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Accadde tutto all'unisono.
Il ragazzo colpì Voturia al petto, lacerandole la carne e ferendola in modo profondo.

Non abbastanza profondo, però.

Nel mentre, io completai la mia trasformazione.
La prima cosa che feci fu proprio perdere il controllo. Senza che me ne rendessi veramente conto, tutti gli oggetti accano a me cominciarono a fluttuare e, nel preciso istante in cui la lama colpì Voturia, furono come "sparati in aria".

Ero confusa, non riuscivo a capire nulla. Cosa mi stava succedendo? Come avevo fatto a liberarmi? Perché gli oggetti volano? Dov'era Voturia?

Tutto era accaduto con la stessa velocità di un battito di farfalla, e il mio cervello non era ancora abituato a lavorare a velocità tanto elevate.

Tutto ad un tratto non sentivo più il bruciore allo stomaco e agli intestini. La testa e i muscoli del collo non mi facevano più male. Mi sentivo leggera, quasi...
Quasi trasparente.

Tutto sembrava appena più piccolo di come era pochi attimi prima.
Cosa mi avevano fatto?
Pensai subito ad una qualche sostanza, simile a quella che oggi voi chiamate "droga". Non c'era altra spiegazione. O almeno, non c'era altra spiegazione razionale.

Non volevo credere alle parole di Petronius, sarebbe stato come arrendersi.
Arrendersi all'evidenza di aver perso.
E io non accetto mai una sconfitta, anche quando è più che palese, come lo era in quel caso.

Ogni oggetto colpì una guardia, esattamente sul cuore. Li trapassò da parte a parte e insieme caddero a terra, morti.
Solo Petronius si salvò (guarda caso si dice che i rompicoglioni non muoiano mai).
Quello che doveva essere un coltello lo colpì alla gamba, poco sotto l'arteria femorale. Proprio come gli altri, anche lui cadde a terra, con la differenza che continuava a respirare.

La mia attenzione però non era su di lui, non era sul suo respiro.
Era su quello di Voturia, che era ancora viva. Il suo petto si alzava e abbassava, anche se lentamente. La veste bianca che indossava era ora di un colore scarlatto.
Aveva perso tanto, troppo sangue.

In un baleno le fui accanto, ma quando tentai di afferrarla non ci riuscii.
Riprovai più volte, inutilmente.

Dalla disperazione cominciai ad urlare, mandando in pezzi gli immobili che si trovavano in casa.

"No no no no..."

Una cantilena continua che usciva dalle mie labbra, ma che non sarebbe mai giunta alle orecchie dei presenti.

"Ehi, Voturia. Voturia! Guardami!"

Ma lei non mi sentiva. Non lo avrebbe mai fatto:

"Ti prego... avevo promesso che ti avrei salvata. Dobbiamo fare tante cose... dobbiamo...dobbiamo vedere il mare; farci il bagno insieme. Dobbiamo ancora decidere se prendere un cagnolino oppure un gatto. Dobbiamo... noi dobbiamo decidere il nome..."

Sogni, speranze, progetti che andavano in fumo:

"Non mi puoi abbandonare adesso. Non posso perderti!"

Il suo sguardo si stava spegnendo, gli occhi sempre vivaci stavano diventando opachi, e sapevo che presto li avrei visti spegnersi per sempre.

Mai nella mia vita mi ero sentita più impotente e inutile.

Cominciai ad urlare e a piangere, mentre lei moriva tra le mie braccia.
A causa delle mie emozioni troppo forti, altri oggetti cominciarono a fluttuare, ma fortunatamente nessuno di questi colpì Voturia.

Il suo viso, già di per sé pallido, era adesso dello stesso colore dei gigli che crescevano davanti alla mia vecchia casa.
I suoi occhi si guardavano intorno, alla disperata ricerca di qualcuno.
Alla disperata ricerca di me.

Fino al suo ultimo respiro, Voturia mi chiamò con voce flebile e versò tutte le lacrime che aveva trattenuto.
Fino al suo ultimo respiro, io cercai di afferrarle il viso, di poterla baciare un'ultima volta.
Fino all'ultimo lei mi amò, e lo rese chiaro con le sue ultime parole:

"Ti amo Laila"

I singhiozzi aumentarono, e non feci niente per fermarli:

"Ti amo anche io. Semper et in saecula saeculorum"

Non appena il mio primo -e unico- amore spirò, non abbi che una manciata di minuti per disperarmi. Ad un certo punto la casa potrebbe aver cominciato a tremare, ma non me ne curai.

O meglio, non me ne accorsi.

Ancora tentavo di accarezzarle le guance ora non più rosse e calde.
Cercavo invano di metterle le mani tra i capelli scuri.
Cercavo ancora qualche segno di vita in lei.

Non poteva, non doveva essere morta.

Non in quel modo, non così giovane, non per colpa mia.
Perché è stata colpa mia, Lydia.

Allora non lo sapevo, ma Voturia fu la mia prima "padrona", il fatto che non riuscisse a vedermi o a sentirmi era perché i suoi sensi si erano già spenti.

Mi aveva vista scomparire a poco a poco, svanire come se niente fosse.
Penso che anche lei si fosse sentita impotente come mi sentivo io.

E mi odio per averle fatto passare tutto ciò.
Mi odio per essere stata la causa della sua morte.
Mi odio per non essere riuscita a mantenere la mia promessa.

Mi odio per tante cose, ma soprattutto, per averla amata così tanto. Perché ora che l'ho persa, non posso fare a meno di soffrire per lei.
E il marchio di Petronius sulla mia pelle ne è un ricordo costante."





Lost In The Shadow - Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora