, e Cristian era sicuro che nella sua testa balenasse l'idea di una festa ufficiale di fidanzamento.

«Eravamo sul punto di raggiungervi», Cristian disse, divincolandosi dall'abbraccio di Marc.

Sua madre lo scrutò, forse aveva colto il suo imbarazzo. «Venite, su».

Cristian e Marc la seguirono in sala da pranzo. Marta aveva già servito gli antipasti e aveva usato l'argenteria migliore. Cristian pensò che in quello stesso momento Arturo doveva trovarsi sul campo da calcio a rincorrere il pallone, a sentire il vento contro la pelle, ad annusare i primi profumi della primavera in fiore, e provò, guardando le finestre vestite dalle tende eleganti un senso di soffocamento, come se si trovasse in una prigione dorata.

«Tutto bene?», Marc gli prese una mano.

Cristian annuì.

«Presto andremo da qualche parte solo io e te, vedrai che un viaggio ti farà bene», Marc continuò.

Un viaggio. Cristian sorrise, anche se un viaggio gli pareva così fuori luogo, ingiusto mentre il suo cuore ancora sanguinava per colpa di Samir e la sua testa era così confusa. Quella sera si sentiva peggio del solito, come se ci fosse qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire bene cosa. Un vuoto si era aperto giusto alla bocca dello stomaco e sembrava ingoiare come una voragine i discorsi e i progetti di Marc. Notò che Carl non era ancora arrivato per sedersi a tavola. «Carl?», domandò.

«Aveva ricevuto una telefonata», Costanza spiegò, «ah! Eccolo».

Carl comparve sulla soglia della sala da pranzo. «Ho buone notizie», disse e prese posto a tavola. «L'altro delinquente che si era infilato in casa nostra è stato arrestato».

Cristin sentì il cuore accelerare. «Come?»

«L'hanno recuperato a Swansea, in Galles. Non credo avrai bisogno di identificarlo, l'altro complice ha confermato che la rapina l'ha organizzata lui e aveva addosso ancora un po' di refurtiva».

«E come si chiama?», Cristian domandò.

«Un certo Rick, il cognome l'ho scritto, ma non chiedermelo adesso, era lungo e complicato», Carl rispose, versando da bere a tutti. Adesso avrebbe fatto un brindisi, ma Cristian aveva poco da festeggiare: se Rick avesse accusato Samir che ne sarebbe stato di lui? Avrebbe avuto bisogno di un avvocato e anche della sua testimonianza. Perché sentiva ancora il maledetto istinto di proteggerlo? Mandò giù il vino, e tentò anche di addentare una tartina, ma l'appetito gli era passato. Samir aveva mantenuto la promessa: aveva fatto arrestare Rick, in un modo o nell'altro, e lui non ne avrebbe dovuto più avere paura.

Lo squillo del telefono lo riscosse. Costanza assunse un'espressione contrariata, ma l'istinto diceva a Cristian di rispondere. Diede un'occhiata allo schermo lampeggiante. Era Samir. «Scusate», si allontanò, poi aprì la conversazione. «Cosa vuoi?»

La voce che gli arrivò dall'altro lato era soffocata, flebile e in un tono che Cristian non gli aveva mai sentito.

«Cri, ho bisogno di te», Samir sussurrò. Il modo in cui lo aveva detto suggerì a Cristian che non era il momento di recriminare, il cuore ormai andava a mille, stretto nell'angoscia che la vita condotta da Samir fino a quel momento gli si fosse rivoltata contro e gli avesse chiesto il conto.

«Dove sei?»

«A casa».

«Non muoverti, arrivo». Cristian tornò in sala da pranzo. Gli altri lo fissavano un po'sorpresi. «Devo andare, mi dispiace, è un'emergenza».

«Con Arturo?», sua madre domandò scettica. Non ci credeva affatto.

«Sì», lui mentì. «No», fece a Marc segno di tornare a sedersi, «non c'è bisogno, davvero», provò a dire con il tono di voce più deciso che potesse usare. Non credeva di esserci riuscito a giudicare dal modo in cui la sua voce si era incrinata. Non aspettò una risposta. Si precipitò fuori e raggiunse la casa di Samir.