Capitolo tredici

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"Perché? Camila... perché?" la sua voce era triste.

Mi sistemò i capelli dietro l'orecchio, e io sospirai profondamente. Odiavo quei gesti delicati. Io volevo violenza. Soltanto tanta violenza.

"Perché Lauren te l'ho detto. Gli schiaffi sono sinceri. Qualsiasi forma di dolore fisico è sincero, forte, brusco. Trasmette odio, la parte più profonda di noi stessi. Le carezze... sono fottutamente bastarde, e sai perché? Quando ricevi degli schiaffi, la tua pelle sembra quasi prendere forma di essi col tempo. Ti abitui, un po' come i calli che ti si formano dopo aver suonato per un po' uno strumento a corde. Ma quando ricevi una carezza... e poi ricevi uno schiaffo, Dio se fa male. Il tuo viso si era così tanto abituato ad essere così delicato e indifeso, che essere preso alla sprovvista da uno schiaffo, fa più male di venti, trenta, quaranta fruste, cinquanta schiaffi e calci. Lauren, capisci? Se vuoi condividere le tue insicurezze con me, fallo forte"

"E se abituassi la tua pelle a rilassarsi?" domandò, accarezzandomi il viso in una maniera che mi fece venire i brividi e la voglia di scappare.

"Non farlo" mi scappò una lacrima. Lei fece per asciugarla ma io inclinai il viso per non permetterglielo. "Nessuno deve asciugarmi le lacrime"

Mi spostai dalla sua presa. Avevo capito che trattare con lei era impossibile. Lei era delicata. Io no. Io avevo bisogno di altro.

"Se invece, ti lasciassi solo andare? Se condividessi le tue insicurezze?"

Mi voltai verso lei. I suoi occhi verdi erano tristi, quasi comprensivi. Non aveva scoperto del mio passatempo online? Impossibile. Tutti ne parlavano, soprattutto con disgusto. Lei invece era lì, pronta a consolarmi nonostante avessi rubato l'identità al suo defunto padre. Dovevo essere proprio sfortunata. Tra mille altre identità, proprio una collegata a Lauren dovevo prendere. Sembrava che il destino scherzasse su di noi.

"La polizia è andata, se ciò ti preoccupa. Ormai sanno che la tua identità è falsa, ma non veranno qui per un bel po'. Vuoi parlarmi un po'? Puoi raccontarmi di te?"

"Vuoi sapere la mia storia?" il mio tono era amareggiato e incredulo. Lei annuì, io mi sedetti vicino al tavolo bevendo un po' d'acqua per riprendermi dal terrore di prima. "Vuoi davvero sapere la mia stupida storia?"

"Voglio sapere la tua storia, io ti ascolto"

Lauren Jauregui pov's

Una parte di me mi diceva che tutto ciò che stavo facendo fosse sbagliato, che quella idea, avvenuta sul momento, fosse davvero una grande cazzata, ma dovevo farlo. Dovevo fare quell'enorme cazzata.

Mentre lei fissava il vuoto, cercando le parole giuste per iniziare il discorso, io usai il mio iPhone da sotto il tavolo ed entrai nell'applicazione che mi serviva, iniziando, ciò che ben presto avrebbe causato una catastrofe.

