a P. (19)

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non so esattamente perché continui a pensare a te in questo modo.
a pensare che mi manchi, che vorrei bussare al portone di casa tua e urlarti di scendere quando ci passo vicino, che ancora vivo delle tue occhiate di sfuggita, dei tuoi sorrisi un po' sbilenchi e della forza che ci metti a convivere con il tuo dolore.
e continuo a pensare ai tuoi baci e alle tue carezze, alle nostre mani intrecciate, gli abbracci infiniti, la tua testa sul mio petto e i tuoi capelli e la tua barba ispida, il tuo profumo che non sento da troppo e la tua pelle che non mi sfiora più.
e continuo a pensare alle tue labbra sul mio collo e sul mio volto e nel vuoto mentre pronunciavano parole che mi sono state dette troppe volte, ma a cui ho creduto solo quando me le hai dette tu.
continuo a pensare a ogni tuo movimento e alla tua andatura, che era un po' come se ti lasciassi trasportare dalle tue gambe sottili anche se il resto del tuo corpo avrebbe volentieri fatto a meno di spostarsi.
mi ricordo tutto di quel poco che conosco di te e ne ho le palle piene di non riuscire a toccare qualcuno, anche solo per sbaglio, o incrociare uno sguardo che non sia il tuo senza essere in imbarazzo. ma forse, se continuo a pensare che ti amo, è perché mi va bene così. magari non sono ancora pronta ad andare avanti e tenere la mente occupata mi fa bene... e il dolore aiuta ancora.

se solo sapessi che ancora ti penso.

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