VIII CAPITOLO

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Io e Alice torniamo a casa mia.
Entriamo, lei è molto gentile, ha paura di disturbare.
Le dico dove può appoggiare le sue cose e poi ci distendiamo insieme sul mio letto.
Ha la testa appoggiata al mio petto, le accarezzo i capelli mentre lei ha gli occhi chiusi, anche se non dorme.
Ho un senso di inadeguatezza addosso incredibile. Dopo ciò che è successo oggi con Valmir mi sto facendo troppe domande.
Questo periodo è pieno di montagne russe, è un su e giù continuo. Prima mi sono messo con Alice, poi ho scoperto che mia madre non è più viva ed ora? Che sta succedendo ora? Valmir... Io lo conosco talmente poco, eppure la sua sfacciataggine mi attrae in qualche modo.
<<Io vado a farmi una doccia, tu fai come fossi a casa tua>> dico ad Alice alzandomi e dandole un bacio sulla fronte.
Lei annuisce restando stesa sul letto, raggomitolata ad occhi chiusi.
Vado verso il bagno apro l'acqua della doccia e mentre aspetto che si riscaldi mi svesto. Osservo allo specchio tutto il mio metro e ottantacinque. Mi tocco i capelli, la pelle, il viso. Provo a sorridere, ma una lacrima scende dalla mia guancia.
Entro in doccia e mi sciacquo il viso. Penso. Penso a come mai nulla vada bene, penso a quanto io debba ancora aspettare prima che una singola cosa vada per il verso giusto. Io ho bisogno di sapere, di sapere tante cose.
Cosa devo fare con Alice? Come mi devo comportare con Valmir? E soprattutto: Cos'è successo a mia madre?
Io non so se lo voglio sapere. Mio padre tornerà a casa questa notte, avrei tutto il tempo per cercare quella cassetta. Ma c'è Alice. Lei non sa nulla di tutta questa storia...
Esco dalla doccia, mi metto l'accappatoio mi dirigo verso camera di mio padre. Cerco tra i cassetti, sotto il letto, nell'armadio e proprio in quest'ultimo trovo una piccolo scrigno. È in legno, dipinto di verde smeraldo. Sembrerebbe essere una scatola normale, ma quando provo ad aprirlo mi rendo conto che il coperchio è incollato. Impossibile, perché tenere uno scrigno che non si può aprire in camera?
Continuo a fissare la scatola finché non sento la voce di Alice chiamarmi dall'altra stanza <<Tommaso? È da mezz'ora che sei là dentro, hai finito?>> domanda dall'altra stanza <<Sì, ora esco>> rispondo.
Vado verso camera mia e prima che la mia ragazza mi veda infilo la scatola di legno dentro un cassetto.
Mi metto il pigiama mentre lei mi guarda la schiena. Sento il suo sguardo puntato sulla mio collo, come stesse cercando di scoprire qualcosa su di me che ancora non sa.
La sera mangiamo poi ci stendiamo sul letto.
Lei parla di tutto quello che è successo oggi, ma io sono assente. <<Senti sono poco presente, possiamo cambiare discorso?>> domando cercando di non essere cortese <<Che è successo?>> chiede Alice <<Guarda, non lo so neanch'io, questi giorni è una montagna russa continua>> dico ricordandomi di ciò che avevo pensato in doccia prima. I pensieri mi riempiono ancora la testa nonostante io cerchi di scacciarli. <<Magari questo ti farà sentire meglio>> sussurra Alice guardandomi negli occhi per poi scendere con lo sguardo e slacciarmi i pantaloni.
<<Sei sicura? Sei sicura di...>> provo a dire, ma la ragazza non mi fa sentire di parlare e mi bacia <<Zitto scemo>> sussurra tra una cosa e l'altra. Mi abbassa le braghe e i boxer.
Si stacca dal mio viso ed appoggia una mano sul mio pene. Inizia ad andare su e giù, piano e poi sempre più veloce. Dopo poco raggiungo il limite.
Si distende a pancia in su mentre si sfila i leggings e gli slip. <<Io non ho...>> dico <<Prendo la pillola>> afferma lei. Apre le gambe mentre mi avvicino a lei continuando a baciarla. La prendo per la vita mentre infilo il mio membro dentro di lei. Alice geme <<Oh cristo>> urla mentre inizio ad andare più veloce e dopo circa trenta minuti anche lei raggiunge il limite.
Ci distendiamo, entrambi stremati, l'uno accanto all'altra sul materasso. Domani ci faremo una doccia, stasera siamo entrambi troppo stanchi.
E dopo ciò che è appena successo posso affermare che non è lei che voglio, io voglio lui.

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