Camila Cabello pov's

"Ho sempre odiato mio padre" iniziai, guardandola negli occhi. "È sempre stato un tipo avido di denaro, ubriaco tutte le notti e davvero... disgustoso. Era violento, truffatore e senza animo. Fin da piccola lui alzava le mani, ma mia madre era sempre pronta a piombarsi davanti al mio corpo e ricevere i colpi al posto mio. Mia madre era una donna con la D maiuscola, sempre coraggiosa ma con l'animo fragile" mi fermai un attimo, giocando con il liquido sul fondo del bicchiere, sbattendo quest'ultimo. "Purtroppo..." strinsi le labbra, titubante. Lei con la mano destra mi accarezzò la spalla per invogliarmi a parlare. "Purtroppo all'età dei miei diciassette anni, mio padre... affogò mia madre. Io ero fuori, ma sono sicura che sia stato lui ad... ucciderla. Lui l'ha affogata. I detective li aveva sicuramente comprati. I segni sul collo di mia madre erano evidenti dita. Mio padre aveva gli occhi di uno stronzo" strinsi il bicchiere forte tra le mie dita. "Durante l'investigazione lui sorrideva piano di nascosto e mi guardava. Lui sapeva che io sapevo. Lui era ricco, e si era salvato il culo. Io... io non avevo soldi per contraddirlo, comprando magari dei detective competenti, che stessero dalla parte dei buoni. Lui non voleva che mi trovassi un lavoro, amava lasciarmi chiusa in casa. Le mie amiche, Ally e Dinah, dovevano venire di nascosto per incontrarmi, e io raramente avevo la facoltà di uscire. Per questo... aprì un profilo su GameOnSex, due mesi dopo la morte di mia madre. Conobbi Shawn, tramite un social network. Comunque, con GameOnSex guadagnare soldi per riaprire il caso, e anche se in poco tempo, avevo già accumulato abbastanza soldi, dovevo guadagnare di più, perché sapevo che Alejandro aveva e ha più soldi di me, abbastanza da difendersi e magari buttarmi in carcere. Lui riesce ad avere quello che vuole" mi fermai un attimo. "Poi un'hacker... beh, ha finito per pubblicare dei miei video sul sito, finché non ha definitivamente esibito il mio nome. A quel punto sono scappata. Voglio ancora distruggere Alejandro"

Ci furono minuti interminabili di silenzio.

"Adesso che farai?" domandò. "Se vuoi, io ho una casa abbandonata a Brooklin. Ti posso dare le coordinate. Ci andavo con la mia vecchia famiglia, all'epoca di... Chacker. Non ci entro più. Se vuoi, puoi prenderla. Le chiavi sono sotto il tappeto all'entrata"

"Davvero?" chiesi.

"Sì. Posso anche venirti a trovare" nei suoi occhi vedevo sincerità e forza di volontà.

"Hai detto che non ci vai da... da beh, quando Chacker..." non volevo ferirla, quindi decisi di rimanere sul vago.

"Credo che questa sia una buona opportunità per andare avanti, ed entrare nella casa dei ricordi"

Io sorrisi poco, poi titubante tamburellai le dita contro il tavolo.

"La tua storia? Me la racconterai mai?"

Lei sembrò sorpresa per un attimo. Poi sorrise lievemente e scosse la testa.

"Non posso. Non riuscirei"

Nascondeva qualcosa.

"In realtà sono particolare della mia vita preferirei non raccontarlo, ma non farlo significherebbe non dare senso alla mia vita di adesso"

"Puoi tralasciarlo e andare avanti" dissi io.

"Non si può. È davvero tanto importante"

Io rimasi a fissarla. Lei sembrava triste. Sensi di colpa? Amarezza? Brutti ricordi? Era così misteriosa. Lei ormai conosceva la mia storia, ma io? Potevo fidarmi?

"Quando me la racconterai?"

"Quando arriverò al mio obiettivo"

Entrambe restammo in silenzio, finchè dopo un po' si alzò e mi chiese il numero di cellulare, dicendomi che mi avrebbe inviato le coordinate della sua casetta a Brooklin. Era piccola, abbandonata in un bosco, quindi i poliziotti non mi avrebbero trovata. Poi andò via, e prima di salutarmi, sentì un addio che pronunciarono i suoi occhi, quasi lucidi. Poi le sue labbra pronunciarono il contrario. Un arrivederci.

Voleva fare qualcosa, stava per combinare qualcosa, ma non riuscì a fermarla dal momento in cui la lasciai andare via.

GameOnSex ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora