15. Per la mia anima peccatrice

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-Lasciatemi andare!- gridò Felìce dimenandosi inutilmente -toglietemi le mani di dosso!-.
I soldati sembravano essere sordi, continuarono imperterriti il loro cammino verso i piani bassi del castello senza allentare un minimo la presa sulle braccia di Felìce.
-Vi consiglio di risparmiare le forze- la informò il principe raggiungendo la prima linea dei suoi soldati con passo veloce e silenzioso -ne avrete bisogno questa notte-.
Felìce girò con difficoltà la testa verso di lui mentre gli uomini continuavano a trascinarla con tale impeto da non farle toccare terra con i piedi.
-Avete anche il coraggio di guardarmi negli occhi?- ringhiò.
Theon sorrise stupendosi della forza di quella ragazzina tanto esile e fragile che in quel momento aveva negli occhi una fiamma che sarebbe riuscita ad ardere l'intera città.
-Laggiù- ordinò però il giovane indicando una spessa porta di legno scuro che avevano raggiunto dopo aver sceso una lunga scalinata. La porta era uguale a tutte le altre che si trovavano lungo quel corridoio e Felìce dedusse di essere giunta nelle segrete anche dal tanfo diaria chiusa e umida che le si diffuse nelle narici.
I soldati marciarono a passo deciso verso la porta indicata dal principe la aprirono rivelando una stanza quadrangolare completamente vuota illuminata fiocamente da una finestrella troppo in alto per essere raggiunta da qualsiasi persona. Le pietre che rivestivano il pavimento e le pareti erano scure e sporche e anche il giaciglio di paglia che doveva fungere da letto non era dei più puliti. Felìce ci venne scaricata sopra, ma non appena toccò terra si rigettò in avanti con uno scatto fulmino gattonando come un cane per raggiungere la porta che si stava per chiudere. Una delle guardie però si frappose tra lei e la libertà colpendola in viso con il ginocchio.La ragazza cadde all'indietro portandosi le mani sullo zigomo dolorante. Un rivolo di sangue le scese dal naso arrossato.
-Vedrete che la notte passerà in fretta- disse il principe mentre la porta si chiudeva con un tonfo sordo.
La osservò attentamente dalla grata sulla parte alta della porta. Era minuta, sembrava un bambina invece che una giovane di quasi quindici anni. Aveva braccia e gambe ossute, polsi finissimi e i lineamenti infantili; soltanto gli occhi tradivano un'immensa forza d'animo e una sofferenza pari a quella di una donna adulta.
Chissà se quella ragazza era mai stata veramente una bambina o se l'infanzia le era stata portata via brutalmente come succedeva a tanti altri.
Felìce sputò contro la porta un grumo di saliva e sangue.
-Non pensate mai a quante vite, dall'alto del vostro castello, rovinate senza neanche curarvene?-.
-Mi sembrate tutti molto abili a giudicare senza conoscere oggi. Cos'è?Ispiro una particolare antipatia? O è per il fatto che sono l'unico che si degna di fare il lavoro sporco e che quindi si può prendere tutti gli insulti senza fiatare?-.
Felìce lo esaminò con lo sguardo come usava fare spesso con le persone che non riusciva a decifrare. Tentò di immaginarselo in modo diverso,cercò di grattare via la corteccia di cui si era ricoperto, ma come avrebbe potuto mai capire qualcuno che non voleva essere capito?
-Perché fate tutto questo allora, Vostra Signoria?-.
Lui ridusse gli occhi scuri e tristi a due fessure.
-I non sono il signore di nessuno- tagliò corto -e non cercate di fare questo gioco con me-.
-Siete voi che state giocando- ribattè Felìce -e non è un gioco divertente, non quando ci vanno di mezzo delle vite. Perchè non vi tirate indietro? Non sareste solo-.
-Mi chiedo perché io sia ancora qui...- borbottò lui facendo per andarsene.
-Perché sapete che ho ragione- lo fermò lei -scegliere la strada giusta quando si conosce anche quella sbagliata è sempre più difficile-.
Theon abbassò la testa mentre i ricci scuri gli ricadevano sulla fronte.Quella sconosciuta era riuscita a leggerlo dentro meglio di quanto avessero mai fatto suo padre o suo fratello. La verità è un'arma tagliente.
-Vorrei solo che sapeste che ognuno lotta come può, a modo suo- rispose -c'è chi compie grandi imprese e chi invece agisce senza farsi notare ma ciò non comporta che entrambi non possano arrivare alla gloria. Ciò che è giusto trionferà alla fine, non abbiate paura-.
Felìce sorrise pensando a quanto fosse stupida una dichiarazione del genere.Il solo fatto che sul trono ci fosse suo padre era un chiaro esempio che la giustizia era andata a farsi benedire da tempo. Aprì la bocca per ribattere, ma una voce la precedette.
-Vostra Signoria- lo chiamò un soldato comparendo alle sue spalle e Felìce vide il guizzo della mascella del principe al suono di quelle parole.
Io non sono il signore di nessuno.
-Vostro fratello vi ha mandato a chiamare, dice che dovete andare in perlustrazione fuori città-.
-Ci sono problemi?- chiese lui tornando ad indossare la maschera del coraggioso cavaliere.
-Non ancora, ma è meglio stare all'erta-.
Il principe congedò il soldato con un cenno della testa e prima di andarsene guardò ancora una volta Felìce con uno sguardo da "te l'avevo detto".
Effettivamente c'era ancora Arthur fuori da quella città.
Andate avrebbe voluto dirgli, ma era già scomparso.

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