IX. Non piangere

179 26 16
                                        

A mia nonna



Soffochi
Deliri rabbiosi nel voltastomaco,
E bruci
L'esistenza in antichi ricordi sbiaditi.

Il tempo ti ha ucciso con coltellate
Il cuore che una sera ballava nelle grotte
Ad aspettare che lo scoppio delle bombe
Ti lasciasse gemente con gli occhi nelle mani.

Non piangere! È finita la guerra.
Negli occhi chiari tremano i fantasmi,
Ti son cresciuti crisantemi bianchi nel cortile:
Dove chiocciavano placide le galline
Hai seppellito i morti sotto un cielo addormentato.

Asciugati gli occhi, metti l'anima nelle tasche.
L'antica luce ardente che ti macchia lo sguardo
Non morirà, forse, nelle tetre notti di gennaio,
Dentro il camino acceso, smorzata in pallide scintille?

Tremiti soffocati nella lana,
Sputi preghiere con la lingua gonfia
Ma sai che invecchierai, che impazzirai:
Scorderai quei nomi che marciscono al camposanto.

Dimentichi sempre di vomitare bile
Quando ti fanno ingoiare parole velenose.
Sei troppo buona con chi fruga nel tuo ventre,
Finiranno con lo strapparti via le viscere.
Mi ascolterai mai, o continuerai a far finta di non capirmi?

Ti hanno già asportato l'utero,
Che cosa può importare, agli altri,
Delle tue ossa frantumate, delle vene varicose, della tua nausea?
Ti abbandoneranno, furiosa e inacidita.

Quando sarai morta, gelida sotto il vestito ricamato,
Veranno a torcerti le budella:
Vorranno i tuoi soldi, le tue terre
[Quelle in cui ringhiavano i lupi nelle notti d'inverno.]

Le tue mani martoriate dall'artrite
Hanno cucito per anni i profumi della montagna;
Te ne sei andata, ma hai ancora le labbra viola
Delle more che succhiavi fino a perdere il respiro.

Ti mancano i tempi in cui il sorriso
S'infilava tra i sampietrini
Ed era quasi festa.

Adesso il corpo è un eterno travaglio
E tu, testarda, ti ostini ancora a sopportare l'esistenza,
Ma alla tua età ti nutri ancora di libri
E ti avveleni il sangue con amori imputriditi.

Ma adesso non piangere sul tuo utero estinto!
Quelle cicatrici non freneranno la tua discesa:
Non pensarla come una morte dell'individuo,
Pensala come un ritorno ai tuoi defunti.

Per me è difficile vederti tanto instabile,
Benchè la vecchiaia ti abbia fatta più forte
Gli occhi supplicano all'immenso un aiuto:
Hai detto tanto, ascoltato troppo,
Adesso vuoi solo silenzio.

Ti rivedo giovane:
Nella piazza risuonano i tuoi passi frenetici;
I vecchi racimolano giorni sul tavolino del bar;
E l'ombra di una chiesa, sui sampietrini,
Tradisce la tua gonna mentre corri via,
Lontano dalla brezza di montagna
Che ti frusta la schiena.

Tra esseri umani
Ci si riscopre sempre soli
Ma tu, con il tempo,
Ti sei riscoperta fragile.






L'ho scritta piangendo. L'ho scritta con gli spasmi, per me stessa, per lei, e per voi.

MìsosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora