Capitolo nove

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Il giorno dopo venni svegliata da un continuo suonare del mio cellulare. Era così fastidioso : ero sicura che non fosse Lauren per avvertirmi che fossi in ritardo per il lavoro, proprio perché il lavoro lo avevo abbandonato; ero troppo stanca, con la mente altrove, per occuparmi degli impegni dell'azienda JaureguiEngines. Mi sentivo in colpa : Lauren aveva proprio bisogno di una segretaria competente, ma mi aveva detto che l'avrebbe trovata presto.

Dopo qualche secondo, con gli occhi a mezz'asta e la testa in aria, presi il cellulare, e il sonno che prima sembrava dominare ogni parte di me, andò via.

Dinah? Ally? Non le sentivo da quando? Non ricordavo nemmeno. Una settimana forse, all'incirca?

Perché mi avevano chiamata? Non erano arrabbiate con me? Così credevo, in fondo non mi avevano cercata. Non che criticassi ciò, ero consapevole del fatto che fosse tutta colpa mia, ma era palese che fossero arrabbiate, quindi perché mi quel giorno mi avevano chiamata insistentemente?

Quando scorsi tra le chiamate perse, un'altra chiamata mi arrivò, da parte di Dinah. Dopo qualche secondo esitante accettai la telefonata, sentendo subito singhiozzi di sottofondo, da Dinah e qualcun altro che ipotizzai fosse Ally.

"Camila..." era la voce di Dinah. Sembrava... così distrutta. Cosa poteva essere successo? Perché aveva chiamato proprio me?

"Dinah, che succede?" mi preoccupai per la mia migliore amica, -sempre se per lei ancora lo ero-.

Dinah non riuscì a dire niente, e scivolò in un piango disperato, che mi fece preoccupare ancor di più. Perché avevo il presentimento che fossi coinvolta io nel motivo per cui le due mie mogliori amiche stavano piangendo?

"Camila, sei davvero una stupida!" urlò Ally, strattonando sicuramente il cellulare da Dinah, visto che non sentì più il suo pianto disperato così vicino come prima. "Io... davvero... sono così delusa da te! Con chi ho parlato per tutto questo tempo?! Con chi?! Con la maschera di Camila Cabello? Non ho nemmeno il coraggio di chiamarti tale. Mi viene ovvio chiamarti Karla"

Se il cuore potesse smettere di battere, potrei giurare che in quel momento non sentì più il mio battito cardiaco. Le mie mani, non le sentivo più, le loro voci nemmeno, e i loro pianti... i miei più grandi dolori.

Le loro voci erano ovattate, distanti, confuse, cattive, forti. Erano... così strazianti.
Stavo perdendo lentamente tutto quello che avevo, quello che volevo. Il mondo mi stava crollando addosso, e io non potevo permettere ciò.

Quattro anni! Quattro fottuti anni buttati al cesso! Quattro anni studiati, aspettati sempre con ansia! Non potevo crederci...

Non avevo nulla, niente di niente. Mi restava solo quel gioco sporco, tra le mani. Non avevo dita da far combaciare con le mie. Non avevo sogni comuni ad altri. Io avevo uno sporco gioco tra le mani, uno sporco gioco che mi divorava giorno per gioco, e un sogno che lo spronava.

Tra i rumori della mia mente e le voci confuse, sentì un perché, detto da una delle mie... migliori amiche, o forse, amiche perse, da quel momento.

Tra i rumori della mia mente e le voci confuse, risposi al loro perché. Le voci si calmarono, ma i rumori della mia mente no. Vedevo distorto. Sentivo i singhiozzi lenti di due persone terrorizzate.

"Perché?" sentì di nuovo, dopo qualche minuto.

"Perché io non sono nata per me, sono nata per la vendetta"

Cadde di nuovo il silenzio nell'altro lato del cellulare, finché qualcuno non attaccò.

Il cellulare cadde a terra. Quasi anch'io. Mi tenni salda alle coperte del letto, seduta, perché la mia vista era appannata per il terrore di quella sporca vendetta, rivelata a due persone di cui non potevo più fidarmi.

Fu questione di pochi minuti.

Tra le lacrime agli occhi riempì tre valigie che trovai nell'armadio, con vestiti di ogni tipo e qualsiasi cosa potesse servirmi per quel lungo viaggio.

Presi un taxi, tenendomi incappucciata. Alejandro mi avrebbe cercata, e io dovevo far in modo che nessuno potesse vedermi, soprattutto nei dintorni di Miami. Così presi il taxi più lontano di Miami che potessi prendere a piedi, con la testa bassa e il cappuccio per non dare nell'occhio durante tutto il tragitto. Sarei andata altrove. Amsterdam. Come feci senza lasciare traccia della mia scomparsa per un successivo ritrovo?Quando hai soldi tutto è possibile. Infatti non lasciai nemmeno una traccia. Nessuno mi avrebbe trovata.

Il computer? Lo avevo distrutto prima di andare via a forza di calci. Il cellulare lo avevo lasciato a casa, irraggiungibile. Non avevano davvero modo di trovarmi.

Avrei continuato il mio piano altrove, senza nessuno, senza Alejandro, Dinah, Allyson, Shawn e... Lauren.

Lauren... chissà cosa pensava quella ragazza di me, me lo chiedevo. Era stata l'unica persona a poter distruggere le mie mura di difesa, ma nemmeno lei, come gli altri, poteva conoscere il mio passato.

Avrei continuato il mio piano altrove. Quei soldi, quei sporchi soldi, li avrei utilizzati d'investimento. Per cosa? Nuova identità, nuovo computer, nuova sicurezza, nuovo profilo in GameOnSex.

Camila? Camila era morta? Karla? Con lei.  L'hacker? Poteva continuare con il suo divertimento. Karla, o Camila, era morta.

GameOnSex ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora