1. Temporale estivo

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Ouch.

Era finita col sedere per terra. Di nuovo.

La situazione stava diventando ripetitiva e stancante: attaccata, veniva intercettata e poi finiva a terra.

«Sei veloce, ma non sempre i più veloci sono i migliori. L'importante è essere quello che resta in piedi.»

La ragazza sbuffò, ritirando i sei artigli retrattili -tre per ogni nocca- ricoperti dall'adamantio, mentre il padre le tendeva la mano, per aiutarla ad alzarsi.

«Non voglio sentire questo genere di frasi, papà, non ne ho bisogno: sono la migliore in quello che faccio.» Disse la ragazza, afferrando la mano del padre e rialzandosi, a quelle parole l'uomo accennò un piccolo sorriso: Sybil gli ricordava così tanto se stesso. «Il problema, quando sei il migliore in quello che fai, è che in giro c'è sempre qualcuno che si crede meglio di te, ma in questo caso qualcuno migliore di te esiste realmente, ragazzina.» Sorrise. Dio, era una cosa che non faceva spesso prima, quando era sempre arrabbiato e scontroso, ma ormai era da sedici anni -ovvero da quando una delle sue avventure di una notte gli aveva lasciato tra le braccia una piccola Sybil di appena qualche mese- che sentiva come se tutto il dolore che lo aveva perseguitato da una vita lo avesse finalmente lasciato stare.

«E chi sarebbe quel qualcuno migliore, papà? Tu? Sappiamo entrambi che riuscirò a superarti, prima o poi.»
«Io, gli altri X-Men, numerosi cattivi... siamo in tanti a poterti spedire con il culo per terra, cocca.»
«Ancora per poco, papà, perché diventerò fortissima e sarò la tua degna erede.»

L'uomo scosse la testa, per poi scompigliare i capelli della ragazza «Sei già la mia degna erede, ragazzina» disse, per poi stringerla a sé, mentre la ragazza sorrideva raggiante.

Un trillo -segno che qualcuno aveva scritto un messaggio a Sybil- risuonò per tutta la stanza, facendo quindi staccare padre e figlia, così che lei potesse correre in direzione del telefono, che aveva postato dall'altro lato della stanza.

La giovane mutante lesse il nome di colui che le aveva inviato il messaggio -nonché detentore del suo cuore- e sorrise: era Felix Smith, un non mutante che non aveva la più pallida idea che la ragazza avesse poteri sovrannaturali. E che non era neanche a conoscenza dei sentimenti che la piccola Howlett covava verso di lui.

«È quel ragazzo, vero?» Domandò Logan, leggermente irritato: era geloso, infondo Sybil era la sua bambina e nessuno poteva toccarla, soprattutto non un idiota come Felix, che non si accorgeva dei sentimenti della ragazza e continuava a trattarla da amica, facendola soffrire.

La ragazza annuì, girandosi verso il padre e vendendo che aveva stretto i pugni, fino a far diventare le nocche bianche e la sua espressione era a metà tra il disgustato e il contrariato. «Andiamo papà, sai che ci tengo a lui»
«Ma lui non tiene a te. O almeno non in quel senso. Non so neanche se tenga a te come amica, da come si comporta. Ti avrà chiamata perché ha bisogno di qualcosa e-»
«Papà. Basta. Qualsiasi cosa sia, io andrò.» Disse la ragazza, irritata, per correre velocemente verso l'uscita, sentendo gli occhi pizzicare.

Perché suo papà doveva essere così stronzo? Pensava che le volesse bene, e invece sembrava che non la volesse vedere felice.

La ragazza iniziò a correre, ancora più velocemente e soprattutto sempre più arrabbiata, mentre le lacrime le offuscavano la vista

«Ma lui non tiene a te.»

Poteva una semplice frase fare così male?

«Ti avrà chiamata perché ha bisogno di qualcosa.»

No. Felix non era così. Felix le voleva bene.

O almeno lo sperava.

Era ancora a metà strada per arrivare a casa di Felix quando iniziò a piovere fortissimo, cosa che, invece di farle acquisire ancora più velocità, la fece immediatamente arrestare.

Prima c'era il sole.

Prima si moriva di caldo.

Ora la sua maglietta a maniche corte rossa si era attaccata al suo corpo e i capelli castani leggermente mossi, lunghi fin sotto al seno, erano fradici.

Un temporale estivo? E allora perché sentiva che c'era qualcosa di tremendamente sbagliato? Istintivamente fece scattare i suoi artigli adamantini, pronta a colpire... non aveva idea di cosa, o chi. Non sapeva neanche se ci fosse qualcosa da colpire. Sentiva l'odore del pericolo -che sapeva di elettricità- e lo adorava.

Improvvisamente si sentì tirare verso avanti, come se qualcosa la stesse risucchiando, e conficcò i suoi artigli per terra, mentre alzava lo sguardo verso quella cosa. Era uno squarcio che la stava attirando a sè.

Era da lì che proveniva l'odore di pericolo.

Era una supereroina -aspirante supereroina in realtà- e il suo compito era quello di andare verso il pericolo. Precipitarsi verso di esso.

Così fece la prima cosa che le venne in mente: ritirò gli artigli, venendo risucchiata dallo squarcio.

Infondo, Felix poteva aspettare.

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