Lei.
Sono in ritardo ma poco importa, è già tanto se sono riuscita ad arrivare dentro scuola senza cadere. Il dolore alle costole sta diventando sempre più forte e ho paura che questa volta me ne abbia rotta qualcuna. Non so cosa ho fatto di sbagliato questa volta, stavo preparando la colazione, ma evidentemente l'ho fatto male o c'era qualcosa di sbagliato perché all'improvviso aveva scaraventato il piatto a terra e aveva cominciato a urlarmi contro e a colpirmi. Non so neanche cosa mi abbia detto, è da un po' che ho smesso di ascoltarlo quando mi picchia. Mia madre è rimasta seduta al tavolo a mangiare, sembrava quasi che non si accorgesse di tutto ciò che le stava accadendo intorno, è da un po' che non si accorge più di nulla, ha smesso di vivere da quel giorno.
Non è la prima volta che arrivo in ritardo, i professori non hanno mai chiesto; so che sono consapevoli che in casa mia succede qualcosa ma non domandano mai, non lo avevano mai fatto e, probabilmente, mai lo faranno, anche se riesco a vedere nei loro occhi la pietà, ma non è quella che voglio, desidero che mi aiutino, che mi portino via di lì per quanto egoistico sia questo desiderio.
Quando entro in classe non parlo, vado semplicemente a sedermi al mio solito posto in prima fila sul banco di destra, non mi dà fastidio stare lì, molti odiano essere completamente esposti davanti al professore ma per me è indifferente, ho smesso di essere timida e chiusa, di balbettare e abbassare lo sguardo, non m'interessa più essere derisa, o meglio m'interessa ma agli altri non è dato saperlo.
Mi concentro sulla lavagna dove vi sono già scritte delle formule matematiche ma il dolore sordo che sento non mi permette di concentrarmi, vorrei davvero che smettesse. Cerco disperatamente di non sentirlo, stringendo le mai in due pugni, conficcandomi le unghie nella pelle, ho imparato presto la lezione secondo la quale un nuovo dolore copre il vecchio; nel frattempo penso a cosa dire quando andrò dalla signora Rita, l'infermiera della scuola, è l'unica di cui mi fido e da cui vado quando sto male, ha provato più volte a farsi raccontare come mi faccia tutti quei segni, credo che pensi derivino dai miei compagni perciò cerca sempre di convincermi ad andare dal preside, ha ragione a pensarla così ma solo in piccola parte. Gli insulti ci sono, a volte più pesanti di altre, ma non hanno mai alzato le mani contro di me. Le ho fatto comunque promettere di non dire niente e so che fino a quando non andrò da lei in fin di vita manterrà la promessa.
Alzo la mano cercando di attirare l'attenzione dell'insegnante, il mio solito metodo non ha funzionato ed io davvero non riesco a resistere oltre.
-Professoressa, non mi sento molto bene potrei andare in infermeria?- Le chiedo quando si gira verso di me, mi sforzo per mantenere un tono di voce deciso ma non riesco a farlo per tutta la durata della frase, alla fine cedo mostrando un piccolo cenno del dolore che sto provando, annuisce soltanto. Mi alzo cercando di fare il più piano possibile, ma quando sono ormai in piedi una fitta tremenda di fa appoggiare la mano al banco e l'altra al mio sterno mentre dalle mie labbra esce un piccolo lamento di dolore, intorno a me s'innalzano i mormorii dei miei compagni.
Mi sento sollevare e quasi lascio andare un'imprecazione per il dolore che sto provando, mi sembra quasi di svenire, probabilmente sono davvero rotte.
-L'accompagno io se non le dispiace- sento dire da una voce che non conosco, ma stranamente rassicurante, non riesco a vedere bene il suo viso a causa della vista appannata ma distinguo il nero dei suoi capelli e credo il marrone dei suoi occhi.
-O mio Dio, cosa le è successo stavolta?- Sento la voce di Rita anche se un po' confusa.
Sotto di me non sento più le calde braccia del ragazzo misterioso ma un comodo letto che odora di pulito, cerco di girarmi ma un gemito di dolore abbandona le mie labbra. Guardo Rita indicandole le mie costole e lei mi si avvicina velocemente cercando di togliermi la maglia ma io la fermo, non voglio che lo faccia davanti a quel ragazzo sconosciuto. La vista è tornata e ora posso notare un paio di penetrati occhi marroni, arruffati capelli neri tirati su, mascella pronunciata e labbra sottili, indossa una maglietta a mezze maniche nere con il logo di una band che non conosco e dei jeans neri strappati, è il ragazzo più bello che abbia mai visto, concentrarmi su di lui mi fa dimenticare, almeno in parte, il dolore che sento.
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Lui & Lei
ChickLitLei è una ragazza fragile e sola con un segreto che pian piano la sta schiacciando. Lui è un ragazzo arrabbiato con il mondo che pensa l'amore sia solo una perdita di tempo. ¡So di non essere bravissima nella scrittura ma ho voluto pubblicare lo ste...