A mia madre, che è quasi morta
dandomi alla luce
È primavera, la placenta si lacera.
Una Madre anonima, dagli occhi flaccidi,
È sconvolta da un brivido
Cade sul letto: "Lei nasce..."Le vene si gonfiano e le unghie
Affondano nelle lenzuola,
I denti lacerano le labbra
E subito un urlo si macchia di sangue.Mani sudaticce e occhi vermigli
La toccano, misurano, rabbrividiscono.
Una voce gelida le morde le orecchie:
"C'è un problema..."Poi, la Madre è solo carne pulsante
E il ventre un'esplosione di arterie.
Ed ecco il rosso silenzio, un'opaca
Malinconia: Lei non vuole nascere.Dagli infissi appannati della finestra
La luce rosata dei ciliegi riempie la stanza
Di brividi e di languori.
La Madre artiglia un braccio,
La sua presa è isterica,
Il cuore intreccia preghiere mute:
"Fatela nascere, o ne morrò."Con l'anima in tumulto e l'utero strappato,
Scavando nel cuscino con le sue urla infuocate
La Madre s'inarca, si contorce
E sbava – selvaggia maternità.Dal ventre ancora nessun vagito
Solo sangue e vischioso liquido amniotico,
Lei ha un braccio sollevato
E al suo passaggio le budella si lacerano.La Madre è estenuata, ha più lacrime che sangue
Un ultimo sforzo le piega le vertebre.
Con una mano si afferra al comodino
Mentre la vista le sanguina.Mezzogiorno. Lei nasce
Vestita di rosso. Stringe tra le mani
Un pezzo di carne
– Ciò che è rimasto della placenta.Le braccia dolci della Madre
Si tendono a Lei, assetate di vita,
Per portarla verso il suo ventre in rovina,
Verso il suo petto impalpabile e grigio,
Da cui già non proviene più
Alcun suono.***
Quando poi, ingoiato il ricordo
Del suo assassinio, Lei verrà
Davanti alla tomba della Madre,
Piena dell'odio deformato dall'orrore
Di esser nata da un cadavere, dirà:"Madre, io ti ho uccisa.
Ti ho strappato la carne e le vene
E non volendo nascere
Ti ho fatta morire.
Nessuno mai
Metterà una vita
Nel mio ventre."Suggella la promessa
Il vento di primavera.
